“Stiamo seguendo questa situazione, già da diverse settimane, in un clima di preghiera. Ad ogni messa, vengono elevate preghiere per la pace in Ucraina. In questi giorni ricordavamo anche un’espressione di Giovanni Paolo II: quando i grandi potenti della terra si incontrano, la Chiesa prega”. Anche da Mosca si sta seguendo con apprensione le notizie sulla tensione crescente di guerra e combattimenti che arrivano dal Donbass, al confine con l’Ucraina.
Il Sir ha raggiunto telefonicamente mons. Paolo Pezzi, arcivescovo di Mosca e presidente dei vescovi russi. “Questo è il nostro atteggiamento in questi giorni”, commenta l’arcivescovo mentre dal fronte arrivano notizie di bombardamenti, scambi di colpi artiglieria, vittime ed esercitazioni militari nei territori di confine. E aggiunge: “Insieme cerchiamo di farci carico anche della sofferenza, dell’angoscia, dell’incertezza che anima certamente le persone di quei luoghi”.
C’è un rischio di attacco anche a Mosca? La popolazione è preoccupata?
Questo, per quel che vedo, non potrei dirlo ma il mio è un punto di vista relativo e limitato. Quello che invece ho notato nella nostra comunità è una condivisione, nello stesso animo, di preghiera e anche di angoscia e sofferenza. È una situazione che viviamo insieme in uno spirito comunione. Si stanno facendo grandi sforzi a livello politico e diplomatico per scongiurare un’esclation delle azioni militari e muoversi verso una de-escalation della situazione, per riuscire a diminuire la tensione.
L’alternativa quale sarebbe? Cosa si sta mettendo in gioco?
Non sono né uno stratega né un politico. Quello che so è che come diceva domenica il Papa, è sempre triste quando questo odio, questa violenza, questa incomprensione avvengono tra popoli cristiani.
Di fronte a questo paradosso, quale il ruolo invece dei cristiani in Europa?
Ieri, domenica, dicevo questo alla nostra comunità: occorre che noi crediamo veramente nella forza del perdono. Occorre ripartire dal perdono. Il perdono però chiede una conversione del cuore perché chiede di cambiare lo sguardo sull’altro. Certo, è un miracolo. Però, non dobbiamo dimenticare che la preghiera è veramente potente. Non è quello che si fa quando ci si trova sull’ultima spiaggia e non si ha altro da fare. La preghiera piega non solo il cuore degli uomini, ma piega anche il cuore di Dio, come santa Teresina ci insegna. Noi a questo dobbiamo credere. Non bisogna avere paura. Chiedere con tutto il cuore e con tutta sincerità a Dio il miracolo del perdono.
Sembra un’impresa impossibile. Questa è una guerra, una ferita che va avanti da otto anni. I cuori sono induriti. È possibile il perdono?
Il perdono non solo è possibile ma è necessario. Non c’è un’altra strada. Questo è quello che ci ha lasciato Nostro Signore. Non esiste una soluzione magica dei problemi. Dove è in gioco la libertà dell’uomo, è possibile l’iniziativa. E l’iniziativa positiva è il perdono, offrire e desiderare misericordia.
Nei giorni scorsi l’ambasciatore russo presso la Santa Sede, Aleksandr Avdeev, ha detto che si sta lavorando per preparare il secondo incontro tra Papa Francesco e il Patriarca della Chiesa ortodossa russa Kirill, a giugno o luglio. In questi processi così difficili di pace, quanto è importante che i leader delle Chiese cristiane, di Mosca e di Roma, si incontrino?
Penso che aiuti molto. Basterebbe pensare allo storico incontro tra Papa Paolo VI e il Patriarca Atenagora, alla fine del Concilio Vaticano II, a Gerusalemme, e alla dichiarazione di perdono reciproco che sottoscrissero. Abbiamo visto quello che è avvenuto dopo, negli anni a venire, e cioè un crescere di incontri e passi di dialogo importanti. Certo, non significa che tutto avvenga come un colpo di bacchetta magica, però il perdono è certamente un impulso anche alla pace, alla giustizia e a una ripresa sociale ed economica. Il perdono è una forza che agisce a 360 gradi.