“Devo stare attento a quel che dico perché sono convinto che le telefonate siano intercettate e non vorrei che si capisse dove stiamo operando per non mettere a rischio la nostra azione a sostegno dei profughi e degli ucraini al fronte”. Fa tremare i polsi la frase pronunciata da don Igor, nome di fantasia che un sacerdote ucraino si è dato per non essere scoperto. Il settimanale diocesano “Il Nuovo Torrazzo” lo ha chiamato nel suo Paese, nella parte occidentale della nazione, nei pressi del corridoio umanitario verso la Polonia che fa capo a Leopoli. È lì che opera per aiutare chi combatte e chi cerca di mettersi in salvo.
In un italiano chiaro, con accento che fa però ben capire quali siano le sue radici, il sacerdote, che prega e lavora al fianco del suo popolo, è pronto all’arrivo della guerra. “Al momento siamo in una situazione ancora tranquilla; in città vicine ci sono stati bombardamenti ma da noi no; anche se ieri sera (lunedì, ndr) un aereo russo ha sorvolato la zona per molto tempo. Stava senz’altro cercando di individuare qualcosa o di ispezionare dall’alto. Ci stiamo preparando all’arrivo del conflitto anche qui: agli incroci e lungo le strade sono pronte le postazioni per la difesa” e sono stati allestiti i ‘cavalli di frisia’ quelli con i quali impedire o rendere molto difficoltoso il passaggio delle truppe. Il timore manifestato è di un ingresso dei reparti russi anche dalla vicina Bielorussia, “l’eventualità non è assolutamente da scartare e il rischio è molto alto”. E in effetti ieri, venerdì, la Russia ha ampliato il fronte della sua offensiva spingendosi a Ovest. Abbiamo sentito il sacerdote al telefono; la sua zona al momento non è interessata dai bombardamenti che hanno colpito anche un aeroporto, ma pare solo questione di giorni, di ore.
La guerra è stata preparata da mesi. Lo conferma don Igor che parla di “persone che hanno affittato case e che si sono viste anche nella nostra città già a novembre. Sono sicuro siano infiltrati russi, alcuni potrebbero essere ancora tra noi. Volti non conosciuti che hanno fotografato, segnato alcune zone sensibili o di favore per l’atterraggio di paracadutisti. Quando la Polizia Ucraina si è accorta di tutto questo, ha iniziato a cancellare queste indicazioni visibili facilmente dall’alto e allora sono iniziati strani segnali luminosi. Nonostante questo non mi aspettavo si sarebbe arrivati a tanto. Il pericolo c’era, lo sapevamo, ma nessuno poteva prevedere fin dove si sarebbe spinto Putin”.
Questo ha colto di sorpresa don Igor nell’organizzazione degli aiuti. “Si stava pensando a cosa si sarebbe potuto fare se fosse scoppiata la guerra, che poi è arrivata all’improvviso. Non siamo riusciti a creare una fondazione o una organizzazione e allora ci siamo mossi come volontari e ci siamo appoggiati al mio conto corrente privato aperto in Polonia, sul quale confluiscono donazioni che utilizzo per acquistare quanto serve per i profughi e per i nostri connazionali che stanno difendendo le nostre città e la nostra gente”. Non solo cibo e vestiario, ma medicine e giubbotti antiproiettile oltre a elmetti. “Sì è così. Dalla nostra città partono tanti uomini che hanno raggiunto i fronti delle battaglie a Kiev e Kharkiv. Chi è qui si occupa di prepararsi all’eventuale scontro a terra e presta aiuto ai profughi che stazionano o che transitano per raggiungere la Polonia. Diamo vestiti, cibo e medicinali. Alcuni di questi sono molto costosi, anche 1.300 euro per un medicinale che cura bene le ferite, ed è per questo che servono soldi, serve aiuto”.
