“Voglio prima di tutto rendere omaggio alla memoria di David Sassoli, che ha presieduto il Parlamento europeo in anni difficilissimi”. Ha esordito così il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, intervenendo martedì 3 maggio nell’emiciclo del Parlamento europeo a Strasburgo. Un lungo discorso, più volte interrotto dagli applausi di gran parte dell’aula, nel quale Draghi ha affrontato i temi di attualità: dalla guerra in Ucraina con le sue conseguenze alla risposta alla pandemia, dall’energia alle migrazioni. Il premier non ha rinunciato a prospettare un rafforzamento dell’integrazione comunitaria nella linea di un “federalismo pragmatico e ideale”. Draghi ha rimarcato: “Sassoli non ha mai smesso di lavorare a quello che definì nel suo ultimo discorso al Consiglio europeo, un ‘nuovo progetto di speranza’ per ‘un’Europa che innova, che protegge, che illumina’. Questa visione di Europa è oggi più necessaria che mai”.
Guerra, Covid e risposta europea. “La guerra in Ucraina pone l’Unione europea davanti a una delle più gravi crisi della sua storia. Una crisi che è insieme umanitaria, securitaria, energetica, economica. E che avviene mentre i nostri Paesi sono ancora alle prese con le conseguenze della maggiore emergenza sanitaria degli ultimi cento anni”. Il premier ha ricordato che “la risposta europea alla pandemia è stata unitaria, coraggiosa, efficace; la ricerca scientifica ci ha consegnato, con una rapidità senza precedenti, vaccini capaci di frenare il contagio. Abbiamo organizzato la più imponente campagna di vaccinazione della storia recente, che ci ha permesso di salvare vite, riportare i ragazzi a scuola, far ripartire l’economia. Abbiamo approvato il Next Generation Eu, il primo grande progetto di ricostruzione europea, finanziato con il contributo di tutti”. La stessa “prontezza e determinazione, lo stesso spirito di solidarietà, ci devono guidare nelle sfide che abbiamo davanti oggi”.
Sì alla riforma dei Trattati. Draghi ha quindi osservato: “le istituzioni che i nostri predecessori hanno costruito negli scorsi decenni hanno servito bene i cittadini europei, ma sono inadeguate per la realtà che ci si manifesta oggi davanti.
La pandemia e la guerra hanno chiamato le istituzioni europee a responsabilità mai assunte fino ad ora.
Il quadro geopolitico è in rapida e profonda trasformazione… Abbiamo bisogno di un federalismo pragmatico, che abbracci tutti gli ambiti colpiti dalle trasformazioni in corso – dall’economia, all’energia, alla sicurezza. Se ciò richiede l’inizio di un percorso che porterà alla revisione dei Trattati, lo si abbracci con coraggio e con fiducia”. Ha quindi subito aggiunto: “mai come ora i nostri valori di pace, solidarietà e umanità hanno bisogno di essere difesi. Per i singoli Stati è difficile operare in questo senso. Abbiamo bisogno dunque anche di un federalismo ideale”. Sul federalismo ideale Draghi tornerà poi nella parte finale dell’incontro con gli europarlamentari, sottolineando la necessità di difendere e rafforzare i valori europei e la coesione fra gli Stati membri dell’Unione.
Proteggere l’Ucraina. “L’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia ha rimesso in discussione la più grande conquista dell’Unione europea: la pace nel nostro continente. Una pace basata sul rispetto dei confini territoriali, dello stato di diritto, della sovranità democratica; sull’utilizzo della diplomazia come mezzo di risoluzione delle controversie tra Stati; sul rispetto dei diritti umani, oltraggiati a Mariupol, a Bucha, e in tutti i luoghi in cui si è scatenata la violenza dell’esercito russo nei confronti di civili inermi. Dobbiamo sostenere l’Ucraina, il suo governo e il suo popolo, come il Presidente Zelensky continua a chiedere di fare. In una guerra di aggressione – ha specificato – non può esistere alcuna equivalenza tra chi invade e chi resiste. Proteggere l’Ucraina vuol dire proteggere noi stessi e il progetto di sicurezza e democrazia che abbiamo costruito insieme negli ultimi settant’anni”.
