Davos: Fionn, Mohamad e Natasha giovani protagonisti accanto a Trump e Merkel

Politici e guru dell’economia aprono gli occhi sul (problematico) futuro del pianeta. Nella località sciistica svizzera 3mila partecipanti al World economic forum. Titolo dal sapore generalista: “Stakeholder per un mondo coeso e sostenibile”. Riflettori su Trump, Merkel, Conte e Greta Thunberg. Ma spazio anche ad alcuni giovani che stanno cercando, nel loro piccolo, di dare una svolta alla storia

World Economic Forum / Benedikt von Loebell

Nel 2019, i miliardari del mondo, cioè 2.153 persone, avevano più ricchezza di 4,6 miliardi di persone. Alcuni di questi duemila e rotti sono a Davos, dove si è aperta ufficialmente lunedì 20 gennaio la 50° edizione del Forum economico mondiale, che fino al 24 gennaio trasforma l’ameno villaggio innevato delle Alpi elvetiche in un “villaggio globale” (modello super-confort). Lì i leader economici dialogheranno con i leader politici e la società civile, sotto il tema generalissimo “Stakeholder per un mondo coeso e sostenibile”. Si potrebbe pensare che questi saranno “i tre giorni che cambieranno la storia” a guardare il programma e avendo sentito ciò che Klaus Schwab, iniziatore di questa esperienza, ha spiegato alla vigilia dell’apertura del Forum.

Trump, Conte e i teen-ager. A Davos ci sono circa 3mila partecipanti da 117 Paesi; di questi, 1.700 sono responsabili del 70% delle 100 principali compagnie mondiali; sono presenti membri di governi di 85 Paesi, tra cui 35 ministri delle finanze, 50 leader della società civile e delle religioni (spicca per il mondo cristiano il nome del Patriarca Bartolomeo che interverrà a Davos mercoledì 22 gennaio), 53 capi di Stato e di governo, leader del G20 (con Donald Trump che parla oggi, 21 gennaio, poi la cancelliera Angela Merkel, il premier Pedro Sanchez, il vice premier cinese Han Zheng, nonché il premier italiano Giuseppe Conte che parlerà il 23 gennaio). Sono a Davos 34 responsabili di organizzazioni internazionali (Antonio Guterres, Onu, in testa), 120 giovani leader economici e politici, come il cancelliere austriaco Sebastian Kurz e la premier finlandese Sanna Marin. Ci sono anche ragazzi definiti “global shapers” e 10 giovanissimi perché “il futuro del pianeta è il loro futuro, quindi è più importante che mai offrire loro una piattaforma per ascoltare le loro voci”, spiegano gli organizzatori. La più famosa tra loro è forse l’ambientalista svedese Greta Thunberg, ma oltre a lei prenderanno la parola altri 9 teen-ager definiti “change-makers”. Come il 18enne irlandese Fionn Ferreira che ha inventato un metodo per estrarre le microplastiche dall’acqua, o il coetaneo siriano Mohamad Al Jounde che lavora perché i ragazzi dei campi profughi abbiano istruzione, o ancora la zambiana Natasha Mwansa che combatte il matrimonio infantile e lavora per i diritti delle donne e delle bambine.

“Stato di emergenza”. Il tema generale sarà affrontato in sette grandi filoni tematici: “futuri sani”, “come salvare il pianeta”, “imprese migliori”, “oltre la geopolitica”, “economie più eque”, “tecnologie per il bene” “la società e il futuro del lavoro”. “Il mondo è in uno stato di emergenza e la finestra si sta chiudendo”, ha detto Klaus Schwab: serve “una piattaforma per una azione collaborativa” tra finanza, politica, imprese, società civile per risolvere i problemi del mondo. A chi gli ha chiesto se Davos non arrivi ora a capire quello che il Forum sociale aveva iniziato a dire nel 2001, Schwab ha risposto che “è inutile creare simili contrapposizioni”.

Parole e fatti. Nel 2020 deve prendere avvio il decennio del “delivery”, cioè deve produrre risultati concreti, come fanno i “160 progetti faro”: una ricerca del World economic forum ha identificato una serie di iniziative concrete già in atto che riflettono sei “imperativi strategici” del Forum 2020, dall’inclusione alla sicurezza ambientale dalla governance tecnologica allo sviluppo regionale. Tutti i partner industriali che passeranno da Davos saranno quindi invitati a incrementare o replicare uno dei progetti faro o comunque a lavorare nel senso di questi imperativi. Verrà inoltre lanciata “UpLink”, una piattaforma globale di azione, per “connettere la prossima generazione di giovani change-maker e imprenditori sociali alle reti che hanno risorse, competenze e esperienza per attuare il cambiamento”.  Con il Forum partirà anche l’iniziativa 1t.org per “coordinare e aumentare gli sforzi per piantare o ripristinare 1 trilione di alberi entro la fine del decennio”, una tra le azioni per arrivare a emissioni di carbonio zero entro il 2050.

Industria, tasse e diritti umani. Relativamente concreto è anche il “Manifesto di Davos”, che dopo l’edizione del 1973 ora è stato aggiornato in un nuovo documento che contempla nuovi doveri per il modello del cosiddetto “capitalismo degli stakeholders”; ad esempio, le aziende devono pagare la loro giusta quota di tasse, avere tolleranza zero per la corruzione, difendere i diritti umani lungo tutta la loro catena produttiva.

Silenzio sui Iran e Libia. L’edizione 2020 del Forum deve però anche confrontarsi con le sfide geo-politiche, geo-economiche, le tensioni sociali e le emergenze climatiche che sono esplose in queste ultime settimane. L’Iran sarà assente. Di Libia nessuno ha parlato negli eventi e nei comunicati che ne hanno preceduto l’inizio dei lavori. A questo super-summit, l’Europa sarà solo uno tra gli attori, però è a Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, che è stato affidato il compito di intervenire nella sessione celebrativa di apertura. E mentre atterrano elicotteri e aerei per portare i grandi a Davos, 1.200 persone stanno cercando di arrivarci a piedi, e pensano che il Forum riunisce coloro che sono maggiormente responsabili dell’ingiustizia globale e del disastro climatico che ci ritroviamo attorno ogni giorno.

Altri articoli in Europa

Europa