“La guerra di aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina viola palesemente il diritto internazionale e sta causando ingenti perdite di vite umane e numerosi feriti tra i civili. La Russia sta dirigendo attacchi contro la popolazione civile e sta colpendo beni di carattere civile, tra cui ospedali, strutture mediche, scuole e rifugi. Tali crimini di guerra devono cessare immediatamente”. È il primo punto del “decalogo” approvato nottetempo dal Consiglio europeo, riunito assieme al presidente statunitense Joe Biden. Tre riunioni ieri a Bruxelles – vertice Nato, G7 e summit dell’Unione europea – hanno confermato una linea comune dell’Occidente verso l’aggressore (la Russia di Putin) e ribadito il sostegno all’aggredito (l’Ucraina di Zelensky).
Armi, profughi, gas… Ma le circostanze in cui la politica cerca di dare risposte è tutt’altro che lineare e definita. Anzitutto ci sono operazioni militari sul campo che non cessano, e che alimentano la tragedia di morti, feriti, popolazioni in fuga o deportate, intere città distrutte. Come rispondere alla guerra scatenata dal Cremlino? Lasciando solo l’esercito di Kiev? Appoggiarne la (legittima) difesa rischiando l’estendersi di una guerra chimica o nucleare? Inviando armamenti? Poi c’è la “guerra energetica”, dovuta alla dipendenza dal gas russo, che ora lo zar chiede sia pagato in rubli per evitare il tracollo della sua moneta. E che dire della crisi alimentare che si sta generando per colpa dei mercati che si chiudono e dell’agricoltura abbandonata, come sempre accade nelle fasi belliche? Come accogliere i rifugiati ucraini che – se ne può stare certi – resteranno nei Paesi europei ospitanti per anni? (e quindi certi slanci generosi proprio sul versante dell’accoglienza devono da subito fare i conti con i tempi lunghi).
Aspirazioni europee. Il Consiglio europeo – che prosegue oggi i suoi lavori, tra guerra, Covid, recessione economica, situazione esplosiva in Bosnia… – mostra comunque fermezza mista a buon senso e, in accordo con Biden, la Nato e il G7, affronta la realtà. I responsabili dell’attacco russo all’Ucraina “e i loro complici saranno chiamati a risponderne in conformità del diritto internazionale”, si legge nelle conclusioni del vertice, in cui si invoca la fine delle ostilità e si insiste su percorsi sicuri per i civili “intrappolati in tutte le zone di guerra verso una destinazione di loro scelta”. Il Consiglio europeo esige che la Russia “rispetti pienamente l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale”. L’Unione europea è “al fianco dell’Ucraina e del suo popolo e ribadisce la dichiarazione di Versailles, riconoscendo le aspirazioni europee e la scelta europea dell’Ucraina”. Dai Ventisette continueranno a giungere “sostegno politico, finanziario, materiale e umanitario” al popolo ucraino. Per Russia e Bielorussia si ribadiscono “ulteriori severe sanzioni” al fine di “ostacolare le capacità russe di proseguire l’aggressione”.
Medio e lungo termine. Il decalogo si sofferma sui rifugiati: il Consiglio europeo “rende omaggio a tutti i cittadini, le organizzazioni e i governi in tutta Europa che danno prova di solidarietà nei confronti di coloro che stanno fuggendo da questa guerra atroce. […] Occorre prestare particolare attenzione alle esigenze dei più vulnerabili e alle misure volte a prevenire e individuare la tratta di esseri umani”. Non mancheranno dal bilancio Ue aiuti ai Paesi che accolgono i profughi mentre si invitano gli Stati membri “a elaborare piani di emergenza tesi a far fronte anche alle esigenze a medio e lungo termine”. I capitoli finali – ma non meno fondamentali – del documento approvato dai leader europei riguardano la sicurezza degli impianti nucleari ucraini, la ricostruzione post bellica dell’Ucraina mediante un fondo fiduciario internazionale, il sostegno “alla Repubblica di Moldova e al suo popolo”.
Aiuti, accoglienza. Quasi a dar gambe all’accordo politico di fondo tra le due sponde dell’Atlantico, arriva anche una dichiarazione congiunta della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e del presidente Usa Joe Biden. “Siamo uniti nella nostra condanna dell’ingiustificata e non provocata guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina”. “Siamo solidali con il popolo ucraino, che sta difendendo coraggiosamente la propria patria, e chiediamo alla Russia di porre fine al brutale attacco contro il suo vicino”. Quindi una sottolineatura sui “valori comuni”, “tra cui la democrazia, il rispetto dei diritti umani, la pace e la stabilità globali e l’ordine internazionale basato su regole”. Seguono gli impegni comuni su diversi fronti: ulteriori pesanti sanzioni all’economia russa; mobilitazione di aiuti umanitari “per sostenere le persone presenti in Ucraina e per coloro che sono stati costretti a fuggire” (ciò include oltre 1 miliardo di dollari in assistenza umanitaria che gli Stati Uniti sono disposti a fornire e altri 550 milioni di euro dall’Ue); accoglienza e reinsediamento dei profughi provenienti dall’Ucraina (ciò che di fatto è sempre stato negato all’Italia e ai Paesi mediterranei per gli arrivi dall’Africa).
Guerra “totale”. Von der Leyen e Biden aggiungono: “stiamo compiendo ulteriori passi concreti nella nostra cooperazione energetica per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento e ridurre la dipendenza dai combustibili fossili russi”; “al fine di prevenire una potenziale crisi alimentare innescata da aumenti dei prezzi e interruzioni dell’approvvigionamento alimentare intendiamo raddoppiare i nostri sforzi congiunti per aumentare la sicurezza alimentare globale e fornire derrate dirette, ove necessario, ai nostri partner in tutto il mondo”. Infine, “promuoveremo la nostra cooperazione sulla sicurezza informatica”: la guerra oggi – questo il messaggio – si fa con carri armati, minacce chimiche, tagli alle forniture energetiche, distruzione dei magazzini alimentari e delle attività agricole, e perfino attraverso web e disinformazione.