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Naufragio nel canale della Manica. Sarah Teather (Jrs-Uk): “Come siamo arrivati a non dare più nessun valore alle vite umane?”

Usa parole molto forti Sarah Teather, direttrice del “Jesuit Refugee Service” del Regno Unito, per condannare le morti, avvenute la scorsa settimana nel canale della Manica, di almeno ventisette persone: “È vergognoso quello che è successo e, se sono vere le ultime notizie, che cioè quei migranti avevano chiesto aiuto sia alle autorità britanniche che a quelle francesi e sono stati ignorati, penso proprio che questa sia una cosa tremenda. Significa che vite umane potevano essere salvate, e questo non è stato fatto perché chi era responsabile ha avuto paura delle reazioni che quel salvataggio avrebbe potuto provocare”. Teather, ex deputata di Westminster è da anni in prima linea nella difesa dei diritti dei migranti. Responsabile di un gruppo di circa cento volontari e una ventina di dipendenti a tempo pieno, con i suoi collaboratori visita regolarmente i richiedenti asilo nei centri di detenzione

(Foto ANSA/SIR)

“È vergognoso quello che è successo e, se sono vere le ultime notizie, che cioè quei migranti avevano chiesto aiuto sia alle autorità britanniche che a quelle francesi e sono stati ignorati, penso proprio che questa sia una cosa tremenda. Significa che vite umane potevano essere salvate, e questo non è stato fatto perché chi era responsabile ha avuto paura delle reazioni che quel salvataggio avrebbe potuto provocare. Credo che il governo britannico stia giocando con la vita delle persone, ma anche con la coesione sociale del nostro Paese che ha una lunga tradizione di accoglienza”.

Usa parole molto forti Sarah Teather, direttrice del “Jesuit Refugee Service” del Regno Unito, per condannare le morti, avvenute la scorsa settimana nel canale della Manica, di almeno ventisette persone. Teather, ex deputata di Westminster è da anni in prima linea nella difesa dei diritti dei migranti. Responsabile di un gruppo di circa cento volontari e una ventina di dipendenti a tempo pieno, con i suoi collaboratori visita regolarmente i richiedenti asilo nei centri di detenzione.

“Il clima politico è cambiato negli ultimi cinque anni – sottolinea –, c’è molta più ostilità nei confronti degli stranieri, molta più xenofobia. Si considerano i migranti come opportunisti che cercano di sfruttare il sistema anziché persone che hanno bisogno di aiuto. È chiaro che in questo caso, la paura di accogliere queste persone è più forte del desiderio di salvare le loro vite, una situazione deprimente.

Come siamo arrivati a non dare più nessun valore alle vite umane?”.

In questo momento il Regno Unito accoglie migranti e rifugiati politici?
Le richieste di asilo sono al punto più basso della nostra storia recente. Nel 2002 le persone richiedenti asilo erano 84.102 mentre a marzo 2020 sono state 26.903. Il numero è andato diminuendo in modo costante. Circa il 40% delle sentenze con le quali si rifiuta l’asilo vengono capovolte in sede di appello, perché il processo di decisione è gestito male e nei confronti dei migranti avanza sempre di più la cultura del sospetto. Ci tengo a sottolineare però che la politica del governo non riflette l’atteggiamento della gente comune. Il numero di parrocchie cristiane del Regno Unito disponibili ad accogliere rifugiati, come parte del programma avviato dal governo nel 2015, è superiore al numero di persone in cerca di asilo.

Può parlare del lavoro di accoglienza che fate?
Noi lavoriamo con gli ultimi degli ultimi della migrazione, persone senza mezzi, rese poverissime dal processo di accoglienza britannico. Sono migranti rinchiusi nei centri di detenzione e anche ospiti di “Napier Barracks”, un ex caserma nel Kent, riadattata come centro di accoglienza dei richiedenti asilo. È un posto tristissimo, che visito regolarmente, noto per le condizioni tremende nelle quali vivono i suoi ospiti. Qui i migranti, moltissimi dei quali sono stati colpiti dal Covid, vengono stipati in dormitoi freddissimi, con pochissimi vestiti. Chi sbarca in Gran Bretagna su imbarcazioni di fortuna viene spostato rapidamente dai centri di detenzione agli hotel oppure a luoghi come “Napier Barracks”. Ma la cosa più triste è che ad ogni passaggio, per queste persone viene frustrata la possibilità non solo di far valere i propri diritti attraverso il sistema legale ma anche di essere assistite dal punto di vista sanitario. Una mancanza grave perché spesso si tratta di vittime di tortura.

Riuscite ad aiutarli?
Incontriamo i richiedenti asilo nella fase legale che però ancora non riconosce loro lo status di rifugiati e quindi impossibilitati ad accedere e ricevere sussidi. Garantiamo loro assistenza legale affinché ottengano le sovvenzioni cui hanno diritto. Nel frattempo, li aiutiamo con cibo, cure e vestiti oppure trovando loro un tetto presso famiglie, persone singole o parrocchie. Accompagniamo quindi queste persone cercando da una parte di non farle sentire sole, dall’altra coinvolgendole in attività che diminuiscano il loro isolamento.

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