“Abbiamo parlato dei temi ordinari della Comece e naturalmente il discorso è andato subito alla situazione di Lesbo. Il Papa ne è molto preoccupato”. Prima di ripartire da Roma per il Lussemburgo, il cardinale Jean-Claude Hollerich, presidente della Commissione degli episcopati dell’Unione europea, accetta di parlare con il Sir dell’incontro che ha avuto la scorsa settimana con Papa Francesco, nei giorni in cui da Lesbo arrivavano le terribili notizie dell’incendio scoppiato nel campo profughi di Moira. Il cardinale Hollerich fu inviato a Lesbo lo scorso anno da Papa Francesco insieme al cardinale Konrad Krajewski, per visitare i campi profughi di Moria e Kara Tepe. “Abbiamo parlato con la gente, siamo entrati nelle loro tende. Quello che mi ha colpito di più è la mancanza assoluta di speranza nelle persone”, ricorda il cardinale. “In questi anni, abbiamo pronunciato bellissime parole sui diritti umani e sui valori europei. C’è gente che ha creduto in quello che stavamo dicendo. Ma arrivati lì, ai confini con l’Europa, si sono accorti che quello che fino ad oggi abbiamo detto, erano solo bugie. Facciamo attenzione anche quando parliamo di identità cristiana dell’Europa perché non posso andare in Chiesa, pregare Dio e, sapendo che c’è gente che muore e soffre, non fare niente. Non è possibile”.
Lesbo è un chiaro esempio che dice all’Europa che la strada degli hotspot non è più praticabile. Quale soluzione intravedete come vescovi europei?
Sarei contentissimo se le Conferenze episcopali dell’Europa potessero parlare con i loro governi e dire ai responsabili politici che la Chiesa si aspetta una accoglienza. Dopo il gigantesco incendio nel campo profughi di Moria, Francia e Germania hanno annunciato la disponibilità ad accogliere la maggior parte dei 400 minori non accompagnati che l’Ue si è detta pronta ad accettare. Ma non basta. È una cifra che fa quasi ridere.
Il problema è molto più complesso e se non lo risolviamo adesso, avremo tragedie ancora più grandi.
E quindi? Quale appello stanno gridando all’Europa le persone bloccate nei campi profughi dalla Libia a Lesbo e Lampedusa?
Aprite le porte. Se non apriamo le porte ai profughi, chiudiamo anche le porte a Cristo. Se vogliamo aprire le porte a Cristo, dobbiamo anche aprire le porte ai profughi. La Comunità di Sant’Egidio, con i corridoi umanitari, ci ha mostrato come fare. Anche l’Italia ci ha dato l’esempio di saper reagire in maniera molto più cristiana rispetto agli altri Paesi.
Come mai i ricchi Paesi del Nord non fanno niente o quasi niente?
Manca in Europa un riferimento al cristianesimo e all’umanesimo.
Lei, prima, ha detto che con Papa Francesco avete parlato dei temi che sono al centro dell’interesse della Comece. Che idea ha dell’Europa il Santo Padre?
Credo che per lui l’Europa sia l’ultima garanzia di un multilateralismo che garantisce un po’ più di pace e di giustizia. Con questo non dico che tutto quello che fa l’Unione è buono. Dico che senza l’Unione europea sarebbe peggio, e non soltanto per l’Europa ma per il resto del mondo. Immaginiamo se non ci fosse l’Unione europea: mancherebbe un punto di equilibrio tra le grandi super potenze, Russia, Cina e Stati Uniti. Il mondo ha bisogno dell’Unione europea. Penso che il Papa veda questo. Ed è molto preoccupato.
Proseguono, a forza di round, le trattative tra il governo britannico e l’Ue per gli accordi commerciali post-Brexit. Come vescovi europei, cosa chiedete?
E’ molto importante che la fratellanza tra i cittadini dell’United Kingdom e i cittadini dell’Unione europea sia più forte di tutto quello che può separarci dal punto di vista politico. Vorrei fare appello ai politici di agire in modo che questa fratellanza possa rimanere nell’avvenire.
Eminenza, lunedì 14 settembre in Italia ricominciano le scuole. In Europa la campanella è già suonata da tempo. Sarà un inizio difficile per tutti a causa della paura dell’epidemia. Cosa vorrebbe dire ai ragazzi?
Il mio augurio è che possano vivere in pienezza. La vita è sempre bella anche quando è difficile. Ci troviamo in un momento particolare che chiede sacrifici. Si dovranno portare le mascherine, ci saranno regole che andranno rispettate, non si potranno incontrare sempre e tutti gli amici insieme.
Ma la vita è comunque bella. E il futuro è loro.
Vorrei dire che Dio li ama e questo amore di Dio, se scoperto, è la cosa più importante nella vita, perché quando i punti di riferimento non ci sono più, quando vengono meno le gioie e le soddisfazioni, c’è sempre l’amore di Dio che ci accompagna.
L’Italia è stata scossa dalla tragedia di un ragazzo massacrato e ucciso di botte alla periferia di Roma.
Odiano perché pensano che per resistere si debba odiare. È la loro esperienza di vita. Noi dobbiamo far capire invece che non è vero. Che la criminalità distrugge il loro stesso avvenire.
Bisogna dire: basta! Dire con forza: no, questa non è la strada.
È vero, ci troviamo di fronte a nuove forme di barbarie. Per questo, ai giovani della mia diocesi ho provato a parlare di virtù. Può sembrare una parola di un’altra epoca ma per essere felici bisogna saper scegliere il bene e farlo con tutto il cuore. L’odio porta sempre alla morte e non soltanto alla morte dell’altro ma anche alla morte di se stessi. Ma questo è un discorso che ci chiama dentro tutti. Abbiamo consegnato ai nostri giovani un mondo dove l’economia ha preso tutto lo spazio. Chi è rimasto ai margini dello sviluppo economico, non vede più senso alla loro vita e a quello che fanno. Bisogna quindi dire basta anche a quelli che mettono al centro del loro pensiero e del loro agire soltanto il profitto economico e non la persona umana.