Il mondo ortodosso reagisce duramente alla decisione di trasformare la basilica di Santa Sofia di Istanbul in moschea. A dare l’annuncio ieri è stato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan dopo la decisione del Consiglio di Stato turco di annullare lo status di museo della basilica. Nel decreto, firmato da Erdogan e diffuso sul suo profilo Twitter, si legge: “È stato deciso che Santa Sofia sarà posta sotto l’amministrazione della Diyanet” (l’autorità statale per gli affari religiosi, che gestisce le moschee della Turchia), “e sarà riaperta alla preghiera” islamica a partire da venerdì 24 luglio. Il Consiglio di Stato turco ha annullato il decreto del 24 novembre 1934 dell’allora presidente Mustafa Kemal Ataturk che trasformava Santa Sofia in un museo. La decisione è stata presa all’unanimità, accogliendo il ricorso presentato nel 2016 da un piccolo gruppo islamista locale, l’Associazione per la protezione dei monumenti storici e dell’ambiente.
Immediate e durissime le reazioni del mondo ortodosso. Il primo a scendere in campo è il Patriarcato di Mosca. “Speravamo che le autorità turche avrebbero riconsiderato questa decisione ma con grande rammarico e con grande dolore apprendiamo che è stata presa”, dice il metropolita Hilarion, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, commentando la notizia in una intervista a “Russia 24”. La trasformazione di Santa Sofia in moschea “è un duro colpo per l’ortodossia mondiale, perché per i cristiani ortodossi di tutto il mondo, la chiesa di Santa Sofia assume lo stesso valore che per i cattolici ha” la basilica “di San Pietro a Roma. Questo tempio fu costruito nel VI secolo ed è dedicato a Cristo Salvatore e per noi rimane un tempio dedicato al Salvatore”. “Penso – prosegue il numero due della Chiesa ortodossa russa – che la decisione presa influenzerà sicuramente le relazioni di questo Paese con il mondo cristiano. Più di una volta, anche negli ultimi giorni, abbiamo sentito le voci dei leader cristiani che hanno invitato le autorità turche a fermarsi”. In campo era sceso personalmente anche il patriarca di Mosca Kirill che, in un comunicato pubblicato il 6 luglio, aveva espresso preoccupazione per la sorte di “uno dei più grandi capolavori della cultura cristiana”. Istanbul è sede del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Nel comunicato, il patriarca russo ricorda come anche recentemente ci siano stati periodi “a volte piuttosto difficili nella storia delle relazioni tra Russia e Costantinopoli”. Ma poi aggiunge: “Tuttavia, con amarezza e indignazione, il popolo russo ha risposto in passato e ora risponde a qualsiasi tentativo di degradare o calpestare l’eredità spirituale millenaria della Chiesa di Costantinopoli”.
Le Chiese ortodosse si stringono in difesa del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Bartolomeo aveva infatti preso una posizione molto netta ed inedita contro il progetto di trasformare Hagia Sophia in moschea e in un comunicato del 1° luglio aveva lanciato un appello: “La conversione di Santa Sofia in moschea deluderebbe milioni di cristiani nel mondo”, aveva detto scongiurando la deriva di trasformare nel XXI secolo Santa Sofia in “una causa di confronto e conflitto”. Da Cipro, secondo quanto riporta il sito di informazione ortodossa “Orthodox Times”, l’arcivescovo Chysostomos dice di non voler contattare il patriarca ecumenico perché “i turchi stanno monitorando i nostri telefoni”. Chysostomos si dice preoccupato perché “il patriarca ecumenico vive in Turchia e sappiamo benissimo che ogni piccolo respiro che fa infastidisce i turchi. Dobbiamo proteggere il patriarca ecumenico e non metterlo in difficoltà. La situazione è delicata”. Scende in campo anche il Patriarcato georgiano. In un momento in cui “l’umanità deve affrontare molte sfide globali, è molto importante mantenere e rafforzare i buoni rapporti tra cristiani e musulmani”, si legge in un comunicato. Il patriarca Daniel, capo della Chiesa ortodossa di Romania, ha invece inviato una lettera al patriarca ecumenico Bartolomeo, per esprimere sostegno e ribadire “la sua solidarietà a tutti coloro che difendono questo simbolo della Chiesa universale”.
Durissime anche le prese di posizione dei governi greci e ciprioti rispetto alla decisione della Turchia. Il ministro degli esteri di Cipro, Nikos Christodoulidis, sottolinea in un tweet “la crescente e flagrante violazione della Turchia dei suoi obblighi internazionali” con la modifica della designazione di Hagia Sophia, “un sito del patrimonio mondiale e un simbolo universale della fede ortodossa”. Il ministro degli Esteri greco, Nikos Dendias, ha invece annunciato sempre su Twitter: “Ho informato i miei colleghi della decisione provocatoria della Turchia – contro il patrimonio culturale mondiale e l’Unesco – di annullare il decreto di Kemal Ataturk del 1934 per la protezione di Hagia Sophia”.