“Se l’albero si riconosce dai frutti, non mi sembra che la cultura individualista di oggi generi uomini più felici e società più solidali e vivibili. Piuttosto crea solitudini più ampie e insopportabili”. Parte da qui, da un profondo esame di coscienza di ciò che l’Europa sta generando in se stessa e di conseguenza nel mondo, la riflessione del card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee), in vista dell’Incontro “Mediterraneo frontiera di pace” che dal 19 al 23 febbraio riunirà a Bari i vescovi cattolici dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
Un incontro che si svolge in un tempo complesso. Eminenza, cosa preoccupa di più le Chiese europee?
Preoccupa l’oscurarsi della luce, quindi l’incertezza della vita e lo smarrimento dell’uomo. La luce è Cristo: Dio non può venir meno, ma nel cuore umano si possono alzare delle barriere che impediscono alla luce di illuminare la coscienza e riscaldare il cuore. L’oscuramento della fede può toccare anche i popoli, tanto da non riconoscere più la propria origine spirituale e morale: quando ciò accade, la società si impaurisce e si ripiega su se stessa.
Il Mediterraneo è diventato l’esatto opposto di quel “grande lago di Tiberiade”, secondo la definizione di Giorgio La Pira. L’Europa si è caricata in questi anni di forze populiste e sovraniste. Forze che hanno un grande ascendente sull’opinione pubblica. Si può essere cristiani e sovranisti?
Il popolo è una parola seria, il populismo è una patologia che illude il popolo e lo tradisce.
Così è per la sovranità di un popolo rispetto al sovranismo. Gli “ismi” di solito si proclamano superiori e si chiudono agli altri. Il cristiano sa di avere un volto che gli è stato dato da Dio: è creato e redento in Cristo. Quindi ha la dignità di figlio di Dio e fratello, scopre negli altri il volto del Volto del Creatore, il riflesso dell’Icona di Gesù. a partire da questa realtà donata, il cristiano entra in dialogo con tutti senza timori o complessi, senza rivendicazioni di superiorità e senza minimalismi, in un rapporto di verità, amore e giustizia che significa reciprocità. ciò vale anche per i popoli e gli Stati.
L’Europa grida all’invasione. Le immagini dei disperati in mezzo al mare non toccano più i cuori delle persone. I salvataggi vengono visti con sospetto. I Paesi litigano per decidere chi deve aprire i porti e chi no. Eminenza, cosa sta succedendo all’“anima” dell’Europa?
L’Europa non deve perdere la sua anima. Se l’Europa oscura la fede cristiana perde se stessa. Lo si vede!
I valori più elementari di sempre come il rispetto dell’altro, l’attenzione al bisognoso, il primato della persona a prescindere, la promozione della vita umana sempre, della famiglia, la serietà educativa, la gratuità, non reggono a lungo se staccati dalla loro fonte che è Dio. La buona volontà dei singoli e degli Stati si rivela insufficiente. Parlare dei valori senza parlare del Vangelo significa non capire che, senza la sorgente, l’acqua prima o poi si esaurisce. Riconoscere il principio delle cose e dei comportamenti non è una memoria archeologica, ma esistenziale: permette cioè di non perdere l’orientamento, di conoscere la meta e di non deformare – strada facendo – lo stile di vita, la sensibilità morale, la coscienza e i valori. Sì, si può diventare insensibili alla sofferenza altrui, si può banalizzare il male, voltarsi dall’altra parte nel vedere centinaia di profughi nei viaggi della disperazione, nella speranza di un futuro onesto e migliore, di una terra di pace e di convivenza serena e operosa.
Il Vangelo è chiaro e non può essere cambiato secondo le mode o le convenienze: chi specula, per qualunque motivo, sulla miseria e la paura altrui perde la propria umanità.
L’Europa deve individuare una vera politica per il fenomeno migratorio, senza ipocrisie e interessi nascosti: ogni uomo ha dignità in sé, non può essere considerato perché “conveniente” per qualcosa.
