Celebriamo la Sesta domenica di Pasqua e ascoltiamo, dal capitolo 14 di Giovanni, la frase di Gesù: “Se mi amate osserverete i miei comandamenti “che apre questo Vangelo. È questa una frase che può sembrare molto strana, anzitutto perché sembra un ricatto affettivo, come se Gesù imponesse: “se mi vuoi bene fai questo per me”; e poi perché si mettono insieme due realtà, l’amore e i Comandamenti, che, soprattutto nella cultura moderna, sembrano profondamente in contrapposizione tra di loro.
In realtà Gesù sta dicendo qualcosa di veramente profondo e di veramente grande.
Che significa: “se mi amate osserverete i miei comandamenti”? Anzitutto, che quando ci apriamo all’amore, l’amore e comandamenti non si contrappongono, perché l’amore crea i comandamenti e i comandamenti custodiscono l’amore. C’è una frase meravigliosa del libro “Il piccolo principe” in cui la volpe dice al piccolo principe: “tu non puoi arrivare a tutte le ore del giorno, ma arriverai alle quattro, perché così io dalle tre comincerò ad essere felice”. L’amore, cioè, non è un semplice sentimento (“amo perché mi piace), non è semplicemente un fatto psichico, (“amo perché me lo sento”). L’amore è una scelta che crea dei riti, che crea delle regole, che sa fare la cosa giusta al momento giusto, come direbbe il servo di Dio Giampiero Morettini.
Tutto questo non è sforzo, ma è creato in noi dallo Spirito Santo che opera il passaggio dall’osservanza esteriore dei Comandamenti (“faccio le cose perché devo”), all’osservanza per amore di Chi me li dona, amo perché mi sento amato. Amo perché li “osservo” in chi me li mostra ed è bello quello che osservo. L’amore non è cieco, l’amore ci vede benissimo.
Gesù, poi, definisce lo Spirito Santo un “altro Consolatore” che il Padre manderà.
Evidentemente c’è consolatore e consolatore. C’è la consolazione che uno cerca quando gli sembra di amare troppo e non riceve per quanto dona, allora va in crisi e dice: “beh, ma allora che faccio a fare tutto quello che faccio?” e si rifugia in mille comode compensazioni o passa il conto del suo “amore eroico”, e c’è la consolazione di un altro consolatore, per cui qui Giovanni usa il termine “Paràkletos”. Questi era il “chiamato vicino” ad un accusato, perché lo aiutasse e perché lo difendesse, ovvero Colui che ti aiuta a rispondere, che non si sostituisce a te, ma con te collabora.
Quando ci lasciamo portare dallo Spirito Santo, arriviamo alla verità tutta intera che è l’amore e allora tutte le circostanze della vita, da obblighi, diventano vere e proprie esigenze dell’amore, tante chiamate all’amore. Il nostro amore, quindi, è l’amore di risposta a quell’amore di Dio che dimora presso di noi, così che non viviamo più da orfani, ma da figli amati, e si vede che non partiamo e non finiamo con noi stessi. È questo un amore che il mondo non vede e non conosce, perché è un amore che ti fa vedere anche quello che da soli non siamo capaci di vedere, e di conoscere quello che da soli non siamo capaci di conoscere: amare e amarci tra noi come Dio Padre ci vede e ci conosce.
Nella Seconda Lettura, San Pietro afferma infatti che un cristiano che vive la vita nuova sa “rispondere a chiunque domandi ragione della speranza che è in noi”, nonostante il male ricevuto, e sottolinea che, se questa è la volontà di Dio, “meglio soffrire facendo il bene piuttosto che operando il male, perché adoriamo Cristo nei nostri cuori”, cioè Lui dimora in noi.
L’apostolo Filippo, nella Prima Lettura, andando dai Samaritani si rende conto che manca loro lo Spirito Santo: noi ci rendiamo conto della differenza che c’è tra vivere con e senza lo Spirito Santo? Allora la vita, e tutto quello che siamo chiamati a fare, diventa questione d’amore non di farcela.
Questo è il senso di quanto ha lasciato scritto il servo di Dio Giampiero Morettini nel suo testamento, lui che è andato in cielo a metà del suo cammino di seminario: “Carissimo don Francesco, carissimi familiari, fratelli e amici, se leggerete questa lettera vuol dire che sarò tornato alla casa del Padre, ma non vi preoccupate. Ci rivedremo al posto giusto e al momento giusto”. Questo perché tutto quello che, umanamente, a noi sembra storto Dio, attraverso il suo amore, lo rende dritto e ci guida alla verità tutta intera: è questione d’amore, appunto, non di farcela.