“Onestamente non pensavo che si sarebbe arrivati a questo punto: forse sono un ingenuo, ma ero convinto che le operazioni militari sul confine ucraino fossero solo provocazioni reciproche tra governi, e invece… Il 24 febbraio, al risveglio, ci siamo scontrati con una realtà ben più dura”. A parlare è fra’ Iuri Cavallero, che a San Pietroburgo è parroco del Sacratissimo Cuore di Gesù, una delle sei parrocchie cattoliche della città.
Il peso delle sanzioni. Dopo molte settimane da quel tragico 24 febbraio, in Russia ormai si avvertono le conseguenze economiche del conflitto: il rapporto euro-rublo, che nei mesi precedenti era sempre oscillato attorno a uno su 85, in pochi giorni è schizzato alle stelle sfondando quota 100. La richiesta di veder pagate le commesse (specie quelle del gas) in moneta nazionale ne ha bloccato la svalutazione (ora il cambio è 1 a 73), ma le sanzioni economiche stanno già allargando i loro effetti dal settore finanziario a quello dell’economia reale. Alcune catene di negozi straniere hanno chiuso i battenti, lasciando molti lavoratori senza impiego o in cassa integrazione. Bersagliata dalle sanzioni, la Russia ha ridotto in maniera drastica le sue importazioni, comprese quelle dall’Italia, ed alcuni prodotti sono già difficilmente reperibili: come gli ansiolitici, a detta di alcuni praticamente scomparsi dagli scaffali delle farmacie.
Informazioni in internet. “L’opinione pubblica non è concorde nel commentare gli eventi in corso – racconta fra’ Iuri -, e in diverse città, nei primi giorni, ci sono state manifestazioni di piazza, mentre personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo hanno firmato petizioni per dichiarare la loro contrarietà a ciò che stava avvenendo. Ma dopo le prime settimane il dissenso sembra essersi ridimensionato, probabilmente anche a seguito della normativa vigente. D’altra parte, naturalmente, non mancano coloro che, invece, appoggiano appieno questa operazione militare perché convinti che si tratti veramente di una lotta per la liberazione dal nazi-fascismo”. Contrariamente a quello che si pensa, però, essere informati su ciò che avviene in Ucraina non è difficile. Forse gli anziani guardano e leggono solo media nazionali, ma i giovani, che sanno muoversi in internet e conoscono le lingue, non hanno difficoltà ad accedere a tutte le informazioni possibili ed immaginabili.
Un’isola felice. “A Mosca e a San Pietroburgo (rispettivamente a 900 e 1200 chilometri di distanza da Kiev) la situazione è tranquilla, ma alcuni sacerdoti hanno comunque deciso di tornare nei loro Paesi di origine e anche alcune congregazioni religiose hanno chiuso le loro presenze in Russia, forse per l’attuale difficoltà a ricevere sussidi dai benefattori europei. Sono scelte che nessuno ha il diritto di giudicare, ma è anche vero che il popolo di Dio può sentirsi ferito o addirittura tradito dall’abbandono di un sacerdote o di una comunità religiosa. In tale panorama, la nostra comunità parrocchiale è una ‘isola felice’: piccola e piuttosto omogenea, non è attraversata da tensioni particolari e continua abbastanza serenamente il suo cammino pastorale”.
La comunità cattolica. I cattolici, che in Russia rappresentano meno dell’1% della popolazione, a San Pietroburgo sono un popolo misto composto, oltre che naturalmente da russi, anche da fedeli di origine lituana, bielorussa, polacca, ucraina che il 25 marzo, accogliendo l’invito di Papa Francesco, si sono raccolti insieme al loro vescovo ausiliare per celebrare “l’atto di consacrazione del mondo intero, e in particolare di Russia ed Ucraina, al Cuore Immacolato di Maria” e invocare il dono della pace. I sacerdoti e i religiosi del decanato cui appartiene la chiesa del Sacratissimo Cuore di Gesù – le sei parrocchie di San Pietroburgo più altre comunità di località vicine – hanno manifestato il desiderio di continuare a servire questo popolo, e questa Chiesa, nel miglior modo possibile, “come testimoni del Vangelo, chiamati ad essere operatori di pace, consolazione, riconciliazione e concordia in un contesto sociale ed ecclesiale in cui stanno emergendo particolari fatiche e tensioni”.
Speranze e preghiere. Un viaggio di Papa Francesco in Russia potrebbe forse essere utile ma si dubita della sua reale fattibilità. Probabilmente non è immaginabile quel viaggio pastorale cui si stava lavorando prima dello scoppio delle ostilità, e cioè l’incontro con il nunzio apostolico, i vescovi e la comunità cattolica che vive in Russia. Forse sarà possibile l’incontro diplomatico fra capi di Stato, che servirebbe comunque al Pontefice per domandare ancora quel “cessate il fuoco”, che invoca dall’inizio del conflitto come base indispensabile per qualunque negoziato di pace. “Per questo continueremo a pregare – chiude fra’ Iuri -, perché si sperimentino tutte le possibili strade alternative all’invio e all’uso delle armi”.
*Popoli e Missione