L’arte narrativa di Giovanni è superba nel creare quadri di incontro, di dialogo, d’intimità (cf Gv 3,1-15; 8,1-11; 12,1-8; 20,11-18; 21,15-19). Le ragioni per cui Gesù decide di lasciare Gerusalemme sembrano di cronaca ma servono, piuttosto, a preparare la scena che è al centro della pericope (vv.7-26) e che mette a fuoco il pozzo di Sicar, dove avviene il prodigioso convegno di Gesù con la Samaritana. Il rifiuto dei farisei genera nel Maestro il desiderio di tornare nella sua terra, di salire in Galilea, nel suo villaggio dove non si sarebbe sentito un estraneo, nella sua casa che sapeva di pane caldo, di sorriso e di pace (cf. v.3; 2,1-12). La prima tappa è nella città di Sicar dove Gesù e i suoi compagni resteranno fermi per due giorni (cf v.43). Il nome di questa città in Samaria – prossima o addirittura omonima dell’antica città di Sichem – è carico di memoria: i personaggi che vi sono legati sono Giacobbe e suo figlio Giuseppe, e, ancor prima, Abramo che ivi ricevette la visita dei tre uomini alle querce di Mamre (cf Gen 18,1ss). Sichem fa risuonare in ogni orecchio ebreo l’Alleanza di Dio con Israele (cf. Gs 24,25) ma anche il luogo della divisione politica e religiosa tra la Giudea e la Samaria (cf 1Re 12). Da quella triste data i due Regni avevano maturato un’infinita distanza e per i Giudei era persino vietato avere contatti coi loro antichi fratelli, ora considerati alla stregua degli stranieri.
Giunti al pozzo di Sicar, Gesù era molto stanco per il viaggio quando i suoi discepoli andarono a far provviste in città e lo lasciarono solo nella canicola meridiana, in quel luogo deserto. Normalmente la gente si recava ai pozzi di mattina o al tramonto (cf Gen 29,9ss; Es 2,15ss; Gn 24,11ss) per abbeverare le mandrie o attingere acqua da portare a casa ma a mezzogiorno sarebbe stato proprio strano incontrare una donna con la sua anfora. Grande dovette essere l’imbarazzo in cui si trovarono sia Gesù sia la donna in quella solitudine. La donna sposata non poteva neppure parlare con un uomo, oltre a ciò tra loro v’era anche una distanza politica e religiosa: lui era un Giudeo, (e un rabbi!) mentre lei era una Samaritana. Antichi fratelli adesso nemici. E il pio Giudeo ogni mattina recitava questa proverbiale benedizione: “Benedetto Signore perché non mi hai fatto nascere peccatore, donna e samaritano”. E questa donna, sbucata dalla luce, aveva tutti e tre i caratteri dell’impurità: era donna, samaritana e – come si vedrà presto – anche peccatrice. Con un imperativo Gesù rompe la muta tensione che è nell’aria: “Dammi da bere”! (v.7) dice alla donna. Con questo ordine – che nasconde una supplica! – inizia il lungo dialogo, un vero braccio di ferro, tra lei e Gesù. Un incessante botta e risposta che si svolge a un ritmo serrato e che avviene su molti livelli e piani di comunicazione: da quello concreto – la sete di Gesù – a quello storico: la risposta della donna formulata come una domanda: “Come mai tu che sei un Giudeo chiedi da bere a me che sono una Samaritana?” (v.9); da quello teologico-spirituale: “se conoscessi il dono di Dio e chi è Colui che ti chiede “dammi da bere” tu stessa avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva” (v.10), a quello esistenziale: “Va’ a chiamare tuo marito” (v.16).
Infine il livello di comunicazione si sposta sul piano religioso: “Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte, ma voi dite che è in Gerusalemme il luogo in cui si deve adorare…Gesù le disse: “credimi, donna: viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre … Ma viene l’ora – anzi è adesso – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità”” (vv.19-23). Nessun monte, neppure il Sion – da cui pure viene la salvezza, cioè dalla Giudea – è il luogo “sacro”; Egli non “abita” in nessun edificio materiale. Con queste parole Gesù stabilisce il superamento di ogni fissità ed esclusività della Presenza di Dio sulla terra, di ogni possibile “luogo” in cui Dio possa essere adorato come un idolo. Un luogo di separazione, di esclusione, invece che di comunione, di fraternità. Gesù annuncia un Messia di riconciliazione, un Dio che si adora in “spirito e verità”. Si tratta di una vera rivoluzione! Dio è “fonte d’acqua zampillante per la vita eterna” (v.14) qui ed ora dove la sete di un Dio trova ristoro nella sete di una donna… Dio è un’esperienza dello Spirito, acqua d’eterno Amore.