“Dietro il loro passaggio non rimane più niente. La terra diventa un deserto di macerie, polvere e fuoco. Prima gettano le bombe. Poi passano con i carri armati e finiscono per distruggere tutto. E’ un massacro. Non ho mai visto nulla di simile. Mai un orrore così grande”. E’ don Oleh Ladnyuk, salesiano di Dnipro, a raccontare al Sir cosa sta succedendo in queste ore nel Donbass, la regione dove negli ultimi giorni si sono intensificati i combattimenti mentre si teme che Severodonetsk possa diventare una nuova Mariupol. Il sindaco, Oleksandr Struk, ha detto che più della metà delle case di Severodonetsk, ”il 60 per cento”, sono state distrutte dai bombardamenti russi, mentre l’80-90 per cento sono state danneggiate e necessitano di importanti interventi per la ricostruzione’. Solo in questa città, 1.500 persone sono morte dall’inizio della guerra. Don Oleh non ha smesso di fare da spola tra le cittadine della regione e la piccola casa salesiana di Dnipro. È in macchina mentre parla. Tutti i giorni avanti e indietro a portare cibo, medicine, aiuti umanitari e caricare le ultime persone che decidono di lasciare le case e mettersi al sicuro. Fino una settimana fa, è riuscito ad entrare a Severodonetsk ma “purtroppo per la strada cadono le bombe e non posso più arrivare da loro”, racconta il sacerdote. “Ricordo di aver proposto ad una mamma di darmi i due bambini. Le ho assicurato che li avrei portati in un luogo sicuro ma lei ha rifiutato. Mi chiedo come riusciranno a sopravvivere. Adesso hanno anche distrutto il ponte che collegava Severodontesk e Lysyčansk. Anche a Lysyčansk non si riesce più ad entrare”.
Il rischio è che con il passare dei giorni, le persone moriranno, oltre che per le bombe, anche di fame, di sete e per malattia. Fino ad una settimana fa, con un gruppo di volontari don Oleh riusciva a portare anche medicine per gli anziani. Adesso è praticamente impossibile. “Qualcosa i militari fanno ma poco perché sono impegnati con i combattimenti e non hanno tempo per i civili. Ogni tanto riesco ad indicare ai soldati situazioni critiche come malati di diabete o anziani”. Le comunicazioni poi sono molto difficili. “Non esistono i collegamenti da cellulare mobile. Solo i militari hanno accesso ad Internet grazie allo Starline che ha regalato Elon Musk. Ma non abbiamo più notizie delle persone con cui eravamo in contatto ed è una cosa terribile. Tutti quelli che sono rimasti, non volevano andare via. Le situazioni sono diverse. C’è chi ha familiari anziani o malati da accudire. Altri mi dicevano di non avere soldi e nessun posto dove andare. Una nonna, per esempio, non voleva lasciare la casa per non abbandonare gli animali”. E chi rimane, vive in situazioni drammatiche, racconta il prete. “Preparano il cibo fuori, all’aperto, accedendo il fuoco con il legno dei mobili delle case”.
“Tanti mi chiedono dove è Dio in questo momento”, confida il sacerdote. “La nostra fede è uno stile di vita. Sento che quello che sto facendo, risponde semplicemente alla mia vocazione. Chi mi vede, mi dice: ‘tu che sei vicino a noi, ci fai vedere che Dio non ci ha abbandonato’. Mi sento quindi in obbligo di non lasciare sole queste persone per dimostrare che anche in questa terra bruciata dalla guerra, dove non c’è più nulla se non morte e distruzione, Dio è presente e non lascia indietro nessuno. Non è facile. Ma lo faccio e capisco che Dio mi ha mandato in questo posto, in questo momento della vita, proprio per questo”.
Quello che stupisce è che adesso la gente dice di non aver più paura della morte ma di rimanere invalidi. “E’ quello che sento più spesso dai soldati e dai civili con i quali parlo”, racconta don Oleh. “Ormai qui la gente è pronta a morire in qualsiasi momento e questo fa paura. Noto anche che pochi piangono. Mi è capitato di vedere solo una volta piangere un padre quando gli ho preso le figlie per portarle in un posto sicuro, fuori dalla zona dei combattimenti. Solo il padre però piangeva. Quando le ragazze sono arrivate nella nostra casa salesiana di Dnipro e si sono sentite al sicuro, solo allora sono scoppiate in lacrime”. Il pensiero di don Oleh mentre guida e racconta la guerra nel cuore del Donbass, il pensiero vola all’Europa e al “mondo che permesso tutto questo”. “Si propone un piano di pace che prevede che l’Ucraina lasci i territori occupati alla Russia ma è come se si chiedesse all’Italia di cedere il Veneto all’Austria”, osserva. “E’ una strada che non è percorribile. Ho paura che questo conflitto si espanda. Per questo, la speranza è che il mondo si fermi e capisca che l’unica strada percorribile ora e qui è che si deve fermare tutto o avremo ancora tanti anni di guerra e morti”.