“In Russia cominciano a farsi sentire gli effetti delle sanzioni. È innegabile. Mentre invece stando alle statistiche, l’operazione militare speciale in Ucraina è sostenuta dalla maggioranza della popolazione. Mi sembra che la cosa che viene messa in secondo piano quest’anno sia proprio la Pasqua. Il rischio è che ci sia il progredire di una divisione tra buoni e cattivi quando invece Cristo è risorto per tutti. Credo che il riconoscimento della Resurrezione potrebbe essere la strada per una riconciliazione”. Raggiunto dal Sir, mons. Paolo Pezzi, arcivescovo di Mosca e presidente dei vescovi della Federazione Russa, descrive così il “clima” che si respira quest’anno in questo periodo pasquale, segnato dalla “operazione militare speciale in Ucraina”, secondo la dicitura imposta dal governo russo. I calendari sono diversi. Il mondo ortodosso celebrerà la Pasqua domenica 24 aprile, secondo il calendario giuliano, mentre i cattolici latini si trovano già a vivere il Triduo pasquale questa settimana che culminerà domenica 17 aprile. Anche la via crucis diocesana cittadina è stata già vissuta dai cattolici a Mosca il sabato prima della Domenica delle Palme per consentire alla gente di partecipare, visto che il “Venerdì Santo” pomeriggio non è festivo. Una tradizione che è stata ben recepita ormai da una quindicina di anni.
Mons. Pezzi, partiamo dal Venerdì Santo. Quali “stazioni” di dolore quest’anno vede e le stanno più a cuore?
Quest’anno ho insistito su due punti. Il primo è la riconciliazione e il perdono. Gesù in Croce si pone come riconciliazione. E quindi è solo nella Croce che può avvenire una riconciliazione dei popoli. La seconda considerazione è la figura della Maddalena. Quest’anno mi sono soffermato sulla presenza delle donne nella via crucis, anche di Maria, ma in particolare sulla Maddalena, sul suo desiderio ardente di essere vicino a Cristo tanto che come dice un inno della trazione orientale, le sue lacrime amare diventano lacrime ardenti. Maddalena scoprirà alla Resurrezione di Cristo che questo desiderio ardente si svolge nel servizio, nella missione, nella evangelizzazione.
Si è parlato molto sulla inopportunità che alla via crucis ci siano in una stazione proprio due donne, una russa e una ucraina. Si aspettava queste proteste?
Personalmente non penso che sia una cosa inopportuna. Anzi, proprio perché ci sono delle ferite profonde, è l’occasione di poter guardare queste ferite attraverso le piaghe della Croce. E questo per me è una possibilità per ricominciare. Il nostro sguardo oggi si rivolge alle piaghe del Crocifisso che sono le piaghe della paura, della disperazione, dell’angoscia, della fatica, dei soldati feriti e morti, delle madri divenute vedove, dei bambini divenuti orfani, molti dei quali sono accomunati dall’essere profughi, dall’aver dovuto lasciare in fretta e furia le proprie case e i propri beni senza sapere che cosa fare, senza sapere se ci sarà la possibilità un giorno di tornare.
Tra i dolori spicca quest’anno anche il nodo ecumenico e la difficoltà a capire le posizioni del patriarcato di Mosca. Il dialogo è affondato sulla pace. È così?
Il dialogo non è affondato, anzi. Penso che la necessità della pace sia un punto che fa riaccendere il dialogo.
Quale augurio desidera formulare quest’anno per la Pasqua?
L’augurio che faccio per questa Pasqua, è di poter vivere la Resurrezione e poter sperimentare che più forte delle guerre, dei conflitti, dell’odio, della morte stessa, è questo amore bruciante che esce dalla Croce. L’impossibile comunione che invece la Resurrezione mette in atto, è la dimostrazione più clamorosa che la riconciliazione è possibile e che è possibile per gli uomini ricominciare e ripartire.È