Domenica 4 giugno – SS. Trinità

Celebriamo oggi la Festa della Santissima Trinità. Perché si celebra?

Apparentemente potrebbe sembrare una festa astratta. In realtà la Festa della Santissima Trinità è la Festa della nostra Salvezza: lo Spirito Santo è l’unione tra il Pastore e la pecora, è il Signore della Comunione, il Signore della relazione. È Lui che ci fa incontrare Gesù vivo che ci salva e questa esperienza della salvezza, attraverso il Figlio, ci fa conoscere il Padre. E così non viviamo più da servi o da soli, con tutto lo zaino della vita sulle spalle, ma viviamo nella libertà dei figli che si sentono amati dal Padre. Abbiamo bisogno, di conseguenza, di festeggiare Dio che è Padre e che ci genera sempre come Figli in ogni fatto della vita, anche negli eventi di morte, della nostra vita: anche la morte fisica sarà la strada che ci apre il cielo, che ci apre il Paradiso. Abbiamo poi bisogno di credere che Gesù è l’unico vero Signore, così possiamo disobbedire a tutti gli altri padroni che dominano la nostra vita e ci rendono schiavi. Infine, abbiamo bisogno di credere nello Spirito Santo che è Signore e che ci insegna la vita, correggendoci e consolandoci. È nella consapevolezza della Trinità che facciamo l’esperienza di quel “tanto” che Gesù dice a Nicodemo nel Vangelo di oggi: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio unigenito”. Noi, attraverso lo Spirito, riceviamo Gesù come il dono del Padre, come l’amore del Padre, per non andare perduti, poiché tutti rischiamo di andare perduti, cioè di sprecare la nostra vita. Abbiamo, quindi, bisogno della vita di Dio che si riceve su questa terra, per vivere tutto con la “qualità” della fede.

 “Egli è venuto, non per condannare, ma per salvare”. Abbiamo la concreta possibilità di perderci, la concreta possibilità di dire “no”, ma “chi non crede è già stato condannato”: che cos’è questa condanna?

Aggiunge Giovanni:” Perché non crede nel nome dell’unigenito Figlio di Dio”, cioè la condanna è legata al nome.   Di quali nomi si sta parlando? Si sta parlando di Paolo, di Francesca, di Luigi? No. Chi non crede è  condannato dagli altri nomi che vengono dagli altri padri, ma quanti nomi abbiamo?

 

Per rispondere facciamo riferimento al rito del Battesimo, laddove è molto interessante la domanda che viene fatta all’inizio: “che nome date al vostro bambino?”. Ovviamente i genitori non danno il nome in quel momento, avendolo già scelto e registrato all’anagrafe. Quella prima domanda del rito del Battesimo è, in realtà, una presa di consapevolezza che il primo nome lo riceviamo dai nostri genitori, dalla vita che loro ci hanno dato, tanta o poca, bella o brutta, vuota o piena; c’è poi un secondo nome, che è quello che ci diamo da soli per reagire al nome che ci è stato dato dai nostri genitori: quindi se devo essere quello “bravo”, farò di tutto per soddisfare le loro aspettative o farò di tutto per non essere bravo. È chiaro che questo nome non è “libero” in quanto è solo la mia reazione al primo nome ricevuto; il terzo nome, invece, è quello che mi dà il Padre: quando mi dà questo nome? Nel Battesimo, ma diventa concreto nel momento in cui io mi rendo conto che da solo non posso cambiare il mio nome, ma lascio amare il mio nome al Padre ed esso diventa per me: “vivere tutto da figlio amato”, per cui io non mi sento condannato dalla mia vita o nella mia vita, ma io vivo da salvato.

Questo è il senso di quel Nome che nella prima lettura il Signore proclama sul monte a Mosè, che è andato a portar su le Tavole con la Legge di pietra a cui il popolo non è capace di obbedire e di servire. Lì Mose riceve quel Nome da imporre sulle spalle del popolo, un popolo di dura cervice. Un Nome che è misericordia, un Nome che è salvezza.

È molto diverso fare esperienza di Dio nella vita e conoscere Dio per Nome. Un conto è aver incontrato Dio nella vita, e un conto è vivere in comunione con il Padre, con il Figlio e con lo Spirito Santo nel segno di quella preghiera semplice che ci è stata insegnata da bambini, che non dice “Il nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo….”, ma “Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.”.

La Trinità o si vive da dentro o si vive da fuori e questo cambia tutto.