Sassoli: “Siamo europei perché amiamo i nostri Paesi”

“Abbiamo bisogno di visione e per questo serve la politica”. Nel suo intervento di insediamento alla presidenza del Parlamento Ue, pronunciato a Strasburgo il 3 luglio 2019 (ne riproponiamo alcuni stralci), David Sassoli affrontò alcuni temi-chiave della costruzione europea. Durante il suo mandato, che sarebbe terminato la prossima settimana, ha guidato l’istituzione comunitaria attraverso la fase pandemica, mantenendo sempre aperto e in funzione l’Europarlamento, inteso come “casa dei cittadini e della democrazia”

(Photo European Parliament)

Tutti voi capirete la mia emozione in questo momento nell’assumere la presidenza del Parlamento europeo e di essere stato scelto da voi per rappresentare l’Istituzione che più di ogni altra ha un legame diretto con i cittadini, che ha il dovere di rappresentarli e difenderli, e di ricordare sempre che la nostra libertà è figlia della giustizia che sapremo conquistare e della solidarietà che sapremo sviluppare.

Siamo immersi in trasformazioni epocali:

disoccupazione giovanile, migrazioni, cambiamenti climatici, rivoluzione digitale, nuovi equilibri mondiali, solo per citarne alcuni, che per essere governate hanno bisogno di nuove idee, del coraggio di saper coniugare grande saggezza e massimo d’audacia. Dobbiamo recuperare lo spirito di Ventotene e lo slancio pionieristico dei Padri fondatori, che seppero mettere da parte le ostilità della guerra, porre fine ai guasti del nazionalismo dandoci un progetto capace di coniugare pace, democrazia, diritti, sviluppo e uguaglianza.

Dobbiamo avere la forza di rilanciare il nostro processo di integrazione, cambiando la nostra Unione per renderla capace di rispondere in modo più forte alle esigenze dei nostri cittadini e per dare risposte vere alle loro preoccupazioni, al loro sempre più diffuso senso di smarrimento.
La difesa e la promozione dei nostri valori fondanti di libertà, dignità e solidarietà deve essere perseguita ogni giorno dentro e fuori l’Ue.

(Photo European Parliament)

Cari colleghi, pensiamo più spesso al mondo che abbiamo, alle libertà di cui godiamo… E allora diciamolo noi, visto che altri ad Est o ad Ovest, o a Sud fanno fatica a riconoscerlo, che tante cose ci fanno diversi – non migliori, semplicemente diversi – e che noi europei siamo orgogliosi delle nostre diversità. Ripetiamolo perché sia chiaro a tutti che in Europa nessun governo può uccidere, che il valore della persona e la sua dignità sono il nostro modo per misurare le nostre politiche…
… che da noi nessuno può tappare la bocca agli oppositori, che i nostri governi e le istituzioni europee che li rappresentano sono il frutto della democrazia e di libere elezioni…
… che nessuno può essere condannato per la propria fede religiosa, politica o filosofica.
… che da noi ragazze e ragazzi possono viaggiare, studiare, amare senza costrizioni,
… che nessun europeo può essere umiliato ed emarginato per il proprio orientamento sessuale,
… che nello spazio europeo, con modalità diverse, la protezione sociale è parte della nostra identità.

Il nostro modello di economia sociale di mercato va rilanciato.

(Foto Vatican Media/SIR)

Le nostre regole economiche devono saper coniugare crescita, protezione sociale e rispetto dell’ambiente. Dobbiamo dotarci di strumenti adeguati per contrastare la povertà, dare prospettive ai nostri giovani, rilanciare investimenti sostenibili, rafforzare il processo di convergenza tra le nostre regioni ed i nostri territori.
La rivoluzione digitale sta cambiano in profondità i nostri stili di vita, il nostro modo di produrre e di consumare. Abbiamo bisogno di regole che sappiano coniugare progresso tecnologico, sviluppo delle imprese e tutela dei lavoratori e delle persone.
Il cambiamento climatico ci espone a rischi enormi ormai evidenti a tutti. Servono investimenti per tecnologie pulite per rispondere ai milioni di giovani che sono scesi in piazza per ricordarci che non esiste un altro pianeta.

Dobbiamo lavorare per una sempre più forte parità di genere e un sempre maggior ruolo delle donne ai vertici della politica, dell’economia, del sociale.

L’Unione europea non è un incidente della Storia.

Io sono figlio di un uomo che a 20 anni ha combattuto contro altri europei, e di una mamma che, anche lei ventenne, ha lasciato la propria casa e ha trovato rifugio presso altre famiglie. Io so che questa è la storia anche di tante vostre famiglie… e so anche che se mettessimo in comune le nostre storie e ce le raccontassimo davanti ad un bicchiere di birra o di vino, non diremmo mai che siamo figli o nipoti di un incidente della Storia.

(Photo European Parliament)

Ma diremmo che la nostra storia è scritta sul dolore, sul sangue dei giovani britannici sterminati sulle spiagge della Normandia, sul desiderio di libertà di Sophie e Hans Scholl, sull’ansia di giustizia degli eroi del Ghetto di Varsavia, sulle primavere represse con i carri armati nei nostri paesi dell’Est, sul desiderio di fraternità che ritroviamo ogni qual volta la coscienza morale impone di non rinunciare alla propria umanità e l’obbedienza non può considerarsi virtù.
Non siamo un incidente della Storia, ma i figli e i nipoti di coloro che sono riusciti a trovare l’antidoto a quella degenerazione nazionalista che ha avvelenato la nostra storia. Se siamo europei è anche perché siamo innamorati dei nostri Paesi. Ma il nazionalismo che diventa ideologia e idolatria produce virus che stimolano istinti di superiorità e producono conflitti distruttivi.

Abbiamo bisogno di visione e per questo serve la politica.

Sono necessari partiti europei sempre più capaci di essere l’architrave della nostra democrazia. Ma dobbiamo dare loro nuovi strumenti. Quelli che abbiamo sono insufficienti. Questa legislatura dovrà rafforzare le procedure per rendere il Parlamento protagonista di una completa democrazia europea.

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