I romeni sono stati chiamati, domenica scorsa, alle urne per eleggere un nuovo parlamento, Dopo la chiusura dei seggi si fanno i conti non solo delle schede, ma anche con la scarsa partecipazione al voto, che secondo alcuni osservatori mette in discussione il grado di rappresentanza di un parlamento eletto dal 32% dell’elettorato. Nel Paese si discute inoltre dell’apparizione sulla scena politica di un partito che si dichiara cristiano ma considerato estremista, del desiderio del presidente romeno Klaus Iohannis di formare un governo di coalizione di centrodestra, nonostante le rivendicazioni del centrosinistra che ha ottenuto una pur fragile maggioranza.
La lezione dell’elettorato. A poco più di due mesi di distanza dalle elezioni locali, del settembre scorso, quando più del 45% dei romeni aveva espresso il proprio voto, le elezioni per il parlamento hanno registrato un record negativo. La pandemia e le condizioni climatiche invernali hanno contribuito a scoraggiare alcuni elettori, ma il presidente romeno vede nella scarsa partecipazione una lezione dell’elettorato: “è molto chiaro – ha dichiarato Klaus Iohannis all’indomani delle elezioni – che ci sono tanti romeni che non hanno avuto sufficienti informazioni, romeni che sono scontenti di me, dei partiti e della classe politica, di alcune misure prese”. Infatti, tre province romene, molto afflitte dalle misure prese dal governo per gestire la pandemia – Suceava, Iași e Prahova – hanno cambiato il colore politico in due mesi, passando dal centrodestra al centrosinistra. Il fatto, poi, che quasi la metà delle schede con i voti per corrispondenza non siano più arrivate a destinazione, ha sollevato qualche domanda sulla correttezza del processo elettorale. In più, la campagna elettorale è stata modesta, a causa della pandemia, e questa volta anche le Chiese sono rimaste in silenzio: se negli anni passati la Chiesa ortodossa romena e la Chiesa cattolica incoraggiavano la partecipazione al voto, questo messaggio è stato ricordato stavolta solo da alcuni vescovi cattolici, in particolare quelli delle diocesi latine di lingua ungherese.
Il “partito sorpresa”. Anche se la scarsa partecipazione al voto è stata piuttosto inaspettata, la vera sorpresa di queste elezioni è l’arrivo in parlamento di un partito fondato nel dicembre 2019: si tratta dell’Alleanza per l’unione dei romeni (Aur). Ignorato dai mass-media durante la campagna elettorale, il “partito-sorpresa”, come è stato chiamato subito dopo i primi sondaggi elettorali, ha sorpassato altri partiti da tempo presenti sulla scena politica, ottenendo circa il 9% dei voti (oltre il 20% dei voti espressi dai romeni all’estero, in particolare quelli residenti in Italia e Spagna). Dichiaratosi cristiano e conservatore, e fondato su quattro pilastri – famiglia, patria, fede e libertà –, Aur è ora inserito dai media romeni tra i partiti di estrema-destra, per alcuni discorsi – considerati nazionalisti, anti europei, omofobi e intolleranti – dei suoi leader. Vari esponenti del partito provengono dalla Coalizione per la famiglia, il movimento che aveva promosso il referendum del 2018 per la modifica della definizione della famiglia nella costituzione romena, poi bocciato dall’elettorato. “Siamo i difensori della Chiesa”, ha dichiarato domenica, dopo la chiusura dei seggi, Claudiu Tarziu, co-presidente del partito ed ex-giornalista vicino alla Chiesa ortodossa romena. “Siamo quelli che lottano per la Romania grande”, cioè per l’unificazione della Repubblica Moldova con la Romania. “Siamo l’unico partito che si è espresso a sostegno di Donald Trump. Siamo con i sovranisti, non con i globalisti”, ha aggiunto. “Vedremo cosa faranno”, ha dichiarato al Sir mons. Aurel Perca, arcivescovo romano-cattolico di Bucarest, il quale ha ammesso di aver sentito parlare di Aur solo pochi giorni prima delle elezioni. “Se hanno principi sani per quello che concerne la famiglia e la morale, in genere, sarà di buon augurio e porterà un equilibrio, contrapponendosi agli scivoloni degli altri partiti i quali, a volte, si dimenticano dei principi morali”.
I cattolici in politica. Nonostante la Romania sia un Paese a maggioranza ortodossa, ci sono sempre più cattolici che si impegnano attivamente nella vita sociale del Paese, sia nell’amministrazione locale, sia nella politica nazionale. “Sono contento – ha ancora dichiarato al Sir l’arcivescovo Perca – perché ci sono alcuni cattolici che si sono fatti avanti: abbiamo anche un ministro nell’attuale governo”; ci sono poi, “in queste elezioni, rappresentanti al Senato o alla Camera dei deputati. Personalmente, soprattutto quando ho avuto l’occasione di incontrare l’Azione cattolica, ho incoraggiato i cattolici perché, oltre alla formazione che la Chiesa offre nell’ambito della dottrina sociale, abbiano il coraggio di impegnarsi di più anche nella politica. Speriamo che siano sempre di più, anche nel parlamento, e che abbiano il coraggio di prendere posizione quando si tratta di questioni che riguardano la Chiesa”.
Dopo le elezioni. Con il 96% dei voti scrutinati, si può già dire che il parlamento romeno sarà formato da cinque formazioni politiche: il Partito socialdemocratico (Psd), di centrosinistra, con circa il 29% dei suffragi; il Partito nazionale liberale (Pnl), di centrodestra, con il 25%; l’Alleanza tra l’Unione salvate la Romania e il Partito della libertà, dell’unità e della solidarietà (Usr di centrosinistra, Plus di centro), con circa il 15% de voti; l’Alleanza per l’unione dei romeni (Aur), con circa 9% delle preferenze; e l’Unione democratica magiara di Romania (Udmr), di centrodestra, con il 6%. Il primo ministro della Romania, leader del Pnl, ha rassegnato le dimissioni lunedì sera e il presidente Klaus Iohannis ha nominato premier ad interim il ministro della difesa, il generale Nicolae Ciuca. In una dichiarazione dello stesso giorno, il presidente romeno ha espresso il desiderio di avere un governo di centrodestra, anche se i socialdemocratici rivendicano la guida e la formazione del nuovo governo.
Negoziati e pandemia… Le trattative tra i rappresentanti dei partiti e il presidente Iohannis inizieranno la settimana prossima, e un nuovo governo sarà formato dopo il 21 dicembre. Intanto si avvicina il Natale, e alcune comunità religiose, che si trovano in località in quarantena a causa della pandemia, sono obbligate dalle autorità locali a celebrare all’aria aperta, anche se in Romania è già arrivato l’inverno, con neve e temperature sotto zero. Il lockdown parziale sarà prolungato e da gennaio il nuovo parlamento dovrà organizzare la campagna di vaccinazione contro il Covid-19 e fronteggiare la crisi economica e sociale causata dalla pandemia.