… si trasfigurò davanti a loro
In questa seconda domenica le letture del giorno ci offrono una riflessione importante sul dono. Farsi dono, consegnarsi per amore come Cristo ha fatto morendo sulla croce. Non solo il Natale è celebrazione mistagogica del dono del Verbo all’umanità, con la in quaresima ci prepariamo a vivere il culmine, la pienezza dell’incarnazione. La Pasqua è il pleroma del Natale, cioè la manifestazione della pienezza dei poteri di Dio. Gesù uomo si fa dono, si consegna liberamente nelle mani degli uomini, per sciogliere le catene del peccato e riportarci alla libertà dei figli di Dio. Abramo, non rimprovera Dio di essere crudele e accetta di sacrificare il proprio figlio Isacco. Lo porta sul monte Moria, lì dove si realizza il disegno provvidenziale di Dio che non vuole la morte dei peccatori ma la loro conversione e che vivano in eterno. Lutero aveva rimproverato Dio, secondo lui crudele per aver mandato a morire il figlio Suo sulla Croce. Ma la croce non è un atto di crudeltà, bensì di estrema e infinita generosità. Quando si ama fino in fondo e fino alla fine, si dona tutto di noi stessi anche il proprio sangue. “Nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici” (Gv 15, 9-17). Questo amore teleologico, ci fa comprendere il senso profondo anche della Trasfigurazione. L’evento del Tabor non è un evento miracolistico, ma un invito a pregustare il dono di Dio: Cristo. I tre prescelti per recarsi sul monte, Pietro, Giacomo e Giovanni sono chiamati a trasfigurarsi anch’essi con Gesù, a entrare con Lui nella passione e con Lui uscirne da risorti. Ma non si riesce ancora a capire cosa sia la resurrezione. La Resurrezione sembra un grattacapo di teologici e maestri di Scrittura, i Sadducei addirittura non ci credono. Cristo scopre le carte delle cose invisibili e ci mostra la sua vera identità. Per credere nella luce della vita bisogna passare attraverso il buio della morte. Gesù attraverso la luce del tabor, dove le vesti sono più bianche e luminose, ci fa assaporare la bellezza della salvezza e della gloria di Dio. La Gloria della resurrezione è vicina, occorre però imparare ad abbandonare oasi felici e paradisi artificiali e piantare bene i piedi a terra per affrontare il giudizio, la condanna e la morte. Gesù ci consegna il dono di sé nell’Eucaristia: ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunciamo la tua morte o Signore e proclamiamo la tua Resurrezione. Non sono solo parole di un rituale ma il cuore del mistero, la profezia della liturgia. Le nostre liturgie a volte sono così poco mistagogiche, appiattite dalle troppe parole e non sempre capaci di far trapelare il mistero della vita che supera la morte. Nel Tabor il miraggio diventa per un istante la realtà, anche se dura lo spazio di pochi istanti. Tra breve Gesù non sarà vestito di bianco ma di porpora, non solo, sarà denudato, oltraggiato, coronato di spine, apparentemente sconfitto, inchiodato sul legno crudo della croce. Senza la “croce” non c’è nessuna via di uscita. In questa domenica la Trasfigurazione ci rivela quindi la gioia e il dolore, la luce e la notte, la morte e la vita che si affrontano in un poderoso duello da cui però noi sappiamo chi uscirà vincitore. Prepariamo allora anche la nostra vita su questa sicura e inoppugnabile vittoria che supera, per sempre, le aspettative di chi vede nella morte solo il nulla e il fallimento. Incamminiamoci con il maestro in questo itinerario che dal Tabor ridiscende per poi risalire sul Calvario e fino al sepolcro. In queste tappe divine si manifesta il vero volto di Dio e il suo messaggio più vero: solo chi perde la propria vita e la dona in riscatto per molti la troverà. Non siamo gelosi di ciò che abbiamo, anche Abramo dovrà fare i conti con i suoi possessi e le sue dipendenze perché niente e nessuno può essere amato più di Cristo. Dio ama chi dona con gioia e chi si consuma per il regno di Dio, non perde, anzi avrà sempre la vittoria, perché “se Dio è con noi – direbbe San Giovanni Bosco –, noi siamo sempre la maggioranza”.