Si sono concluse oggi le tre intense giornate di studio e di scambio per i 50 anni della Santa Sede al Consiglio d’Europa (nella foto la sede dell’istituzione). Si erano aperte lunedì 7 gennaio, presso la sede della Facoltà di teologia cattolica dell’Università di Strasburgo, con gli interventi del segretario generale del Consiglio Marija Pejčinović Burić e di mons. Marco Ganci, Osservatore permanente della Santa Sede presso questa importante istituzione europea. La difesa della dignità umana e dei diritti umani sono il punto fondamentale che unisce le due istituzioni nella reciproca collaborazione. E proprio da quell’istanza hanno preso le mosse i lavori che si sono dipanati attraverso i temi della libertà religiosa, dell’etica, della cultura, del pluralismo per concludersi su una riflessione generale sul rapporto fede e politica. A margine di queste “giornate interdisciplinari”, il Sir ha intervistato mons. Marco Ganci.
Perché un convegno di studi per celebrare il 50° anniversario della Missione permanente della Santa Sede al Consiglio d’Europa?
L’obiettivo di queste giornate era riflettere e mostrare come si è sviluppato in 50 anni l’attenzione che la Santa Sede ha sempre rivolto alle tematiche del Consiglio. Intendevano però anche dare spazio ad altre persone, coinvolte in questa costruzione europea, persone che hanno illustrato le loro esperienze e le attività. Nel programma infatti ci sono stati molti argomenti specifici – dalla bioetica alla cultura, dal dialogo ecumenico ai diritti umani – che fanno parte dell’attività del Consiglio d’Europa. A questo aggiungiamo che l’evento è stato organizzato dal mio predecessore, mons. Paolo Rudelli, ora nunzio apostolico, a cui va il mio ringraziamento, in collaborazione con l’Università di Strasburgo e quindi è stata data anche la possibilità agli studenti di conoscere meglio la Missione e la Santa Sede, tanto più che questa Università statale ha una Facoltà di teologia cattolica. Quindi la celebrazione non era fine a se stessa, ma pensata per offrire uno spazio di riflessione a un pubblico più vasto.
Quali sono gli elementi positivi della presenza della Santa Sede in questa istituzione europea?
Ci sono tanti motivi di gioia, che sono anche raccontati nell’esposizione fotografica allestita per questa ricorrenza e che hanno interessato la Santa Sede: prima di tutto, le visite dei Papi – Giovanni Paolo II e Francesco nella fattispecie – che si sono recati qui a Strasburgo proprio per esprimere la loro vicinanza a queste istituzioni e il loro sostegno alla costruzione di un’Europa equa, solidale e giusta dove possa regnare la pace che ne è il fondamento. La presenza dei Papi, dei segretari di Stato o dei segretari vaticani per i rapporti con gli Stati, come è avvenuto in questa occasione con la presenza dell’arcivescovo Gallagher all’apertura di questo colloquio, dimostrano l’attenzione della Santa Sede alle attività del Consiglio d’Europa e anche del Parlamento europeo che ha sede in questa città. Anche il tema scelto per questo colloquio – “Costruire insieme l’Europa” – dimostra la volontà della Santa Sede di contribuire a tale impresa. Mons. Gallagher ha offerto una visione di Europa fondata su valori universali, che possa essere al servizio del bene di tutti. Altri elementi positivi sono le Convenzioni che la Santa Sede ha adottato, a partire da quella sulla cultura, essendo per noi lo spazio culturale strumento per veicolare il messaggio del Vangelo perché sia a servizio dell’uomo e per il bene dell’uomo. O ancora la partecipazione di vari esperti della Santa Sede a comitati specifici del Consiglio d’Europa e anche le visite che i più alti rappresentanti del Consiglio hanno fatto in Vaticano, proprio per ricevere dai Pontefici un messaggio di speranza e di vicinanza sugli interessi comuni – cioè il servizio alla persona umana – nonostante le differenze di intenti e di azione delle due istanze.
E quali sono invece le fatiche di questa presenza?
Noi viviamo nel mondo e quindi incontriamo le stesse difficoltà di tutti coloro che sono presenti in questa società civile; ma non sono quelle a farci retrocedere dalla nostra missione, perché siamo animati dalla speranza e dalla gioia dell’annuncio di Cristo. Restiamo convinti che il messaggio della Chiesa sia necessario per incoraggiare gli altri a costruire insieme.
Il contesto secolarizzato viene additato ancora come un limite alla missione della Chiesa: lei è d’accordo?
La nostra è la proposta di un messaggio, noi non siamo alla conquista. L’Europa oggi ha bisogno di cristiani, la vera radice cristiana dell’Europa è il cristiano stesso. Se viviamo solo di memoria non basta. Abbiamo bisogno di un albero vivo oggi, che è il cristiano, segno di quelle radici. Le radici senza i cristiani non risolvono niente.