Mentre anche nelle case si preparano molotov, a Dnipro come in questa zona a occidente, don Igor e i suoi collaboratori sono costantemente in viaggio tra Ucraina e Polonia per acquistare ciò che ormai nelle loro città non si trova più. “Ci si muove stando attenti a rispettare quello che in Italia viene chiamato coprifuoco. Dalle nove di sera alle sei del mattino non c’è in giro nessuno, se non la Polizia; è pericoloso spostarsi in quelle ore. C’è il rischio che si venga scambiati per russi (o collaborazionisti, ndr). Gli aiuti che arrivano sono tanti e generosi. Li distribuiamo tutti, tenendo per la nostra città solamente i medicinali necessari negli ospedali. I farmaci e quel che serve per curare i feriti cerchiamo di farli arrivare dall’Europa”.
E qui si apre il capitolo Ue che “solo ora comincia a capire che Putin si può fermare solo con la forza. La propaganda russa ha sempre dipinto gli ucraini come oppressori della minoranza russa. Dopo il 2014 in Italia mi sono sentito più volte dire dalla gente ‘Perché non lasciate stare questi poveri russi?’. Dal Governo russo l’informazione che è sempre passata, e che passa ancora, è che in Ucraina le minoranze russe siano discriminate e che la guerra serva per proteggere queste persone. Niente di più falso. La Russia manda queste informazioni che non sono vere. È la continuazione di quel che accadeva con l’Unione Sovietica, tante e troppe bugie. Adesso l’Europa si è svegliata con i bombardamenti. Dopo la Crimea la Ue non ha risposto con forza e Putin ha pensato di poter fare quello che voleva. Così ha aggredito il nostro Paese. I negoziati non funzionano se non ci sono sanzioni severe e l’Occidente ne deve mettere di ancora più dure. Solo quelle fanno capire al Governo russo che deve fermarsi perché se no la situazione cambierà e la gente russa lo capirà, anzi lo sta iniziando a capire perché comincia a star male. Certo che le sanzioni provocano danni anche agli Stati europei, ma quelli si possono risolvere, quando invece hai perso la vita non c’è più nulla da fare”.
A Kiev i primi convogli russi fermati dall’esercito ucraino avevano al seguito carri con vestiti di gala. “I russi non pensavano a questa reazione ed erano pronti a indossare gli abiti belli come per una festa di liberazione dei russi in Ucraina. Così hanno sempre descritto e stanno descrivendo sui loro canali d’informazione questa guerra. Le cose non sono andate come sperava Putin. Allora ha iniziato a bombardare anche con ordigni proibiti da trattati e convenzioni internazionali. Mi hanno raccontato che dietro all’esercito russo che sta arrivando a Kiev vi sono combattenti di una regione caucasica ai quali sarebbe stato ordinato di sparare a chi indietreggia. Metodi staliniani. E altre voci parlano di una minaccia di bombe chimiche e di atti di terrorismo a Chernobyl per poi accusare l’esercito ucraino. Fanno di tutto per distruggere”.
“Ora è il momento di fargli capire velocemente che deve smettere, con un’azione politica ed economica ancora più dura”. Le parole di don Igor sembrano fare eco a quelle di alcuni analisti che hanno indicato questa azione di forza di Putin come la sua fine.
Se sarà così non lo possiamo sapere. La cosa certa è che la guerra porta solo morte, dolore e distruzione e di questo lo ‘zar’ si sta macchiando. Ma c’è chi in Russia non la pensa come il Governo; c’è una nazione, l’Ucraina, che resiste; c’è un mondo intero che si sta muovendo a sostegno della popolazione aggredita. Don Igor è sul fronte a dare il proprio contributo come pastore, come volontario e come ‘combattente’ di una resistenza da guardare con rispetto e con quella ammirazione che solo le gesta eroiche di chi crede negli ideali di pace e libertà sa ispirare.
(*) originariamente pubblicato su “Il Nuovo Torrazzo“