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Né tacchini né benzina, Brexit mette a rischio il Natale degli inglesi

L'isolamento del Regno Unito dall'Europa comincia a farsi sentire nella vita quotidiana dei sudditi di Elisabetta. Mancano lavoratori nelle campagne, le esportazioni sono a rischio e il Covid peggiora la situazione. Catherine Gegout, docente di politica estera dell’Unione europea all’università di Nottingham, denuncia una “congiura del silenzio sugli svantaggi della Brexit"

(Foto ANSA/SIR)

C’è un grande punto di domanda nel menu del prossimo Natale di inglesi, scozzesi e gallesi. Ci saranno quei broccoli bolliti, uno degli ingredienti fondamentali della “Christmas dinner” se mancano i lavoratori europei disposti a raccoglierli mentre la produzione potrebbe essere, nel frattempo, trasferita in Spagna? Anche il tacchino arrosto, quello che ogni famiglia mangia a Natale, quest’anno è in sospeso. “Polonia e Francia assicurano i tacchini per il menu del pranzo di Natale”, titola il “Financial Times”, che spiega come i contadini britannici ne hanno dovuti allevare un milione in meno, un quinto di tutta la produzione dei famosi volatili, perché non c’era chi venisse dall’est europeo, pagato poche sterline, per accudire gli animali.

Maiali e salsicce a rischio. “Di solito garantiamo noi tutti i tacchini per Natale, ma quest’anno dovremo importarli da Polonia e Francia”, spiega Paul Kelly, un allevatore di tacchini. Il governo è corso ai ripari garantendo 5.500 visti straordinari per l’avicoltura ma Richard Griffiths, direttore dell’associazione che rappresenta chi fa parte di questo settore economico spiega che i tempi per fare domanda e consentire ai lavoratori europei di arrivare non ci sono. “Sempre che, in Europa, siano interessati a venire”, aggiunge. A Natale si mangiano anche “pigs in blanket”, piccole salsicce avvolte da pancette, e “gammon”, il prosciutto cotto, ma nei mattatoi il personale è calato del 15% e ci sono 120mila maiali che potrebbero essere uccisi inutilmente senza che la loro carne venga utilizzata. Seicento sono già stati abbattuti tra le proteste dei contadini.

Poca benzina, scaffali vuoti. Hanno dei dubbi sui vantaggi della Brexit i cittadini britannici in coda per la benzina che scarseggia, con gli scaffali dei supermercati semivuoti e un grande punto di domanda sul menu del prossimo Natale? Per non parlare dei disguidi al confine nordirlandese e della difficoltà a viaggiare in Europa dove, chi viene dal Regno Unito e non è in possesso del Green Pass, deve dimostrare di essere vaccinato e che quell’iniezione è tra i sieri riconosciuti dalla Ue.

Male, anzi malissimo. “Solo il 4% dei cittadini britannici pensa che la Brexit sia stata un successo”. Con questo titolo il quotidiano “Independent” spiega che, secondo un recente sondaggio della ditta “Yougov”, il 53% degli intervistati pensa che l’uscita dalla Ue sia stata un disastro, con un 21% convinti che il periodo post Brexit “sia andato piuttosto male” e un altro 32% che ritiene che “sia andato malissimo”. Gli altri partecipanti hanno risposto di non essere sicuri dell’impatto sulla loro vita.

La congiura del silenzio. “Purtroppo non è cambiato nulla dal referendum del 23 giugno 2016 nel quale il 52% dei britannici ha votato per lasciare la Ue”, commenta la professoressa Catherine Gegout, docente di politica estera dell’Unione europea all’università di Nottingham; “esiste una specie di congiura del silenzio sugli svantaggi della Brexit. Neppure un quotidiano progressista come il “Guardian” ha il coraggio di dire chiaramente che sarebbe un vantaggio per la Gran Bretagna rientrare in Europa né questa battaglia viene sostenuta dal Partito laburista. Per non parlare dei tanti tabloid vicini al partito conservatore che celebrano ancora la sovranità nazionale britannica riconquistata”.

Di male in peggio? L’esperta spiega come i suoi studenti del primo anno non sappiano nulla sull’Unione europea mentre “cinque anni fa, prima del referendum, avevano una conoscenza, per quanto limitata, delle istituzioni europee”. Il motivo? “Gli insegnanti delle scuole medie e superiori, già in difficoltà a trovare tempo per tutte le altre materie, hanno deciso di ignorare l’Europa. Dobbiamo solo sperare che l’inverno che ci aspetta, che si preannuncia pieno di disagi, faccia salire la percentuale di coloro che sono convinti che l’uscita dalla Ue sia stata uno sbaglio. Se poi, come sembra, il premier Boris Johnson invocherà l’articolo 16 del protocollo nordirlandese, firmato con la Ue, che gli consente di fare marcia indietro sul confine avviato tra l’Irlanda del Nord e Regno Unito, l’Unione europea sarà costretta a introdurre tariffe commerciali sulle merci britanniche che potrebbero rendere difficile per la Gran Bretagna esportare nel mercato europeo, che rappresenta il 50% di tutto l’export del Regno Unito. Gli effetti negativi della Brexit sulla vita dei britannici sono destinati ad aumentare”.

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