Celebriamo la quarta domenica di Pasqua, domenica delle vocazioni; in questa domenica il Vangelo ci propone due immagini molto forti e significative: la porta e il pastore.
La porta è una soglia che permette di varcare uno spazio: lasciare uno spazio per entrare in un altro spazio. Dice Gesù che chi non entra dalla porta nel recinto è un ladro, chi entra dalla porta è il pastore. Di che cosa parla? Del nostro cuore.
A volte accogliamo nel cuore pensieri tortuosi, che non sono lineari, ma storti e allora anche noi dobbiamo essere spinti fuori. Cristo, che è il Buon Pastore, ci tira fuori, cioè ci libera. Di solito il pastore, al tempo di Gesù, stava dietro le pecore, con il bastone: con la cima a ricciolo, come quella del vescovo, riprendeva chi cadeva e con la punta spingeva, pungolava, le pecore.
Ci sono situazioni da cui siamo chiamati ad uscire e situazioni in cui siamo chiamati ad entrare. Il Buon Pastore ci chiama per nome e non ci aggredisce, come ladri e briganti che saccheggiano il nostro cuore. Dio dà la grazia e bussa, sta a noi aprire la porta.
Al tempo di Gesù il recinto era quello dell’ovile, ma era chiamato così anche quello del tempio. Gesù nella festa di Hanukkah passeggia nel tempio come Dio Padre nel giardino di Eden per cercare Adamo e torna a chiedere ad ognuno di noi: dove sei?
Chi sta educando oggi il mio cuore? Chi sta educando i miei figli? Chi è alla base delle mie scelte? E’ la Legge che impone (“devo”) o l’Amore che attira (“eccomi”)?
Ci sono spinte-costrizioni e spinte-desideri, la differenza? La libertà. Cristo ci conduce alla bellezza del nostro sì con tutta la nostra battaglia, ma Lui ci conosce e tocca il nostro cuore, nel profondo, chiamandoci alla libertà vera, come quella di Pietro che, finalmente, nella Prima Lettura, può parlare al popolo con franchezza.
La Seconda Lettura ci dice che con la Pasqua non viviamo più per il peccato, ma per la giustizia di Dio, perché lo sforzo non basta ma occorre la Grazia che tocca il cuore.
Siamo nati per essere consacrati nel battesimo per la nostra vocazione. Le pecore, al tempo di Gesù, erano quelle allevate per il sacrificio. Cristo ci attende alla porta del nostro cuore e ci attira a vivere ogni giorno il mistero Pasquale, facendo della nostra vita il suo dono al mondo.
Noi non sappiamo quello che Lui può tirare fuori da noi, lasciamoglielo fare.
Il ladro viene per distruggere, uccidere: Gesù dà la vita e una vita abbondante. La vocazione è “una Vita di più” da ricevere dal Signore e da donare ai fratelli.
Credere non è una dottrina, è vivere una Vita eterna che vivifica tutto per “essere originali e non fotocopie”, direbbe il Beato Carlo Acutis.
Oggi essere cristiani non è più una moda, ma è la scelta di chi ha il cuore toccato e liberato dal Signore Gesù Cristo. Di chi si lascia custodire dal Buon Pastore per custodire gli altri: custoditi per custodire.
Molti conoscono il capolavoro di Tolkien “Il Signore degli Anelli”: ad un certo punto della storia Gandalf arriva a Rohan e dice a re Théoden che ha ceduto alle tenebre dopo la morte del figlio Théodred: “troppo a lungo sei stato nell’ombra e hai prestato fede a ragionamenti contorti e suggerimenti disonesti. Alzati e vieni alla luce!”. Lo stesso sia per noi.