Domenica 12 maggio – Ascensione

La solennità dell’Ascensione del Signore celebra un evento narrato estesamente con alcune variazioni due volte nel Nuovo Testamento, alla fine del Vangelo secondo Luca (Lc 24,50-51) e all’inizio del libro degli Atti degli Apostoli (At 1,6-11). In Giovanni si ha un riferimento implicito al ritorno di Gesù al Padre nelle parole del Risorto a Maria di Màgdala (Gv 20,17). Non vi sono tracce esplicite in Matteo, mentre l’episodio al centro del Vangelo della sesta domenica di Pasqua, che fa parte della cosiddetta “finale lunga” (canonica) del Vangelo secondo Marco, non appartiene, secondo gli studiosi, al racconto originario del secondo evangelista, che si interrompe in gran parte della tradizione manoscritta più antica in 16,8.

Si tratta, quindi, di una “integrazione” a Marco che i primi lettori di questo testo hanno avvertito come necessaria e che le comunità di destinazione hanno accolto, completando la presunta incompiutezza e difficoltà di un testo che si chiudeva sulla paura e sul silenzio delle donne giunte al sepolcro (Mc 16,8). Tale aggiunta (Mc 16,9-20) riassume quanto è presente negli altri testi evangelici dopo la notizia della resurrezione, soprattutto le apparizioni del Risorto (vv. 9-14), notizie accolte con incredulità dagli Undici, poi il mandato missionario (vv. 15-18; cfr. Mt 28,19) e quindi la notizia della elevazione al cielo di Gesù (v.19), ripresa dalla tradizione lucana, insieme a un breve cenno (v. 20) all’avvio della missione apostolica, accompagnata dalla benedizione del Signore.

I vv. 15-18 sono dedicati, appunto, all’invio dei discepoli “in tutto il mondo” per proclamare “il Vangelo a ogni creatura” (v. 15): giunge, quindi, a esplicitazione un tema che, almeno in Marco, è stato affrontato in pochi passaggi (seppur molto significativi: cfr. episodi come l’incontro con la sirofenicia o la seconda moltiplicazione dei pani nella sezione Mc 6,6b–8,26), ossia l’idea che la missione di Gesù e la buona notizia non siano destinate soltanto ai figli di Israele, ma ad ogni creatura disposta ad accogliere questo annuncio. Anche geograficamente, l’orizzonte del “mondo” si profila nel secondo vangelo per la prima volta, superando non solo i confini della Galilea tanto centrale per l’esperienza discepolare in Marco (cfr. 1,16; 14,28; 16,7), ma anche di quelle poche regioni limitrofe (Tiro, Sidone, Decàpoli) in cui Gesù ha incontrato persone provenienti dal paganesimo.

Il mandato missionario esorta dei discepoli – prima paurosi e incerti e ora riconfortati dall’incontro con il Risorto – a (ri)mettersi in cammino per le strade del mondo e predicare la buona notizia ricevuta in dono dal Maestro. Il battesimo per chiunque accoglierà il vangelo è ben più di un rito di iniziazione: è espressione della loro fede e della nuova adesione a Cristo in cui riconoscono la vita autentica (cfr. l’alternativa “consequenziale” salvezza/condanna). I segni annunciati per i credenti (esorcismi, fenomeni di glossolalìa, guarigioni) ricordano non solo alcuni effetti tipici dell’agire di Gesù tra gli uomini durante il suo ministero (a riprova della continuità tra azione del Maestro e dei discepoli), ma anche altre manifestazioni tipiche del tempo dello Spirito che si apre con l’elevazione di Gesù al cielo, come il parlare in lingue o la resistenza a serpenti (cfr. quanto narrato negli Atti). Tali segni rassicurano i credenti che la fede nel Signore Risorto offre una salvezza inattesa e indefettibile, non perché gli uomini non falliscano, ma perché in azione è la grazia di Dio, sempre sovrabbondante pure a fronte delle resistenze umane. L’ascensione di Gesù (esperienza non estranea all’Antico Testamento e alla letteratura apocrifa, ma che nel caso di Gesù non preserva il giusto dalla morte, ma avviene dopo che l’ha già affrontata) completa il suo itinerario “da Dio a Dio”, confermando quanto del Figlio dell’uomo Gesù stesso aveva annunciato di fronte al sommo sacerdote in Mc 14,62, con le immagini del profeta Daniele. È l’ennesima e definitiva conferma ai discepoli e al lettore che Dio si è riconosciuto pienamente nell’agire del Figlio e lo pone per l’eternità accanto a sé, come suo “luogotenente”.

Così, le parole di Gesù agiscono come un attivatore nelle gambe di questi uomini e donne, che si mettono in cammino e annunciano la buona notizia ovunque, confermando per l’offerta della salvezza il superamento di ogni barriera etnica o geografica o religiosa. La loro predicazione è accompagnata e resa efficace dalla presenza costante del Signore, che “agiva insieme con loro” (v. 20). Il Gesù di Marco ha fatto i Dodici perché stessero con lui (cfr. Mc 3,14), e ora è lui che resta insieme con loro e con la Chiesa nascente, a costruire nuove possibilità di bene per ogni donna e uomo sulle strade del mondo, per sempre.