Testimonianza

Il processo di beatificazione di Eduard Profittlich. Mons. Jourdan (amm. apostolico Estonia): “È stato un esempio per tutto il Paese”

L’amministratore apostolico dell’Estonia, mons. Philippe Jourdan, è a Roma in questi giorni con la postulatrice diocesana della causa di beatificazione, Marge-Maria Paas, e racconta di questo suo predecessore, mons. Profittlich (1890-1942), tedesco di origine, morto di freddo e malattia nelle carceri sovietiche, prima che fosse eseguita la condanna a morte. Lunedì 18 marzo è stato consegnato alla Congregazione per le cause dei santi tutto il materiale del processo di beatificazione del “primo vescovo dell’Estonia dopo la riforma luterana”

foto SIR/Marco Calvarese

L’arcivescovo Eduard Profittlich “potrebbe essere il primo santo della Chiesa cattolica in Estonia e quindi per noi è molto importante e significativo”. L’amministratore apostolico dell’Estonia, mons. Philippe Jourdan, è a Roma in questi giorni con la postulatrice diocesana della causa di beatificazione, Marge-Maria Paas, e racconta di questo suo predecessore, mons. Profittlich (1890-1942), tedesco di origine, morto di freddo e malattia nelle carceri sovietiche, prima che fosse eseguita la condanna a morte. Lunedì 18 marzo è stato consegnato alla Congregazione per le cause dei santi tutto il materiale del processo di beatificazione del “primo vescovo dell’Estonia dopo la riforma luterana”.

Ci spiega il significato per l’Estonia di oggi della figura di questo arcivescovo martire?
Bisogna vivere un po’ in Estonia per capirlo. È in qualche modo un riconoscimento anche da parte della Chiesa della storia tragica di quegli anni, quando il 20% della popolazione è stata deportata in Siberia e molti sono morti lì dove è morto l’arcivescovo Profittlich che ha voluto condividere il destino tragico del suo popolo. Non è solo la persona dell’arcivescovo, ma un periodo molto tragico della vita dell’Estonia stessa a essere in gioco. Per questo è molto significativo non solo per la piccola comunità cattolica ma per tutta la società e anche le autorità sono molto interessate.

Non è un modo per fare politica o accusare qualcuno: sappiamo che il popolo russo ha sofferto tanto o di più del popolo estone in quegli anni, ma allo stesso tempo non possiamo dimenticare tutti quelli che hanno dato la vita in quel tempo.

Sul piano personale è stato un uomo che avrebbe potuto lasciare l’Estonia per non correre pericolo, ma pur sapendo che rischiava la morte, l’arcivescovo è restato. È un bell’esempio.

A che punto è l’iter della beatificazione?
Si lavora su questo processo dagli anni ’90, ma il processo è stato aperto nel 2003: per 16 anni si è svolta la fase diocesana, delle ricerche. Adesso speriamo che tutto vada avanti. Ne avevo parlato al papa a Tallin, lo scorso anno e il Papa si è interessato, anche perché è un suo confratello, un gesuita. Il postulatore della fase romana della causa è il postulatore generale della Compagnia di Gesù. La causa è presentata dall’Amministrazione apostolica, ma la Compagnia di Gesù ci aiuta con persone molto qualificate.

Tanta storia è passata da allora, ma il clima con la Russia non è disteso nemmeno adesso…
È certo cambiato ma non è dei più sereni nemmeno oggi. Tuttavia non si può dire che russi ed estoni si odino: una cosa è la politica e gli uomini politici, con le loro dichiarazioni e pressioni, altra cosa è l’integrazione dei russi nella società estone ad esempio, che è molto positiva. Non c’è odio  tra i due popoli, ma c’è una situazione di tensione in tutta l’Europa dell’est, che si riflette in modo particolare nei Paesi baltici e ancora di più in Ucraina.

La gente ha certamente paura del futuro da questo punto di vista, non si vive nell’odio ma nella preoccupazione perché se anche nessuno vuole la guerra, i governanti a volte giocano un po’ con le situazioni. Non possiamo cambiare questo, ma facciamo del nostro meglio perché la società sia più unita e si viva una coesistenza pacifica.

Sei mesi fa, il 25 settembre, il Papa è stato nei Paesi baltici, a Tallin: quali segni ha lasciato il suo passaggio?
Certo un ricordo molto forte; poi tanta gente si è avvicinata alla Chiesa cattolica, ha chiesto di iniziare un cammino verso il battesimo e l’ingresso nella Chiesa. Ma in generale la percezione della Chiesa cattolica da parte dell’estone medio è cambiata. Prima era una cosa molto lontana nel tempo e nello spazio. Ora la maggioranza vede la Chiesa, e il Papa soprattutto, come più vicini e attuali, e questo è molto importante per il futuro della Chiesa. Un teologo luterano alcuni giorni dopo la visita del Papa mi aveva detto: “Ora non si può più dire che il popolo estone sia un popolo ateo”. Tutti hanno visto il successo di quella visita, interpretandolo come aspettativa di fede e spiritualità più grande di quello che si pensava.

A sei mesi di distanza siete venuti a Roma in gruppo per assistere all’udienza di mercoledì 20 marzo in Piazza San Pietro…
È stata una esperienza bellissima. Ero con un gruppo di venti persone che hanno aiutato a organizzare il viaggio del Papa in Estonia, per ringraziare per il viaggio e salutare il Papa: mi ha detto di essere rimasto molto contento della visita e questo mi ha fatto molto piacere. Nel gruppo c’era anche il pastore luterano della chiesa di Tallin in cui c’era stato l’incontro con i giovani e al Papa ha fatto piacere rivederlo. Gli abbiamo donato come Consiglio ecumenico delle Chiese una bella foto dell’incontro con i giovani. Il Papa ci ha detto ‘alla prossima volta’, ma non ha precisato quando. Io gli ho chiesto anche di pregare per l’Estonia perché siamo in un periodo politicamente delicato dopo le elezioni. Lui mi ha detto che aveva letto delle elezioni e mi ha detto avrebbe pregato e ha aggiunto: “Si andrà avanti”. Il Papa è al corrente di tutto, non ha dimenticato la piccola Estonia.

In effetti le elezioni politiche del 3 marzo sono state un po’ un terremoto e il partito nazionalista ha preso molti più voti del previsto…
Non bisogna esagerare. Ho chiesto al Papa di pregare perché la vita politica è diventata molto più aspra in queste ultime settimane, con accuse e insulti che non avevamo mai sentito in 25 anni di libertà.

La crescita dei sovranisti è legata da un lato a una sorta di timore dei migranti: non ne abbiamo molti, ma bisogna leggerlo nel contesto di un popolo che nel tempo sovietico è stato invaso da centinaia di migliaia di persone inviate in Estonia dal potere sovietico per lavorare e che gli estoni non avevano chiesto.

Dall’altro lato ci sono alcune questioni sociali che sono sembrate un po’ imposte da fuori, da Bruxelles: il tema del matrimonio, ad esempio, e questo è stato percepito da alcuni abbastanza male, anche se la maggioranza degli estoni sa distinguere. Se i sovranisti sono cresciuti, si tratta di una percentuale minore che in altri Paesi, come l’Italia o la Francia, e non credo che gli estoni rimettano in causa la loro relazione con l’Europa in alcun modo.