Scelte di pace con il portafoglio

“Maledeta la sia questa guera…” recita il canto degli alpini sui monti Carpazi (dove oggi si combatte come cent’anni fa) e il disperato ritornello torna in mente davanti all’economia italiana in discesa, al prezzo del carburante alle stelle, all’ultima bolletta del gas raddoppiata.

(Foto ANSA/SIR)

“Maledeta la sia questa guera…” recita il canto degli alpini sui monti Carpazi (dove oggi si combatte come cent’anni fa) e il disperato ritornello torna in mente davanti all’economia italiana in discesa, al prezzo del carburante alle stelle, all’ultima bolletta del gas raddoppiata.
È utile riflettere sulle ripercussioni del conflitto sul bilancio statale e familiare, ma il pensiero però deve prima andare a chi in Ucraina viene bombardato in fila per il pane, in un ospedale senz’acqua e medicine, nell’angoscia per un assedio altrove già rivelatosi come una carneficina.
Con questa premessa – a conferma che “Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra” – andiamo a cogliere nelle prime ricadute indirette di questo conflitto alcune evidenze macroeconomiche che pesano sulle tasche di ognuno di noi.
Il taglio dei rubinetti del gas russo ci ha spalancato gli occhi sull’interdipendenza globale delle nostre economie – già ben documentata nella Laudato Si’ – ma anche sulle conseguenze nocive di scelte di politica economica poco lungimiranti assunte in passato.
Appare ovvio, adesso, che l’essersi legati da molti anni in modo quasi monopolistico a Putin per il gas ci ha portato a concentrare solo in Russia la fornitura del 40% di questa fonte di produzione decisiva come “motore” di industrie, commercio, trasporti e turismo, per non parlare del funzionamento degli edifici pubblici: lo sanno bene i nostri amministratori locali alle prese con preventivi molto impegnativi per i prossimi anni.
La responsabilità di questa crisi sciagurata va certo attribuita al dittatore di Mosca, ma ne viene comunque una lezione che non possiamo ignorare e che l’economista Leonardo Becchetti riassume ora con questi due imperativi: “Da una parte diversificare le fonti di approvvigionamento di una fonte fossile di cui ancora non possiamo fare a meno e che anche l’UE ha inserito nella transizione green. Di gas abbiamo e avremo ancora bisogno in molti settori (industria, trasporti pesanti) e per colmare i buchi d’intensità di produzione dalle fonti rinnovabili”. “Dall’altra – prosegue Becchetti evidenziando anche l’impatto ambientale – procedere con ancora più speditezza quella campagna di progressiva emancipazione dalle fonti fossili (più inquinanti e climalteranti) che è strategica per raggiungere l’obiettivo di azzerare le emissioni nette di anidride carbonica entro il 2050 e di ridurle del 55 percento entro il 2030”.
Non sono solo obiettivi governativi di lungo termine, ma interpellano anche le nostre abitudini e i nostri consumi. Per usare l’ormai nota espressione dello stesso Becchetti esse passano anche dal nostro portafoglio. Ad esempio – e la misura è stata già adottata da molte famiglie e anche da alcuni municipi – abbassare di qualche grado il riscaldamento delle nostre case. O puntare ad un severo risparmio energetico e investire nel fotovoltaico e nelle energie “pulite”.
E ancora: favorire nell’approvvigionamento i prodotti della filiera corta,a chilometri zero o quasi: anche Amazon comincia ad avere le ruote a terra.
Più in generale praticare per forza quell’austerity che nel 1973 avevamo vissuto comunque come un’avventura transitoria e riconsiderare pure il nostro consumo di cibo, puntando allo “spreco zero” che Andrea Segre ha rilanciato in questi giorni.
Non sono scelte nuove, ma oggi quasi “imposte” dallo scenario di guerra. Accanto alle altre “economie di pace” (compreso il commercio di armi di cui abbiamo già detto qui e il doveroso aiuto ai rifugiati di oggi e di ieri), esse sono misure che interpellano i governi locali. Anche la nostra autonomia trentina ora è chiamata a riequilibrare nella direzione della sobrietà le sue voci di spese. Sarebbe fra l’altro il modo migliore per celebrare il cinquantenario del suo secondo Statuto.

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