Al confine tra Polonia e Ucraina per esprimere solidarietà a tutti i rifugiati in fuga dalla guerra e gratitudine alle migliaia di persone che li stanno accogliendo. “Qui è il centro dell’Europa”. “E’ dove le persone stanno soffrendo, stanno morendo e vengono uccise, torturate e violentate”. Così il cardinale Jean-Claude Hollerich SJ, presidente della Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea (Comece) e il Rev. Christian Krieger, presidente della Conferenza delle Chiese Europee (Cec) spiegano le ragioni che li hanno portati al confine tra Polonia e Ucraina, sul valico di frontiera Dorohusk-Yahodyn. Accompagnati dal metropolita ortodosso Abel di Lublino e Chelm e dall’arcivescovo cattolico di Lublino mons. Stanisław Budzik, i due presidenti della Comece e Cec hanno visitato per due giorni alcune delle strutture che accolgono e sostengono i rifugiati. In una pausa del viaggio, il Sir li ha intervistati.
L’Europa è sotto choc davanti alle immagini che stanno arrivando da Bucha, Irpin, da Kramatorsk dove razzi russi hanno colpito la stazione ferroviaria, causando morti e feriti. Come è possibile questo orrore oggi qui?
Krieger: Siamo interiormente feriti nella nostra umanità da queste immagini. Nessuno di noi pensava che la guerra fosse una cosa pulita ma queste immagini fanno profondamente male. Pensiamo che sia importante che giustizia sia fatta per queste azioni che non possono essere tollerate in nessun mondo. E’ importante sostenere questa prospettiva. Vorrei anche aggiungere che quanto sta accadendo oggi in Ucraina provocherà ferite che dureranno nel tempo, che coinvolgeranno anche le nostre generazioni future e che possono essere fattori di divisione ma anche di odio in seno all’Europa. Bisognerà quindi trovare i modi perché queste ferite possano essere superate e guarite ma perché ciò accada, occorre che giustizia sia fatta.
Card. Hollerich: La parola choc esprime molto bene la reazione che ho avuto. Lo choc può paralizzare ma può anche suscitare una risposta. Vorrei allora che questo choc possa trasformarsi oggi in aiuto concreto, in solidarietà. Sarebbe bello che i comuni dell’Europa occidentale possano mettersi in aiuto delle città polacche particolarmente impegnate ad accogliere i rifugiati.
In queste ore la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e l’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, sono a Kiev, per incontrare il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. Qual è il messaggio che volete lanciare all’Unione Europea dal confine ucraino-polacco, dal cuore di questa crisi?
Hollerich: L’Unione europea ha sempre parlato dei valori di giustizia, pace solidarietà. E’ il momento questo per mostrare questi valori europei e viverli pienamente. Ma questi valori hanno un costo. Per realizzarli, bisogna necessariamente rinunciare ad una parte della nostra ricchezza. Spero che la signora Ursula von der Leyen possa avere il coraggio di proporre questa prospettiva. Siamo di fronte ad una crisi umanitaria di grandissima portata nel cuore dell’Europa, che certamente durerà per molto tempo. L’aiuto che ci è richiesto oggi, non può essere legato ad una emergenza. Sarà un aiuto di lunga durata.
Krieger: Vorrei prima di tutto dire grazie a Ursula von der Leyen e Josep Borrell. Trovo che questo gesto sia all’altezza delle sfide. Il loro lavoro e il loro coraggio fanno onore al progetto europeo. E’ vero anche che è importante in questo momento che le Chiese dicano che occorre difendere i valori europei anche se questo ci richiederà un costo. I calcoli economici sulle soglie da stabilire per le sanzioni sul petrolio o sul gas sono calcoli sbagliati se vogliamo difendere i valori europei. E’ chiaro che queste sanzioni ci costeranno ma bisogna incoraggiare l’Unione Europea e i Paesi membri dell’Ue ad un atteggiamento più coraggioso riguardo alle sanzioni. E infine, vorrei anche aggiungere che in questi giorni abbiamo visto quanto il sistema sociale polacco sia stato sfidato dalla presenza di 2 milioni e mezzo di rifugiati ucraini. Ci hanno colpito l’accoglienza generosa offerta da tutto il popolo. Non sarà una crisi di breve durata e non possiamo lasciare la Polonia e gli altri paesi confinanti da soli.
La chiesa di Mosca e le chiese d’Europa. Molti parlano di una guerra tra fratelli, tra Caino e Abele. Sul dialogo della pace, il movimento ecumenico sembra aver fallito. Cosa fare?
Hollerich: Direi innanzitutto che non è un fallimento del movimento ecumenico ma un fallimento del cristianesimo. Perché se si fa una guerra, si invade un Paese, se si uccidono donne e bambini, se si colpisce la popolazione civile e si compiono dei massacri, tutto questo è contro il cristianesimo. Per questo, ripeto, è il fallimento del cristianesimo. Vedo però qui in Polonia uno sforzo ecumenico delle Chiese, di tutte le confessioni, per venire incontro ai rifugiati. È una testimonianza forte che parte da una presa di coscienza cristiana.
Krieger: La parola “fallimento” è allo stesso tempo vera e sbagliata. E’ vera perché, come è successo nel passato, il cristianesimo ha nuovamente contribuito ad una guerra. Di nuovo assistiamo a questo miscuglio – oserei dire diabolico – di identità etnica, nazionale e cristiana, al servizio di una ideologia nella quale il cristianesimo non deve esserci. Ed è catastrofico sapere che quanto sta accadendo, è successo nelle due guerre mondiali del ‘900. Il movimento ecumenico nacque proprio per dare una risposta alla domanda su che cosa i cristiani potevano fare. Oggi siamo di nuovo davanti a questa realtà. Ma allo stesso tempo, diciamo che parlare di fallimento è anche una considerazione parziale del movimento ecumenico. Siamo qui per dare una testimonianza. Non possiamo dire che il movimento ecumenico ha fallito. È, al contrario, il luogo in cui possiamo trovare il giusto legame che ci unisce tutti in Cristo e nel Vangelo al di là delle nostre eredità e tradizioni nazionali e etniche. Significa anche trovare il giusto legame che ci permette di interrogare il nostro fratello in Cristo e nello stesso tempo manifestargli la nostra distanza. Faccio quindi appello alle istanze cristiane ad avere una posizione molto chiara nei confronti del Patriarcato di Mosca rispetto al suo sostegno a questa ideologia così nefasta.