Il programma della presidenza tedesca del Consiglio dell’Unione europea – illustrato l’8 luglio dalla cancelliera Angela Merkel all’Eurocamera – piace alle Chiese, che lo definiscono “ambizioso e lungimirante” perché guarda “allo sviluppo di una Ue forte, innovativa, giusta e sostenibile, basata e in linea con i suoi valori e principi comuni” e così “promuove il bene comune”. Questo apprezzamento si trova in un documento che la Commissione degli episcopati dell’Ue (Comece) la Conferenza delle Chiese europee (Cec) hanno preparato per “condividere in uno spirito ecumenico e cristiano, alcune riflessioni tematiche e proposte” riguardo le priorità che la Germania ha espresso nel suo programma.
“Bisogno di relazioni umane”. Il documento Comece-Cec è stato consegnato il 7 luglio all’ambasciatore tedesco presso l’Ue Michale Klauss, e sarà la base dell’incontro che si terrà a Berlino il 27 ottobre prossimo tra i rappresentanti delle Chiese e Michael Roth, ministro federale per gli affari europei. “L’esperienza sconvolgente della pandemia ha mostrato a noi europei che non siamo individui isolati, ma persone che hanno bisogno di relazioni umane e di vivere insieme, consapevoli di essere tutti interconnessi”. E quindi, per poter immaginare un futuro per l’Europa è necessario adesso “rivitalizzare il nostro senso di solidarietà”, termine chiave che nel documento torna 17 volte, applicato a tutti gli argomenti affrontati.
Rispondere alla pandemia. Riguardo alla priorità numero uno, cioè rispondere alla crisi generata dalla pandemia, al di là delle questioni economiche, la posta in gioco sarà non “capitolare alla paura, al nazionalismo estremo e agli interessi populisti miopi”. Il piano di rilancio proposto – dicono le Chiese – “stabilisce una chiara prospettiva per un’Europa che ha l’obiettivo di unirsi, sulla base della solidarietà”. L’indicazione però è: “prestare particolare attenzione alla protezione dei più vulnerabili nelle nostre società europee”. Tra le raccomandazioni: che si lavori intensamente “sullo sviluppo di attività europee di ricerca e innovazione relative alle politiche in materia di salute”.
Trasformazione digitale, pro e contro. Sulla seconda priorità della presidenza tedesca, “un’Europa più forte e innovativa”, le Chiese richiamano la necessità che la trasformazione digitale sia “lungimirante e basata sui valori comuni”, in particolare per quel che riguarda gli sviluppi e le applicazioni della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale, radicate “in una profonda responsabilità etica”. Attenzione: “la sempre crescente digitalizzazione di tutte le aree della vita pone anche grandi sfide” che investono questioni di libertà, dignità umana, giustizia sociale.
“Gli algoritmi non sono imparziali”
scrivono le Chiese che chiedono un dialogo a tutto campo, che comprenda la società civile e le Chiese stesse, soprattutto là dove sono in questione temi antropologici fondamentali. Tra le raccomandazioni: “prevenire frammentazioni dello sviluppo dell’intelligenza artificiale negli Stati membri”, “considerare le preoccupazioni, l’ansia e disagio per una parte crescente della popolazione che teme di essere esclusa dai sempre più rapidi cambiamenti digitali in futuro”.
Promuovere la coesione sociale. La terza priorità, “un’Europa giusta”, vede le Chiese al fianco della Germania nel desiderio di “promuovere la coesione sociale, la sicurezza e la solidarietà”. “Chiavi” per l’implementazione di questo obiettivo sono “la giustizia sociale, la giustizia ecologica e la giustizia contributiva”. Quindi serve un bilancio Ue “allineato alle priorità politiche e ai valori dell’Ue”. Importante strumento democratico sarà la “Conferenza sul futuro dell’Europa”, verso la quale fin da ora le Chiese si dichiarano desiderose di “contribuire e partecipare in modo costruttivo e attivo”. Ma chiedono alla presidenza tedesca, tra le raccomandazioni politiche, “di integrare esplicitamente le Chiese come stakeholder specifiche e distinte”. Altra richiesta: “tradurre i principi del pilastro europeo dei diritti sociali in iniziative politiche concrete, concentrandosi in particolare sulla povertà infantile e lavorativa mediante approcci europei comuni”.
Europa “green” e sostenibile. Quanto alla quarta priorità, “un’Europa sostenibile”, bene il Green Deal, articolano le Chiese, e il criterio della sostenibilità come elemento cardine della ripresa, nella convinzione che “gli sforzi per superare gli impatti della pandemia Covid-19 non debbano essere modellati secondo le linee guida miranti a tornare alle abitudini produttive dannose per l’ambiente e ai livelli di consumo eccessivo di prima”. Ora è il momento di “correggere il più possibile gli errori del passato”. Per questo si indica, tra le raccomandazioni politiche, anche di “analizzare” ciò che la pandemia ha insegnato, riducendo drasticamente le emissioni di anidride carbonica a seguito della riduzione dei viaggi, avviando nuovi modi di lavorare a distanza e le riunioni online.
Sicurezza, valori comuni. Molta attenzione dedicano le Chiese alla quinta priorità “un’Europa della sicurezza e di valori comuni”: il loro plauso va a iniziative quali il piano d’azione Ue per i diritti umani e la democrazia o la prima relazione annuale della Commissione europea sullo stato di diritto in ciascuno Stato membro, o il vincolare i finanziamenti Ue al rispetto dello stato di diritto.
Il documento si sofferma su temi quali la lotta alla disinformazione, la lotta contro “ogni forma di discriminazione e di razzismo” e la migrazione.
“Grandi speranze” hanno le Chiese rispetto alla definizione di una politica comune in ambito di asilo e migrazioni. Tra le richieste, “che molte di quelle 30mila persone che avrebbero dovuto essere reinsediate nell’Ue nel 2020 (come promesso al Global Refugee Forum di dicembre 2019) possano ancora arrivare negli Stati membri dell’Unione nella seconda metà del 2020”.
Partenariato con l’Africa. Riguardo l’ultima priorità, la numero sei, “Ue in grado di agire per un ordine internazionale basato su regole e sul partenariato”, le Chiese insistono in particolare sul fatto che “si approfondisca la cooperazione con l’Africa, adottando un’agenda europea-africana centrata sulle persone”. E lanciano un segnale d’allarme per le comunità religiose che nel mondo sono perseguitate: la libertà di credo “non è solo un diritto umano, ma una dimensione strategica per la libertà democratica e la promozione della pace sociale, della giustizia e della riconciliazione” e occorre un meccanismo per rafforzarla al di fuori dell’Ue. Tra le richieste politiche: una legislazione vincolante di “due diligence” per le imprese; misure efficaci contro il commercio illecito di armi leggere e di piccolo calibro; la creazione di un indice di sicurezza umana per monitorare i progressi nella costruzione di una pace sostenibile.