“Adesso è il momento di chiudere le nostre chiese perché, altrimenti, la gente sarà tentata di mettersi in viaggio per raggiungerle. Dobbiamo imparare che la preghiera è radicata nel nostro cuore e usare internet e altri mezzi. Perché non concludere le telefonate con amici e parenti con un momento di preghiera?”. Con queste parole il cardinale Vincent Nichols, primate cattolico di Inghilterra e Galles ha accolto, qualche giorno fa, l’invito del governo britannico a chiudere le porte di chiese e cattedrali. I suoi messaggi ai quasi cinque milioni di cattolici del Paese, in questi giorni di crisi coronavirus, sono stati frequenti e calorosi. Intervistato dal Sir, racconta i suoi sentimenti e spiega come la vita della sua Chiesa stia continuando e trovando nuove forme di spiritualità.
Cardinal Nichols, come si sente durante questa difficile crisi?
Come la maggior parte dei cittadini britannici mi sento profondamente disorientato per il modo in cui siamo costretti a vivere e la paura che ci troviamo ad affrontare. Come prete e vescovo ho il cuore spezzato dal fatto che dobbiamo cambiare completamente la nostra vita di preghiera e la pastorale. Mi sento anche incoraggiato, però, dal fatto che il nuovo modo che abbiamo trovato di celebrare la messa “a distanza”, in streaming, stia dando frutti e dal fatto che la disperata e difficile situazione nella quale ci troviamo abbia promosso la generosità di molti, desiderosi di aiutare chi sta peggio di loro.
Qual è la più grande sfida per la Chiesa cattolica d’Inghilterra e Galles in questo momento?
Adattare la nostra vita di preghiera e le nostre liturgie, trovandovi una nuova profondità, che ci consenta di superare le distanze che siamo costretti a osservare mentre non possiamo riunirci come comunità. Domenica scorsa, quando, in Inghilterra e Galles, per la prima volta, i fedeli non hanno potuto partecipare alla messa in chiesa, una famiglia mi ha raccontato che i figli, che normalmente fanno i chierichetti, hanno indossato comunque le loro tonache e hanno compiuto i gesti di servire all’altare, come se fossero in chiesa. Altre famiglie hanno vissuto una liturgia per i bambini durante la lettura delle Scritture. Anziani mi hanno scritto di aver seguito la messa online piangendo, in parte per la perdita della celebrazione dal vivo, in parte per la gratitudine di poter continuare, anche così, ad essere vicini al Signore. Stiamo inoltre cercando di rafforzare la tradizione della comunione spirituale con la quale ci uniamo al sacerdote quando riceve da solo la comunione.
La conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, come le altre in tutto il mondo, ha deciso che i sacramenti debbano essere sospesi o celebrati con forti limitazioni. Quanto si è dimostrato difficile seguire queste indicazioni?
La mia speranza è che siamo un Paese che osserva le leggi e che i cattolici siano buoni cittadini che seguono tutte le restrizioni. Non si tratta di limitazioni pensate contro i cattolici ma contro il virus e seguendole possiamo fermare il contagio e aiutare il servizio sanitario nazionale. Per questo motivo è importante che ognuno accetti queste privazioni della propria libertà personale.
Nel suo messaggio per la festa della mamma, registrato nella londinese Westminster cathedral, chiesa madre del cattolicesimo inglese, lei ha detto di sperimentare un’insolita pace e tranquillità. In che misura questa situazione può essere un’opportunità per le famiglie e gli individui?
Ci sono opportunità anche in questa difficile situazione e spero che diventino più evidenti durante la Settimana santa. Ci accorgeremo che, anche se fisicamente non possiamo stare insieme, spiritualmente saremo vicinissimi. Milioni di persone si uniranno al Santo Padre, mentre si inginocchia nella deserta piazza San Pietro, e questo dimostra come la preghiera e l’opera dello Spirito Santo possono unirci in modi che vanno oltre la nostra prossimità fisica. Impariamo, così, che non siamo mai veramente soli, ma sempre nel palmo della mano del nostro Dio misericordioso. E questo diventa importante quando ci ritroviamo da soli alla sera, quando siamo malati, quando ci avviciniamo alla morte, in tutti i momenti di isolamento che capitano nel corso di una vita. Se impariamo adesso questa lezione, nel profondo, ci aiuterà in futuro.
Pensa che questo periodo sia un’opportunità per le famiglie di stare più insieme?
Penso che c’è molto tempo per le famiglie, che non possono uscire di casa, e penso che possiamo imparare dalle grandi tradizioni monacali di coloro che hanno scelto l’isolamento volontariamente come vivere in modo creativo questa situazione. Una lezione importante è avere una chiara routine che tutti osservano con momenti di silenzio e riflessione durante i quali pregare, per esempio, il Padre Nostro. Mentre il nostro mondo diventa più piccolo, il nostro cuore diventa più grande e può raggiungere Dio e ogni altra persona fisicamente lontana.