Siamo agli ultimi passi del percorso, iniziato il 9 maggio 2021, per pensare il futuro della nostra Unione. Nel fine settimana dell’11-12 marzo a Strasburgo si è riunita per la quarta volta la plenaria della Conferenza sul futuro dell’Europa: c’erano da discutere le 88 raccomandazioni presentate dai panel europei di cittadini riguardanti “L’Ue nel mondo/migrazione” e “Un’economia più forte, giustizia sociale e occupazione – Istruzione, cultura, gioventù e sport – Trasformazione digitale”. Nella sessione precedente, a gennaio, si erano passate in rassegna le raccomandazioni preparate dai panel dei cittadini dedicati ai temi “Democrazia europea/valori e diritti, stato di diritto, sicurezza” e “Cambiamento climatico e ambiente/salute”. Ci sarà ancora, il 25-26 marzo, una plenaria chiamata a elaborare le sue proposte, che dovranno mettere insieme le raccomandazioni dei panel di cittadini (nazionali ed europei), i contributi raccolti sulla piattaforma digitale multilingue e i dibattiti dei gruppi di lavoro della plenaria. Poi il tutto passerà al Comitato esecutivo, che è presieduto da un rappresentante per ognuna delle tre istituzioni europee, che dovrà elaborare le conclusioni della plenaria della Conferenza e presentarle a Commissione, Parlamento e Consiglio Ue.
A loro è affidata la responsabilità ultima sull’esito di un cammino che ha voluto al centro i cittadini europei perché dicessero quale Europa futura si attendono. Hanno cercato di dirlo gli 800 cittadini coinvolti nei panel europei e gli oltre 51mila che si sono registrati sulla piattaforma, condividendo 16.865 idee e organizzando 6.192 eventi con la partecipazione di circa 570mila persone. In plenaria di cittadini ce ne sono 108, e siedono insieme ad altrettanti rappresentanti sia dei parlamenti nazionali sia del Parlamento europeo, a 54 delegati del Consiglio e 3 della Commissione europea, 18 del Comitato delle regioni e del Comitato economico e sociale europeo, 6 delle autorità regionali e 6 delle autorità locali, 12 delle parti sociali e 8 della società civile.
“Il dialogo tra le parti è una bella opportunità, ma ciascuno ha il suo ruolo”, commenta Simone Pavesi (nella foto), capo progetto del circuito radiofonico Europhonica Italia (lo stesso per cui operava Antonio Megalizzi, giovane giornalista italiano morto in seguito all’attentato di Strasburgo del 2018), che ha seguito con la sua troupe diversi appuntamenti della Conferenza.
Concepita all’indomani del Brexit, per rafforzare l’Unione a fronte di derive generate dalle forze nazionaliste e populiste, la Conferenza è partita con un anno di ritardo in ragione delle difficoltà poste dalla pandemia e si chiude dopo un anno nel mezzo della crisi scatenata dalla Russia con la sua aggressione all’Ucraina.Questi due eventi imprevisti, diversi nelle sfide che hanno posto all’Unione e nella loro drammaticità, hanno fatto emergere i limiti e al contempo hanno fatto maturare l’Ue più che tanti anni di cammino comune. E con entrambe ora l’Ue si deve misurare seriamente per pensare il suo futuro.
Il 9 maggio 2022, quando è previso l’evento conclusivo della Conferenza, si avrà il documento che dovrà sintetizzare quanto emerso da questo primo esercizio di “democrazia partecipativa”. Sul piano dei contenuti è ancora tutto da vedere cosa emergerà. “Si avverte un desidero generale, o perlomeno maggioritario, di migliorare questa Unione”, racconta Pavesi, rientrato dalla plenaria di Strasburgo. Bisognerà comprendere come raggiungere l’obiettivo: ci possono essere strade diverse, ma, commenta ancora Pavesi, “credo che sia evidente come l’Unione per essere efficiente e in grado di rispondere alle sfide del nostro tempo abbia bisogno di fiducia da parte degli Stati membri. I singoli Paesi si stanno accorgendo che da soli possono fare poco. Ci sono dunque i presupposti per pensare che l’Unione possa avere più competenze – formali e sostanziali – in futuro, competenze che in parte si è guadagnata sul campo durante queste crisi inedite”.
Le raccomandazioni fin qui discusse chiedono di pensare al futuro mettendo al centro i cittadini e i loro bisogni. “Trasformare le raccomandazioni in proposte che possano essere incluse nella legislazione dell’Ue sarà la sfida più grande della Conferenza e ancora la più opaca”, dice Pavesi. “Non è chiarissimo come avverrà e, soprattutto, dipenderà dalla volontà delle istituzioni Ue di dare seguito a quanto chiesto dai cittadini”. E qui si capirà se l’esercizio di democrazia partecipativa ha funzionato.
Intanto, per chi fosse interessato, qui si possono ascoltare tutti i contenuti di Europhonica.