File di anziani italiani fermi al controllo passaporti, i quali non riescono a raggiungere i famigliari rimasti nel Regno Unito non avendo il visto per rientrare nel Paese dove abitano da anni. Da quando, giovanissimi, sono arrivati qui in cerca di lavoro. Questo scenario preoccupante, che potrebbe diventare realtà, quando il processo Brexit sarà stato completato, toglie il sonno a Pietro Molle (nella foto), presidente del Comites, il comitato che rappresenta gli italiani residenti nella circoscrizione consolare di Londra, che comprende anche il sud del Regno Unito e il Galles e rappresenta 350.000 italiani iscritti nelle liste dell’Aire, il registro degli italiani residenti all’estero.
Cellulare, email e foto. La sua corsa contro il tempo, per raggiungere i nostri connazionali che abitano nel Regno Unito è cominciata nell’aprile dello scorso anno, quando è diventato chiaro che, per rimanere, i cittadini europei avrebbero avuto bisogno di un visto. Quel “settled status”, che si ottiene entrando nel sito, avviato dal governo britannico a questo scopo (https://www.gov.uk/settled-status-eu-citizens-families). Per registrarsi occorrono un telefonino, un indirizzo di posta elettronica e anche essere capaci di fotografarsi, seguendo le istruzioni indicate e inviando l’immagine grazie a una particolare app. Tutte competenze che spesso mancano a chi, tra i nostri connazionali, ha i capelli bianchi e fatica con le nuove tecnologie.
Smarrimento tra gli anziani. “C’è un po’ di confusione tra gli italiani più anziani”, spiega il presidente del Comites di Londra. “Molti, che abitano qui da quaranta o cinquant’anni, pensano che potranno rimanere senza fare nulla. Pagano le tasse, sono sposati con cittadini britannici e hanno figli con la doppia nazionalità. Non riescono a credere che avranno problemi a rimanere mentre, secondo la legge britannica, soltanto chi si registra ha il permesso di restare. In questo modo, infatti, un numero viene abbinato al passaporto della persona che ha ottenuto il visto ed è questa serie che consente agli ufficiali di frontiera di controllare che quel cittadino europeo è in regola e può rientrare in Gran Bretagna”. Da mesi Pietro Molle e altri rappresentanti del Comites percorrono in lungo e in largo il Regno Unito, cercando di raggiungere quegli italiani avanti negli anni che fanno più fatica con la richiesta di visto. Abbandonati a loro stessi dallo Stato britannico, che ha introdotto questo complicato sistema di registrazione, senza garantire, automaticamente, l’assistenza necessaria. Soltanto alcuni comuni, infatti, e a loro completa discrezione, organizzano sessioni per informare i cittadini Ue su che cosa devono fare per il dopo Brexit.
Visto necessario in pochi mesi. “Il termine ultimo per fare domanda di visto è il 30 giugno 2021, quando occorrerà avere il permesso, per continuare a vivere nel Regno Unito. Sempre che il premier Boris Johnson riesca a raggiungere un accordo con la Ue sugli scambi di merci e di persone durante il periodo di transizione che terminerà il prossimo dicembre. Se non vi dovesse essere un nuovo trattato, tra Gran Bretagna e Unione europea, allora la domanda andrà fatta entro la fine dell’anno”, spiega il presidente del Comites di Londra. “Sono scadenze che potrebbero essere spostate ancora, come è già capitato in passato, se le trattative tra Gran Bretagna e Unione Europea non avessero esito positivo entro dicembre. Dalla Ue, infatti, sono stati più volte sollevati dubbi che questi undici mesi fino a dicembre siano un periodo di tempo sufficientemente lungo per mettere a punto una legislazione molto complessa”. Armati di telefonini e computer, Pietro Molle e i suoi collaboratori hanno risposto alle richieste di diversi circoli Acli e associazioni della terza età, che li hanno invitati in alcune località di Londra, da Sutton a Kingston, al quartiere di Clerkenwell e anche in città come Bath e Bristol per aiutare gli italiani ad ottenere il visto.
Regno Unito, porte chiuse. “Non abbiamo ancora raggiunto il nord del Galles, ma lo faremo senz’altro quest’anno”, spiega ancora il responsabile del Comites di Londra. “Ottenere il visto è molto importante, anche perché il premier Boris Johnson sta pensando di chiudere le frontiere e introdurre un sistema per gli ingressi ‘australiano’, a punti, che renderà molto più complicato entrare nel Regno Unito”. “Ho partecipato a una serie di incontri di formazione sulla nuova legislazione e sono rimasto scioccato dalla sua severità”, continua Pietro Molle. “Se si viene per lavoro occorrerà avere un contratto, prima di lasciare l’Italia, e ottenere un permesso dal ministero degli Interni britannico, prima di partire, attraverso il consolato britannico. Insomma si applicheranno agli europei le stesse regole che valgono oggi per chi proviene dall’esterno dalla Ue anche se, ancora una volta, è possibile che una parte di questa legislazione non venga applicata se il Regno Unito e l’Unione europea troveranno un accordo”.