Il call center di Caritas Spes-Ucraina squilla in continuazione. Nei primi giorni del conflitto ricevevano 120/130 chiamate al giorno di persone che chiedevano aiuti umanitari. Ora ne arrivano almeno 1.500, da tutta l’Ucraina. A Dnipro e in altre città ci sono file lunghissime di persone che aspettano anche tre o quattro ore per ricevere cibo, farmaci e prodotti per l’igiene, ciò di cui c’è più bisogno in questo periodo, insieme al carburante, la cui mancanza rischia di creare ulteriori difficoltà nella distribuzione degli aiuti. Con la triste prospettiva che la guerra non finirà molto presto ma con la consolazione di avere ancora tanto supporto da tutta le rete Caritas internazionale. Si comincia già a pensare ad una programmazione di lungo periodo. “Con la guerra sono tutti più poveri di prima”, racconta padre Vyacheslav Grynevych, segretario generale di Caritas-Spes (la Caritas della piccola Chiesa cattolica di rito latino), presente al 42° Convegno delle Caritas nazionali che si conclude oggi a Rho (Milano). La serata di ieri è stata infatti dedicata all’Ucraina, con i responsabili di Caritas Spes e Caritas Ucraina, e un momento simbolico con una violinista ucraina e un violinista russo che ha voluto unire attraverso la musica i due popoli in guerra.
Servono cibo, farmaci e prodotti per l’igiene. “In alcune parti dell’Ucraina tanta gente sta aspettando aiuti umanitari. Al momento c’è più bisogno di cibo, pasta, farmaci e prodotti per l’igiene – spiega al Sir padre Grynevych – . All’inizio c’erano tante organizzazioni all’opera, ma non tutti possono contare su una rete di contatti internazionali come la nostra, per cui molti volontari ora prestano servizio da noi” . Le Caritas hanno hub logistici per smistare gli aiuti in diverse zone dell’Ucraina e un ufficio in Polonia per aiutare i profughi.
In Ucraina Caritas Spes supporta più di 500.000 persone, con oltre 1.000 sfollati nei centri, più gli aiuti umanitari alle persone accolte da familiari e amici.
“A Dnipro ci occupiamo di oltre 5.000 persone che hanno bisogno di aiuti, ci sono file lunghissime. Anche in altre città ci sono almeno 1.500/1800 persone che aspettano in strada per tre o quattro ore.
Durante questo tempo di attesa proviamo a fornire aiuto psicologico e diamo la possibilità di visitare le chiese”. Prima di Pasqua ricevevano ogni giorno una quindicina di camion di aiuti, ora cinque o sei al giorno ma “è un buon numero”, precisa.
Molti ucraini ritornano, anche dalla Russia. C’è poi il fenomeno di molti profughi fuggiti nei Paesi limitrofi che stanno tornando in Ucraina: “Ma non sarà facile per loro perché non c’è lavoro”. Tornano anche molti ucraini dei territori occupati evacuati in Russia tramite i corridoi umanitari, le stime vanno da 1.200.000 a 1.900.000 persone: “sono riusciti a rientrare passando dalla Georgia”, informa padre Grynevych.
Il famoso grano ucraino quest’anno è stato seminato e raccolto ma non ovunque, “il governo dice che questo può garantire la sussistenza – riferisce – ma non sappiamo cosa succederà domani. Fino a pochi giorni fa Kiev era un luogo sicuro. Le bombe sono arrivate anche vicino casa mia, sappiamo di persone che sono morte”.
Un progetto pilota per ricostruire le case a Kiev. Caritas Spes ha avviato anche un nuovo progetto pilota nei pressi di Kiev per ricostruire alcune case distrutte. “Ma non è facile nemmeno trovare il vetro per le finestre – spiega -. Prima della guerra il business era con la Russia e la Bielorussia ora non è più possibile”. Oltre alla distruzione delle abitazioni e dei villaggi quello che più preoccupa sono i danni alle vite umane, per cui stanno programmando aiuti psicologici in 45 centri, anche formando i sacerdoti, per aiutare le persone che hanno subito forme di stress post traumatico. Gli stessi operatori rischiano la vita ogni giorno e devono rifugiarsi nei bunker quando suonano le sirene d’allarme. “Ora vogliamo tornare all’ufficio centrale a Kiev – dice il segretario di Caritas Spes – ma parte del mio lavoro è visitare i progetti, e quando si va nei territori non sempre c’è sicurezza. Però ci sentiamo utili alla causa, ci consideriamo come soldati della misericordia di Dio”.
A distanza di quasi quattro mesi dall’inizio della guerra “abbiamo accettato la realtà – conclude – ma non è una vita normale, perché non dormiamo bene la notte per le preoccupazioni, tutte le nostre famiglie sono toccate dalla guerra e divise. E’ difficile separare vita privata e pubblica. Però anche durante la guerra Dio mostra la sua presenza misericordiosa, perché tante volte ha aiutato le persone in situazioni difficili”.