Trasparenza nella acquisizione e distribuzione dei vaccini in tutti i Paesi dell’Unione. Attenzione agli interessi di tutti, “senza classismi ed esclusioni”, considerazione verso le fasce più deboli e i Paesi più poveri del mondo, in particolare dell’Africa. “C’è una responsabilità internazionale da cui non si può sfuggire”. È quanto chiedono in una Dichiarazione congiunta i vescovi dell’Ue e la Caritas Europa all’Unione europea in questa delicata fase di vaccinazione e a spiegarlo al Sir, è mons. mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina e vicepresidente della Commissione delle conferenze episcopali della Comunità europea (Comece). “La fase che stiamo attraversando – dice il vescovo – ha nei vaccini contro il Coronavirus un motivo di drammatica attualità in vista del superamento della pandemia. Questa consapevolezza richiede prese di posizione aperte e collaborazione tra quanti possiedono intelligenza e idealità da mettere in campo”. Comece e Caritas Europa chiedono all’Unione europea di promuovere una vaccinazione su vasta scala non solo per la sicurezza e la protezione dell’Europa, ma anche per la salute pubblica globale come bene pubblico, a vantaggio anche e soprattutto delle persone che vivono nelle nazioni più povere del mondo. “Garantire l’accesso ai vaccini per tutti”, si legge nel testo, “è un’urgenza morale globale”. “La Comece – spiega il vescovo Crociata – avverte da tempo, nello sforzo di svolgere appieno il suo compito istituzionale, l’esigenza di allargare l’orizzonte delle iniziative di collaborazione. Caritas Europa ha nella sua mission un’attenzione specifica alle fasce più deboli delle popolazioni europee, alla ricerca di una società più equa e giusta, che ci sta profondamente a cuore”.
I cittadini si sentono spesso tagliati fuori dai grandi accordi, ancor più quando vengono stipulati dalle istituzioni dell’Ue e dalle grandi aziende farmaceutiche. Voi, come rappresentanti della Chiesa cattolica in Europa, cosa chiedete?
Come sottolinea la Dichiarazione congiunta, i vescovi dell’Ue e Caritas Europa sentono la necessità di invitare a vigilare, perché in questa fase delicata di distribuzione dei vaccini non intervengano fattori di disturbo nel rapporto tra aziende farmaceutiche e istituzioni sanitarie, e tra organismi sanitari e la popolazione. Insieme alla fiducia nelle istituzioni europee preposte, è comprensibile che la massa di notizie, a volte distorte, scaricata sull’opinione pubblica, possa alimentare sospetti ingiustificato o ingigantiti. C’è bisogno di un percorso trasparente di acquisizione e distribuzione dei vaccini in tutti i Paesi dell’Unione. E, in tale percorso, una considerazione attenta degli interessi di tutti, senza classismi ed esclusioni, ma anzi con la dovuta considerazione verso le fasce più deboli.
Quanto è forte il rischio di un mondo ancor più diviso in due, tra paesi ricchi e poveri, dopo la pandemia? Voi nel testo parlate di un “vaccine nationalism”? Cosa è? È ancora pensabile oggi salvarsi da soli?
È forte la tentazione di lasciarsi condizionare da malintesi interessi nazionali nella acquisizione e nella distribuzione dei vaccini, e qualche segnale agli inizi ha suscitato timori. Quella in corso è la fase più insidiosa, perché le campagne di vaccinazione avviate non sono state ancora completate, e dunque è sempre possibile che interferenze di vario genere possano vedere qualcuno lasciato indietro. La questione vaccini è molto di più di una questione di tecnica medica, poiché è diventata prettamente politica, dal momento che ancora una volta, di fronte a questa prova, l’Unione europea è chiamata a dimostrare di essere all’altezza delle attese della sua missione storica, che vuole i Paesi uniti e concordi nell’affrontare un nemico comune. Fa parte di questa missione non dimenticare i Paesi poveri o in via di sviluppo, soprattutto dell’Africa, rispetto ai quali l’Unione non si può chiudere e pretendere di isolarsi. C’è una responsabilità internazionale da cui non si può sfuggire.
Il 2021 è l’anno del vaccino ma molti sono i dubbi. Ci sono vari tipi di vaccini. Aumentano le varianti. Non si sa quanto potranno essere adatti gli attuali vaccini. A parte le risposte della scienza, quale l’atteggiamento che occorre avere di fronte alle incognite e alle sfide?
Ci vuole una base di fiducia vigile verso le istituzioni comunitarie e la comunità scientifica. Vigile, perché le insidie sono di vario genere e possono sempre insorgere. Ma la fiducia non deve venir meno, e con essa un giudizio pacato e un atteggiamento sereno e costruttivo. Tutto va bene, tranne che provocare o alimentare il panico. Piuttosto, per essere all’altezza del suo ruolo storico e geopolitico, l’Unione europea non deve smarrire la coscienza della sua responsabilità mondiale. Sia attraverso l’intervento diretto con la distribuzione del vaccino, sia mediante un ruolo di moderazione e di azione diplomatica, l’Unione europea si deve fare carico, insieme a quello in primo luogo dei propri popoli, del destino dei popoli più deboli e minacciati dalla pandemia. I Paesi più ricchi e sviluppati hanno la possibilità di sostenere una battaglia contro il virus vincente in tutto il globo. Del resto, in un mondo globalizzato, se non viene sconfitto dappertutto, tutti si rimane in qualche modo minacciati. È in gioco una coscienza europea all’altezza della sua responsabilità storica.