Marco 7,31-37: “Fa udire i sordi e fa parlare i muti!”
Gesù guarisce la comunicazione
L’episodio della guarigione del sordomuto raccontato nel Vangelo di oggi si trova solo in San Marco. Viene situato fuori dai confini della Palestina, nella Decàpoli, in territorio pagano.
La modalità di guarigione è piuttosto insolita: Gesù “lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: ‘Effatà’, cioè: ‘Apriti!’”. Di solito basta un gesto o una parola di Gesù per operare la guarigione. Qui l’evangelista forse vuole sottolineare la nostra resistenza, da una parte, e il coinvolgimento di Gesù nella nostra situazione, dall’altra. Questo racconto ci ricorda la guarigione del cieco di Betsaida, in territorio della Galilea, che avverrà più tardi (Mc 8,22-26). Pagani o credenti, tutti hanno bisogno di essere guariti nei sensi spirituali per avere un rapporto nuovo con Dio e con i fratelli. Così si avvera quanto Isaia aveva profetizzato: “Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto”.
Spunti di riflessione
1. Tutto inizia dall’ascolto. Nella Sacra Scrittura il senso privilegiato nel rapporto con Dio è l’ascolto. Ecco perché il primo comandamento è Shemà Israel, Ascolta Israele (Dt 6,4). Essere sordo era una patologia grave, perché impossibilitava l’ascolto della Torah. Per questo i profeti annunciavano per i tempi messianici: “Udranno in quel giorno i sordi le parole del libro” (Is 29,18). Il credente ha bisogno di essere continuamente guarito dalla sordità del cuore e di percorrere un cammino di una progressiva apertura per assomigliare al Servo di Jahvé: “Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza” (Is 50,4-5).
2. Dall’ascolto nasce la parola. All’apertura degli orecchi si sussegue lo scioglimento della lingua. “Gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente”. Il discepolo che ascolta bene parla anche correttamente, come il suo Maestro. Per questo ci preoccupa oggi l’afonia della Chiesa e del cristiano. Un cristiano afono difficilmente può comunicare la buona novella del Vangelo. L’afonia della Chiesa rode la dimensione profetica della fede, col rischio di renderla complice dell’ingiustizia che dilaga nel mondo. Cosa fare per ricuperare la voce e “parlare correttamente”?
Forse ci manca quella “mezz’ora” di silenzio di cui parla l’Apocalisse: “Quando l’Agnello aprì il settimo sigillo, si fece silenzio nel cielo per circa mezz’ora.” (8,1). Senza silenzio non c’è discernimento per cogliere la “gravità” del momento che viviamo; non c’è sensibilità per aprirsi allo stupore dell’intervento divino; non c’è parola illuminata per leggere il presente!
Forse ci manca l’igiene mattutina dell’anima. Laviamo con cura orecchie e bocca, ma spesso trascuriamo le orecchie e la bocca del cuore. Bisognerebbe ricordare, ogni mattina, l’evento del nostro battesimo e, immergendo in quelle acque le nostre mani, ripetere interiormente, in preghiera, l’Effatà battesimale: “Il Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti, mi conceda oggi di ascoltare la sua parola e di professare la mia fede”!