E cosa possono realisticamente fare le Chiese?
Alla Chiesa spetta la fedeltà al Vangelo, fonte di salvezza e di umanesimo redento. Ciò significa almeno due cose. Vivere in concreto nelle comunità cristiane il valore evangelico dell’accoglienza e dell’integrazione di tante persone che, onestamente, lasciano la propria patria in cerca di un futuro di lavoro, giustizia e pace. Le comunità cristiane fanno moltissimo. In secondo luogo, la Chiesa deve formare le coscienze alla luce del Vangelo: si tratta delle coscienze individuali e delle coscienze collettive degli Stati. In questo duplice senso, la Chiesa è profezia per il Continente, stimolo per i responsabili delle Nazioni perché il cammino di unità sia il cammino di una famiglia di popoli che individuano politiche eque ed efficaci per i problemi pratici che si presentano rispettando veramente i valori più intimi dei popoli e delle tradizioni, che riguardano la vita, l’amore, la libertà, la famiglia, il morire. Senza ingerenze. Ci deve essere una sostanziale parità delle Nazioni e carichi proporzionati alle forze reali di ciascuno, senza pretese di superiorità di nessuno.
Tra le cause della fuga dei migranti, in primo luogo ci sono i conflitti armati e il traffico delle armi di cui sono responsabili molti dei paesi europei. Come si costruisce la pace?
Come ricorda il Santo Padre, la via della pace è la giustizia, cioè riconoscere la dignità inviolabile di ogni uomo e di ogni popolo. Siamo molto lontani dalla giustizia perché ci allontaniamo da Cristo, Principe della pace. La fuga di tanti migranti onesti ne è una conseguenza. La storia insegna che ogni guerra – in qualunque modo avvenga – è fonte di guadagni per alcuni e di potere politico per altri, una tragedia per moltissimi che sono poveri e indifesi. L’Europa non è esente. Mi pare una grande, insopportabile ipocrisia inscenare incontri e discorsi di pace senza percorrere le vie della giustizia. Il mondo è squilibrato tra una ricchezza crescente per pochi e una povertà-miseria esponenziale per le moltitudini. Ciò accade sia a livello di Stati e continenti, sia all’interno delle singole Nazioni. Perché, ad esempio, si conquista lo spazio e non si bonificano i deserti o le acque? Perché si continua a depredare risorse di altri paesi rendendoli sempre più poveri e dipendenti? Perché si fa a gara per accumulare materie prime a qualunque costo? Perché – nella finanza – si persegue il massimo profitto nel minimo tempo?
Vi è una giustizia proclamata e un’ingiustizia praticata. La guerra e la violenza ne sono conseguenze.
Bari – si legge nel comunicato finale del Consiglio permanente – vuole dare “uno sguardo profetico”. Quale dunque “la Parola” delle Chiese per il Mediterraneo?
Uscire dalla menzogna e tornare alla verità. La verità piena e definitiva è Cristo, Via, Verità e Vita. In Lui ogni frammento di verità trova fondamento, ragione e orientamento. È questa la fede cristiana che vorremmo risplendesse fino “ai confini della terra”! Ma – se così si può dire – esiste anche un approccio “laico” al Vangelo, nel senso che le grandi aspirazioni del cuore umano – come la felicità, la vita, la giustizia e la pace -, trovano nel Vangelo definizione, pienezza e speranza. Questo intendo per tornare alla verità. Bisogna uscire dalla menzogna delle ideologie, della paura di Dio, del sospetto verso gli altri percepiti come nemici. La verità di Dio porta a far risplendere la verità di una umanità fraterna e solidale, giusta e pacificata. Occorre una continua conversione del cuore: perché nessuno è padrone degli altri, neppure di se stesso, e la vita terrena non è tutto; il potere e la ricchezza sono valori ma non idoli, non sono fini ma servizio all’umanità. Un giorno dovremo rispondere di ciò che abbiamo fatto o non fatto per il bene di tutti.