In questa domenica ascoltiamo, proprio all’inizio dell’estate, un meraviglioso Vangelo sul riposo, che inizia con questa esplosione del cuore di Gesù: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”. Quali sono queste cose tenute nascoste? Conoscere Dio veramente e riconoscerLo mentre viene. Se, infatti, facciamo riferimento ai versetti che precedono questo testo di Matteo, si parla delle città in cui erano avvenuti la maggior parte dei prodigi, ma non si sono convertite, di Giovanni Battista che, in carcere, chiede a Gesù se è Lui il Messia che deve venire e del giudizio di Gesù sulla sua generazione: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”, per parlare di coloro a cui non va mai bene niente. Possiamo vedere tutti i segni che vogliamo e non scoprire il Padre, perché un conto sono i segni e un conto è conoscere il Padre. Chi è che conosce Dio veramente e lo riconosce mentre viene? I piccoli: a Gesù, infatti, si avvicinano solo i poveri di spirito e gli afflitti.
Per conoscere il Signore bisogna ri-conoscere la propria povertà e smettere di vivere in adorazione del proprio ego: il centro non sei tu. Si racconta che San Francesco, dopo il bacio al lebbroso, quel giorno, per la prima volta, smise di adorare se stesso: in altri termini cominciò a conoscere tutto e tutti, non secondo la carne, ma secondo lo Spirito, come ci dice la Seconda Lettura. È lo Spirito che ci mostra la nostra debolezza, ovvero che da soli non riusciamo a fare il bene. In nome della nostra ragione, spesso, diventiamo piuttosto violenti, perché stanchi e oppressi. La Prima Lettura parla di un re giusto e umile che cavalca l’asina e rialza chiunque è caduto: “Egli rigetta le armi della guerra e sceglie le armi della pace”. Ebbene, la seconda parte di questo Vangelo ci esorta a prendere il “giogo” di Cristo (è una parola molto bella, da cui vengono i termini “coniuge”, “coniugio”), che è la Legge con cui non si entra nel dovere, ma nella vera obbedienza: è la sottomissione, l’arte di entrare nella vita: non si può sempre solo dire che non va bene; non si può solo oscillare tra il subire tutto e il distruggere tutto. La vita ti mette un giogo sulle spalle: o lo porti con Dio o lo porti con la tua umanità. Con la nostra ragione creeremo solo l’oppressione nostra o l’oppressione dell’altro. Il “giogo” è, invece, andare al ritmo di Cristo e con Lui portare il peso della realtà. Non riusciremmo, da soli, neanche a fare il bene, perché anche il bene potrebbe diventare pesante e potremmo ribellarci al bene nella vita. Il problema non è essere uguali o pensarla allo stesso modo. Spesso il giogo era portato da un bue più grande e da un bue più piccolo: non si riesce mai a portarlo da soli. Il problema non è la diversità, ma, potremmo dire, è la comunione: rigare dritto, imparando da Colui che è “mite e umile di cuore”, da Colui che è dolce e sa cercare il ristoro di colui che Lui ama.
Dio, nell’ entrare nella nostra povertà, è delicato: apriamoGli la porta e allora righeremo dritti. È un invito non è una pretesa:” Venite a me”, dice il Signore. È questo il passaggio dal vivere da soli al vivere da coniugi. È questa la frase meravigliosa che Enrico Petrillo si sentì pronunciare da sua moglie Chiara Corbella negli ultimi attimi della sua vita sulla terra: “Chiara è veramente così dolce questo giogo?” – “Sì, Enrico, perché lo portiamo con Cristo”.
Da Cristo impariamo: la vera mitezza, l’arte di scegliere la giusta battaglia; la vera umiltà, l’arte di fare da soli ma non da soli, cioè da coniugi, sposati da Cristo per sposare la realtà.
Se il giogo lo portiamo con Lui non ci schiaccia, ma in Lui troveremo il vero riposo e il vero ristoro. Apriamoci al vero riposo.