Hanno partecipato alla messa trasmessa online durante il lockdown, ma la maggioranza preferisce l’esperienza diretta, in presenza, rispetto a quella “tecnologica”. Infatti pensano che i vescovi abbiano fatto bene a insistere con il governo per la riapertura delle chiese. Comunque l’isolamento li ha fatti sentire “più vicini a Dio”. I due terzi hanno smesso di sostenere economicamente la Chiesa e non hanno preso in considerazione quale impatto questo avrà sulla ripresa della vita liturgica e pastorale. Sono i cattolici inglesi nel tempo del coronavirus secondo una ricerca condotta dal professor Francis Davis, Università di Birmingham e Oxford, svolta in collaborazione con “Catholic Voices”, gruppo di esperti cattolici che promuovono, nei media britannici, il punto di vista della Chiesa. “Abbiamo voluto vedere quale impatto la crisi da coronavirus abbia avuto sui fedeli di Inghilterra e Galles e i loro pastori”, spiega Davis al Sir. “I risultati sono il frutto di 1.200 risposte a una serie di domande che abbiamo ottenuto online. Si tratta di un questionario, diffuso nelle parrocchie e disponibile su internet, che rimarrà aperto fino alla fine di giugno”.
Durante la “quarantena”. Stando al campione che ha risposto al sondaggio, la maggioranza dei quasi cinque milioni di cattolici in Gran Bretagna (51%) pensa che i vescovi abbiano risposto bene alla crisi generata dal Covid-19 e la maggior parte (62%) sono convinti che non sia stata un’esagerazione la chiusura delle chiese. Molti dei rispondenti non hanno ancora preso in considerazione l’impatto che il disastro economico avrà sulla Chiesa. Una parte del campione afferma che tornerà alla vita comunitaria; altri, che hanno smesso di sostenere finanziariamente la parrocchia, sono pronti a riprendere il sostegno una volta riavviata la vita comunitaria. Oltre la metà dei cattolici ha dichiarato che il lockdown li ha aiutati a sentirsi più vicini a Dio (51%) e desiderosi di pregare (55%). Oltre i tre quarti sono stati incoraggiati vedendo le messe trasmesse in streaming dalle loro chiese.
Il dato economico. “Penso che la maggior parte dei fedeli tornerà in chiesa alla fine del lockdown”, spiega Davis (nella foto). “Il problema sarà che le chiese non avranno gli stessi fondi che erano disponibili prima del Covid, tre mesi fa. Anche se i fedeli sono disponibili a sostenere la Chiesa, molti non saranno nella posizione di farlo perché avranno perso il lavoro. Per questo è necessario un piano, in ogni diocesi, che tenga in considerazione questa situazione di crisi che durerà almeno un anno. Soltanto in questo modo sarà possibile ottenere un prestito dalle banche per le spese che competono alle parrocchie. Purtroppo, in questa difficile situazione, alcune chiese dovranno chiudere”.
Le buone abitudini… Si dice d’accordo Catherine Brady, laica impegnata nella diocesi di Nottingham. “Faccio parte di una commissione avviata dal vescovo Patrick McKinney, che vuole essere in contatto con la vita delle parrocchie e vorrebbe sapere che cosa sta succedendo e cosa ci aspetterà”, spiega. “Siamo una quindicina, presenti in varie parti della diocesi, e ci incontriamo ogni due settimane su Zoom. Ci sono due problemi principali da quando il lockdown è cominciato. L’interruzione della vita liturgica e pastorale e le conseguenze economiche. Con la chiusura delle chiese, alcuni parroci che non amano la tecnologia non hanno neppure trasmesso la messa on line, e così la vita della comunità cristiana si è del tutto fermata. Soltanto due parrocchie, su oltre cento, hanno un gruppo Facebook dove si possono postare messaggi. Esiste il sito, ma ciò non alimenta la vita di comunità che, in Inghilterra, dipende anche dall’abitudine del caffé che si prende nella sala parrocchiale dopo ogni funzione e dai mercatini per raccogliere fondi”.
Rischio chiusura. Nella parrocchia di Catherine Brady, Saint Mary a Loughborough, Inghilterra centrale, circa seicento persone frequentano la chiesa ma sul gruppo Facebook ne risultano soltanto 146 e mancano gli anziani, i più colpiti dall’isolamento durante questa crisi. Molti potrebbero non tornare quando la chiesa riaprirà. Anche tante parrocchie rischiano di chiudere secondo Brady, che sottolinea come “a Saint Mary stiamo perdendo circa 3.500 euro al mese, in offerte mancate, e l’edifico della chiesa ne richiede 5.500 per rimanere aperto”.