Il Recovery Fund (Fondo per la ripresa, intesa anche come guarigione) non sarà operativo per diversi mesi. Se andrà bene produrrà effetti in autunno con un finanziamento anticipato, oppure bisognerà attendere l’inizio del 2021. Finora è un’importante proposta da 750 miliardi (500 a fondo perduto e 250 di prestito) formalizzata dalla Commissione Europea che dovrà passare al vaglio del Consiglio Europeo convocato per il 18-19 giugno. Ma sarà solo la prima data da fissare in calendario per capire con che rapidità questo denaro affluirà ai singoli Paesi per stimolarne le economie. Nella ripartizione all’Italia spetterebbero 172 miliardi di cui 90 circa in forma di prestito e la rimanente parte in sovvenzioni.
Si riconosce alla Penisola (che in questo caso ottiene più soldi di quanti ne versa nella cassa comune europea) e ad altri Paesi di aver subito uno choc maggiore.
Non saranno gli unici perché altri 1.100 miliardi verranno messi a disposizione dei Paesi europei in un Piano pluriennale, e altri arriveranno con prestiti a tassi vantaggiosi dalla Bei (Banca europea degli investimenti) per i prossimi anni. Il meccanismo della garanzia Ue (cioè qualcuno che paghi qualora il debitore principale non fosse in grado) permetterà di chiedere nuovi prestiti senza dover offrire interessi spropositati.Il denaro europeo nelle varie forme c’è ed è uno sforzo straordinario per un’emergenza straordinaria.
Riprendiamo il calendario di metà giugno per esaminare quanto potrà fare il Consiglio Europeo che raccoglie i capi di Stato o di Governo. Si ipotizza già un primo round infruttuoso e una seconda riunione – decisiva – a luglio. Nella prima sessione è probabile che i Paesi “frugali” (cioè coloro che accusano i Paesi di fascia mediterranea di essere poco rigorosi sui conti pubblici), con alcuni alleati come Ungheria e Repubblica Ceca per altri motivi, mostrino un aperto dissenso sull’utilizzo di soldi e garanzie pubbliche a favore dei Paesi “lassisti”. Danimarca, Olanda, Svezia e Austria riconoscono l’eccezionalità del momento, propongono che se ne esca con prestiti e non con denaro a fondo perduto. Francia e Germania, con una posizione comune, hanno aperto la strada alla proposta della Commissione.
I “frugali” sono in minoranza ma hanno i numeri per bloccare le decisioni e arrivare a un ulteriore negoziato per una ripartizione diversa. L’elettorato del Nord Europa – non da oggi – è sensibile ai temi della condivisione del rischio con il Sud del Continente.
In Olanda si voterà a marzo ed eccessive concessioni peserebbero sul premier Mark Rutte. Il calendario 2020 dovrà prevedere entro ottobre dei Piani nazionali per il miglior utilizzo delle risorse europee che mirano alla difesa dell’ambiente, alla salute e alla digitalizzazione in un ambizioso progetto di rilancio chiamato NextGenerationEu. Serviranno riforme credibili, si dovranno esprimere i Parlamenti. La Ue, come è stato ribadito in queste ore, dovrà valutarle. E’ un percorso a tappe, ognuna decisiva per le successive. Il traguardo è lontano e non si sa neppure se a ottobre si potrà correre con il contagio domato e l’economia in ripresa. O se il virus, dopo una pausa, tornerà a stravolgere tutto.