“A Kiev e Žytomyr tanta gente è tornata a casa. Sappiamo che i due terzi della popolazione sono rientrati nella capitale. Ma il sindaco di Žytomyr sta dicendo alle persone di aspettare la fine della guerra perché non è ancora sicuro. Ieri per esempio, i nostri hanno colpito l’incrociatore missilistico russo Moskva e i russi sono arrabbiati. Questa notte le sirene hanno suonato in continuazione e in tutte le regioni dell’Ucraina. Hanno colpito sicuramente qualcosa ma il nostro governo non da notizie precise per non diffondere informazioni sensibili. Per questo il sindaco chiede di non rientrare ma la gente ha voglia di tornare a casa. Le chiese sono piene, anche se si vedono in giro pochi bambini, adolescenti e giovani”. La Settimana Santa nella regione di Kiev è così, sotto il suono delle sirene, la caduta delle bombe e la minaccia continua di nuovi attacchi. A raccontarla al Sir è mons. Oleksandr Jazlovetskyi, vescovo ausiliare della diocesi di Kiev-Žytomyr. Era in chiesa, mentre lo abbiamo raggiunto al telefono. Stava meditando. Confida subito: “È difficile preparare le omelie quest’anno perché si deve interpretare la Parola di Dio ma anche adattarla alle nostre circostanze. Non si può spiegare il Vangelo e stare seduti. La gente aspetta parole di coraggio, di consolazione. Mi sono confrontato con gli altri sacerdoti e mi hanno confidato questa difficoltà”.
E cosa pensa di dire?
Da alcuni giorni sto pensando alla omelia per la veglia pasquale del Sabato Santo. Verrà la tv regionale e bisogna pensare a cosa dire anche alla gente che generalmente non viene in chiesa. Pensavo di dire che questa Pasqua assomiglia un po’ alla Pasqua dei primi cristiani: anche loro erano sotto l’occupazione romana, anche loro avevano paura, come noi oggi. È indubbiamente quest’anno una Pasqua molto diversa. Negli anni passati la gente arrivava in chiesa per celebrare una festa, erano tutti vestiti bene ed eleganti. Oggi, si piange, ci si copre.
Quali sono le “croci” che più l’hanno ferita in questi 50 giorni di guerra?
Ho sentito cadere tante bombe e sono andato anche sui luoghi dove sono cadute. Difficile però dire quali siano i volti delle croci che più mi hanno colpito. Mi vengono in mente i bambini nei rifugi, seduti in attesa che l’allarme finisse. La gente che recita i rosari sotto i bombardamenti. Il pianto delle mamme per le figlie stuprate e uccise. I funerali. Per le persone è molto doloroso. Pensano che quello che stanno vivendo, sia una sofferenza ingiusta. Questa ingiustizia è forse la croce più grande che prende dentro tutte le altre. I russi ci hanno accusato di fascismo, di nazismo, di persecuzione della lingua russa ma qui, anche personalmente, non si capiscono queste accuse. Dicono di essere venuti per difendere la popolazione russa, ma non riusciamo a capirne realmente la motivazione. È questa ingiustizia che fa male. Se almeno capisci e sai quali sono le tue colpe, riesci a darti una ragione rispetto a quello che stai vivendo e puoi anche chiedere scusa. Ma qui siamo molto vicini alla sofferenza di Cristo che è stato condannato a morte senza colpa.
La guerra, oltre alle macerie, sta seminando nei cuori anche sentimenti di odio. Siete preoccupati?
Non vedo un odio generalizzato. Vedo per esempio una donna piangere perché sua figlia di soli 16 anni è stata stuprata e uccisa o perché le hanno ammazzato il marito.
Vedo più lacrime che odio.
Anche quando parlo con i sacerdoti che confessano, quando parlo con i fedeli, loro capiscono che un giorno ci sarà chiesto di perdonare. I russi sono e saranno i nostri vicini ma questo passaggio arriverà e potrà arrivare solo il giorno in cui finirà la guerra.
Cosa chiederà, domenica di Pasqua, a Gesù Risorto?
La Resurrezione di ogni cristiano e la Resurrezione dell’Ucraina. Tanti paesi hanno sperimentato la guerra e quando è finita, non è cambiato niente. Anzi, la guerra spesso ha acuito divisioni e ferite. Chiedo quindi a Gesù Risorto la conversione dei cuori e la Resurrezione dell’Ucraina. Chiedo che il mio paese possa uscire da questa guerra, più solidale, più credente, più rinnovato.