In nome di Dio fermate questo massacro

Di fronte al fragore delle esplosioni in tante città ucraine in molti di noi c’è incredulità, disorientamento, timore. Eppure, in tale grave situazione che in pochi fino a un mese fa avrebbero immaginato, c’è anche il rischio di perdere di vista la portata della catastrofe che si sta consumando, esercitando pericolose equidistanze o affidandosi a precisazioni della serie “Ma anche gli ucraini hanno le loro colpe”, “La Nato non è senza peccato” e via discettando. Se ce n’era bisogno papa Francesco domenica scorsa all’Angelus ci ha ricordato, senza perdersi in tanti discorsi, le drammatiche questioni sul tappeto e le poche e fondamentali cose che si devono fare.

(Foto ANSA/Sir)

Di fronte al fragore delle esplosioni in tante città ucraine in molti di noi c’è incredulità, disorientamento, timore. Eppure, in tale grave situazione che in pochi fino a un mese fa avrebbero immaginato, c’è anche il rischio di perdere di vista la portata della catastrofe che si sta consumando, esercitando pericolose equidistanze o affidandosi a precisazioni della serie “Ma anche gli ucraini hanno le loro colpe”, “La Nato non è senza peccato” e via discettando.
Se ce n’era bisogno papa Francesco domenica scorsa all’Angelus ci ha ricordato, senza perdersi in tanti discorsi, le drammatiche questioni sul tappeto e le poche e fondamentali cose che si devono fare.
Quella alla quale stiamo assistendo, ha ricordato il Pontefice, è una “inaccettabile aggressione armata”. C’è dunque un aggressore e c’è un aggredito: le responsabilità sono chiare e inconfutabili. Quella alla quale assistiamo è “la barbarie dell’uccisione di bambini, di innocenti e di civili inermi” da parte dell’aggressore russo. Di fronte a tutto questo “non ci sono ragioni strategiche che tengano”, c’è solo da fare: “cessare” la guerra prima che riduca “le città in cimiteri”.
Quindi la richiesta chiara, netta. L’unica che può fermare la corsa verso il baratro. Innanzitutto “si ascolti il grido di chi soffre e si ponga fine ai bombardamenti e agli attacchi!”. Poi “si punti veramente e decisamente sul negoziato, e i corridoi umanitari siano effettivi e sicuri”. Il negoziato va realizzato in modo deciso e concreto. Non si può far finta e intanto proseguire con i bombardamenti. Quindi l’appello forte e drammatico “in nome di Dio, vi chiedo: fermate questo massacro!”.
Un appello in nome di quel Dio che Bergoglio ricorda “è solo Dio della pace, non è Dio della guerra, e chi appoggia la violenza ne profana il nome”. Non ci sono dubbi e si respinge così la lettura del patriarca di Mosca Kirill che ha, di fatto, benedetto l’invasione russa e proposto un’idea di Dio ben lontana da quella cristiana.
Nelle parole del Papa c’è poi il riferimento alla quotidianità degli europei con due concrete indicazioni: l’esortazione “all’accoglienza dei tanti rifugiati, nei quali è presente Cristo” e l’invito “ad aumentare i momenti di preghiera per la pace”.
Queste indicazioni erano state precedute, come avviene sempre, dal commento del Vangelo della domenica, in questo caso la Seconda di Quaresima con la Trasfigurazione. In tale contesto papa Francesco ha sottolineato l’importanza del tempo quaresimale come opportunità in cui “Dio vuole svegliarci dal letargo interiore, da questa sonnolenza che non lascia esprimere lo Spirito”. Il “letargo interiore” è quello che, molto probabilmente, ci ha preso durante il lungo e sofferto tempo della pandemia. È un’espressione forte ed efficace che segnala una condizione di arresto operativo e del pensiero.
Il letargo interiore è il contrario della vigilanza ed è la condizione nella quale non solo non ci si prende cura di sé stessi e degli altri, ma anche non ci si rende conto di quanto sta accadendo intorno a noi. Se andiamo ben a guardare la guerra in Ucraina nasce anche da questa situazione dove, soprattutto l’Occidente non ha certo brillato per vigilanza, anzi. Si tratterà di vedere se la dura lezione pandemica e ora la guerra ai confini di casa potranno spingere i nostri Paesi ad uscire da questa condizione.
In tutto questo papa Francesco chiarisce però che non è questione solo di buona volontà, anzi. “Tenere sveglio il cuore non dipende solo da noi: è una grazia, e va chiesta”.

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