Anche i Balcani, crocevia di popoli e religioni, fanno parte del grande bacino del Mediterraneo. Per questo tra i vescovi invitati all’incontro di riflessione e spiritualità per la pace nel Mediterraneo che si terrà a Bari tra il 19 e il 23 febbraio c’è anche mons. Stanislav Hocevar, arcivescovo di Belgrado e rappresentante della Conferenza episcopale internazionale “Ss. Cirillo e Metodio”. Il Sir lo ha intervistato.
Qual è la situazione politica e sociale in Serbia e Montenegro?
Vista la complicata eredità del comunismo e il periodo fino al 2006, quando Serbia e Montenegro si sono divisi,
tutti e due Paesi si trovano nel periodo di transizione verso la piena democrazia. È un processo lungo e molto travagliato, nel quale per la ricostruzione economica sono stati compiuti passi in avanti, ma rimane molto da fare nel campo sociale, religioso e culturale.
Serbia e Montenegro sono due Paesi che da secoli sono stati sotto l’influenza dell’Oriente e nel passato i singoli cittadini non venivano educati alla democrazia, all’iniziativa individuale, a partecipare alla società civile. Oggi Belgrado e Podgorica devono confrontarsi anche con le diverse minoranze etniche e religiose. Nonostante il cammino intrapreso verso l’Ue, a volte manca una visione chiara per il futuro (il Montenegro è anche membro della Nato) e nella società ci sono opinioni diametralmente opposte a riguardo.
I Balcani purtroppo continuano ad essere una regione attraversata da tensioni e contrasti. Perché in questa zona non è facile parlare di pace e riconciliazione?
Ci sono molti fattori storici che risalgono ancora all’Impero romano e spiegano perché queste società sono rimaste un po’ indietro rispetto all’Occidente nella loro evoluzione.
I Balcani sono un crocevia di popoli e religioni.
Per questo con la creazione degli Stati nazionali all’inizio del Novecento sono apparse le prime grandi difficoltà che non erano visibili durante il comunismo perché le autorità comuniste tenevano con mano ferrea i diversi popoli della Jugoslavia.
Dopo la scissione e le tragiche guerre, la gente dei Balcani ha bisogno di tempo per riconciliarsi con il proprio passato e mettersi d’accordo su varie questioni controverse.
Potrebbe illustrare in breve la vita della Chiesa cattolica nei Paesi della Conferenza episcopale Ss. Cirillo e Metodio?
Sono quattro Paesi (Serbia, Montenegro, Macedonia del Nord e Kosovo), ma in tutti la Chiesa cattolica è una piccola minoranza, i fedeli sono prevalentemente di origine straniera, molto dispersi e le nostre diocesi dispongono di risorse assai limitate. Per organizzarci come Conferenza episcopale, per trovare i seminari per i seminaristi e le facoltà teologiche dobbiamo rivolgerci spesso ai Paesi vicini, a Croazia e a Slovenia. Nonostante questo,
i cattolici dei Balcani continuano a dare testimonianza coraggiosa della loro fede in un contesto secolarizzato o molto diverso rispetto ai grandi Paesi cattolici.
Quali sono le sue aspettative dall’incontro a Bari?
È una bellissima iniziativa che spero potrà favorire la collegialità, la comunione e il dialogo, un’occasione per conoscerci meglio e attirare l’attenzione delle grandi Conferenze episcopali verso quelle più piccole e svantaggiate.
Sul Mediterraneo si affacciano molte realtà cattoliche con possibilità materiali e umane limitate che andrebbero aiutate. A loro volta invece, possono dare un grande apporto con le loro tradizioni ed esperienza.
La pace e il dialogo ecumenico e interreligioso, questioni molto legate ai Balcani, saranno tra i temi dell’incontro di Bari…
Parlare di pace, a prescindere dal fatto che la pace vera proviene solo dal Signore, ci allinea insieme ai politici e alle associazioni non governative, invece se ripartiamo dal Vangelo di Gesù Cristo diventeremo a nostra volta veri promotori della pace di Dio. A me personalmente il dialogo ecumenico e interreligioso è molto caro come tema. È fondamentale comprendere che l’unità non è un progetto nostro, frutto della nostra volontà o dei nostri sforzi perché a volte la mancanza di risultati concreti spegne il nostro entusiasmo. Spinti dalla nostra appartenenza alla Chiesa di Cristo, nel rispetto del dialogo e portando l’amore per i fratelli delle altre confessioni, insieme potremmo trovare la vita nuova in Cristo e da qui la comunione nel suo nome.
Le comunità religiose nei Balcani hanno un ruolo importante nelle rispettive società. Crede che possano dare un esempio di superamento dei conflitti valido per l’intera società?
È quello che dovrebbero fare, ma nei Balcani si è ossessionati dal nazionalismo: spesso le comunità religiose, le diverse confessioni, diventano prima di tutto portatori della propria cultura, difensori della nazione e delle proprie vittorie politiche. Un esempio attuale è il problema dell’autocefalia che porta grandi tensioni in tutto il mondo ortodosso.
Se veramente viviamo la fede e la comunione, allora arriveremo alla vera collaborazione, comprensione e sinergia per il bene dei nostri fedeli ma anche per il bene di tutta la regione dei Balcani.