Processo di integrazione. “Già oggi la guerra sta avendo un impatto profondo sui nostri Paesi. Dall’inizio del conflitto, circa 5,3 milioni di persone hanno lasciato l’Ucraina verso l’Unione europea – soprattutto donne e bambini”. L’Italia, ha detto Draghi nell’emiciclo di Strasburgo, “crede nei valori europei dell’accoglienza e della solidarietà. Abbiamo finora accolto oltre 105mila rifugiati ucraini, grazie alla generosità delle famiglie, dei volontari, delle organizzazioni non governative – a cui va il mio più profondo ringraziamento. Altri Paesi – tra cui Polonia, Romania, Germania, Slovacchia – hanno fatto sforzi ancora maggiori. Molti rifugiati vogliono ritornare presto a casa e alcuni hanno già iniziato a farlo. Tuttavia, non sappiamo in che modo evolverà il conflitto, né quanto durerà. Dobbiamo essere pronti a dare continuità al nostro slancio iniziale di accoglienza”. Draghi si è poi a lungo concentrato sulle ricadute economiche, alimentari ed energetiche della guerra. “Ciascuna di queste crisi richiederebbe una reazione forte da parte dell’Unione europea. La loro somma ci impone un’accelerazione decisa nel processo di integrazione. Nei prossimi mesi dobbiamo mostrare ai cittadini europei che siamo in grado di guidare un’Europa all’altezza dei suoi valori, della sua storia, del suo ruolo nel mondo. Un’Europa più forte, coesa, sovrana – capace di prendere il futuro nelle proprie mani”. Il 9 maggio “si conclude la Conferenza sul futuro dell’Europa e la Dichiarazione finale ci chiede di essere molto ambiziosi. Vogliamo essere in prima linea per disegnare la nuova Europa”.
Difesa comune, superare l’unanimità. “Gli investimenti nella difesa devono essere fatti nell’ottica di un miglioramento delle nostre capacità collettive – come Unione europea e come Nato”. Draghi ha tracciato una sorta di strategia sulla difesa comune. “La nostra spesa in sicurezza è circa tre volte quella della Russia, ma si divide in 146 sistemi di difesa. Gli Stati Uniti ne hanno solo 34. È una distribuzione di risorse profondamente inefficiente, che ostacola la costruzione di una vera difesa europea”.
“L’autonomia strategica nella difesa passa prima di tutto attraverso una maggiore efficienza della spesa militare in Europa”.
Inoltre, “la costruzione di una difesa comune deve accompagnarsi a una politica estera unitaria, e a meccanismi decisionali efficaci. Dobbiamo superare il principio dell’unanimità, da cui origina una logica intergovernativa fatta di veti incrociati, e muoverci verso decisioni prese a maggioranza qualificata. Un’Europa capace di decidere in modo tempestivo, è un’Europa più credibile di fronte ai suoi cittadini e di fronte al mondo”.
Migrazioni: superare la logica di Dublino. A proposito dell’allargamento dell’Ue, Draghi ha dichiarato che l’Italia sostiene il percorso dei Balcani verso l’Ue, per poi specificare: “vogliamo l’Ucraina nell’Unione europea”. È quindi passato al tema delle migrazioni: “la solidarietà mostrata verso i rifugiati ucraini deve spingerci verso una gestione davvero europea anche dei migranti che arrivano da altri contesti di guerra e sfruttamento. Più in generale, è necessario definire un meccanismo europeo efficace di gestione dei flussi migratori, che superi la logica del Trattato di Dublino”.
Omaggio a Megalizzi. Nel concludere il suo intervento, il presidente del Consiglio ha detto: “i padri dell’Europa ci hanno mostrato come rendere efficace la democrazia nel nostro continente nelle sue progressive trasformazioni. L’integrazione europea è l’alleato migliore che abbiamo per affrontare le sfide che la storia ci pone davanti… Oggi, come in tutti gli snodi decisivi dal dopoguerra in poi, servono determinazione, visione, unità. Sono sicuro che sapremo trovarle ancora una volta, insieme”. Prima di ripartire per Roma, Mario Draghi ha reso omaggio ad Antonio Megalizzi, davanti allo studio radio dedicato al giovane giornalista italiano morto a seguito dell’attentato di Strasburgo del 2018.