Le temperature scendono ogni notte sotto lo zero al confine tra Ucraina e Romania. Dopo 15 ore di coda in automobile e poi a piedi per varcare la frontiera, i bambini ucraini arrivano, insieme alle mamme, stanchi, infreddoliti e spaventati nella tendopoli della cittadina romena di Siret, allestita dal governo in uno stadio e capace di accogliere 300 persone in transito, per una o due notti. Nello “Spazio a misura di bambino” che Save the children allestisce, come di consueto, nelle crisi umanitarie, i piccoli ucraini ritrovano il sorriso e momenti di gioco e spensieratezza. “È il primo che apriamo dall’inizio del conflitto in Ucraina”, dice al Sir Giovanna Di Benedetto, portavoce di Save the children, in questi giorni a Siret: “Fa parte di un intervento più ampio e strutturato che portiamo avanti nei diversi Paesi che stanno accogliendo i profughi. È uno spazio in cui possono tornare a giocare e ad essere di nuovo bambini, dopo il trauma delle bombe, dei bunker e della fuga”. L’Unicef ha diffuso nelle scorse ore la drammatica cifra di 1 milione di bambini in fuga, quasi la metà dei profughi che hanno varcato la frontiera ucraina dall’inizio del conflitto il 24 febbraio.
Un triste primato storico in sole due settimane.
In Ucraina ci sono anche 100.000 bambini che vivono in 600 istituti, orfani o lasciati nei centri da famiglie in condizioni di povertà che non riescono a mantenerli. Alcune associazioni e Caritas locali stanno organizzando, con le dovute cautele per tutelare i minori (non adottabili), dei convogli umanitari per portarli al sicuro all’estero, soprattutto in Polonia. Quando vengono fatti spostare attraverso le frontiere, i rischi per questi bambini, compresa la tratta di esseri umani, si moltiplicano.
Tra le tende verdi del campo di Siret spicca quella arancione di Save the children, in romeno Salvati Copii. Le mamme arrivano con i bambini in braccio o sul passeggino. Tutti possono entrare in questo spazio: dal neonato di pochi mesi all’adolescente. La maggioranza sono bambini di due, tre o quattro anni. “Quando arrivano sono rigidi nelle espressioni, ancora impauriti – racconta Di Benedetto -. Basta dare loro le bolle di sapone per vederli di nuovo ridere. Alcuni con un pallone si scatenano e diventano vulcani.
Le mamme si commuovono perché da giorni non li vedevano più così spensierati”.
Disegni, giochi e piccoli tesori. Uno di loro custodisce gelosamente nella taschina un libriccino illustrato con la storia di un bambino e di un cane. Salutato il padre rimasto in patria a combattere – come tanti altri genitori -, questo è l’unico tesoro che ha potuto portare con sé. Gli operatori di Save the children giocano con loro, li fanno disegnare. Tutto il possibile per metterli a proprio agio, anche se solo per poche ore, prima di riprendere il viaggio verso parenti o amici in altri Paesi europei o nei centri di accoglienza per richiedenti asilo predisposti dal governo romeno. Pochi decidono di restare: perciò
sulle tende sono indicati i nomi dei Paesi dove sono diretti.
L’accoglienza della comunità romena nei vari varchi di frontiera è molto calorosa. Anche le parrocchie hanno aperto le loro porte, allestendo letti per i profughi. “I romeni hanno aperto le porte delle proprie case – prosegue Di Benedetto -. Portano tè e pasti caldi, sono molto solidali”. Gli adulti sono soprattutto donne e anziani. I pochi uomini in transito vivevano in Ucraina ma sono di altre nazionalità.
Migliaia di bambini evacuati dai centri. Tra le evacuazioni in sicurezza dei bambini dai centri ci sono quelle compiute dall’associazione polacca Fundacja Happy kids con sede a Łódź, che ha già fatto uscire da Kharkow, Odessa e altre città ucraine, in collaborazione con l’Onu, un migliaio di bambini accompagnati dagli educatori. 700 sono già arrivati nella città di Rawa Mazowieka, in Polonia. Altri 90 a Przemysl. Altri 150 sono partiti in bus il 7 marzo e arriveranno nel distretto di Słupski, al nord. Le cifre aumentano costantemente.
L’arcidiocesi di Łódź ha diffuso in questi giorni alcune raccomandazioni riguardo ai minori non accompagnati, per fare chiarezza: “Al momento non è possibile adottare bambini dall’Ucraina”. Coloro che arrivano dai centri governativi “vengono in Polonia per ragioni di sicurezza e torneranno il prima possibile nel loro Paese”. L’arcidiocesi ricorda inoltre che in Polonia ci sono circa 1.000 bambini in attesa di genitori adottivi. “Che sia un bambino polacco o ucraino pensate seriamente alla vostra motivazione all’adozione. Anche se la solidarietà può spingere ad agire,
bisogna rendersi conto della responsabilità di prendersi cura di un bambino che ha subito traumi, violenza, negligenza o abbandono”.
Invitano perciò chi ha intenzione di adottare un bambino a rivolgersi agli appositi servizi.
Anche in Italia c’è una grande disponibilità all’accoglienza dei bambini non accompagnati o di nuclei mamma-bambino. L’associazione romana M’aMa-Dalla parte dei bambini ha lanciato il progetto #ospitazione emergenza Ucraina. In poche ore l’appello è diventato virale sui social e sono arrivate mail da oltre 21.000 famiglie. Hanno dovuto chiudere le iscrizioni. Ora si coordineranno con le istituzioni per capire come procedere, seguendo accuratamente le normative a tutela dei bambini.