Le letture che preparano all’ascolto del Vangelo in questa prima domenica di Quaresima si riferiscono ambedue al peccato che, nella dottrina cattolica, chiamiamo “originale”. La prima lettura è tratta dal libro della Genesi ai capitoli secondo e terzo e rammemora ai cristiani come l’iniziativa di Adamo ed Eva di mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male fu – nel linguaggio del mito biblico – la ragione per cui, poi, perdettero il Paradiso e dovettero venire al mondo dove si sudava e si soffriva, per trarre il cibo dalla terra e i figli dal grembo materno. Dove s’era sottoposti al tempo e alla morte. La seconda lettura, tratta dal capitolo quinto della Lettera ai Romani interpreta il racconto di Genesi a partire dall’evento di Cristo, ragionando sul fatto che: “come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte (…) così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita”. Bisogna sottolineare come Paolo non menzioni affatto le responsabilità di Eva ma accolli totalmente ad Adamo la causa del peccato e della morte per porre al suo posto, poi, il nuovo Adamo, ubbidiente al contrario dell’antico, e autore dell’opera della giustificazione e della resurrezione per la Vita. Gesù, dunque, “si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato”: sono le parole della Gaudium et Spes (22). Ma anche il Figlio di Dio fu tentato verso il peccato, fu messo alla prova nel deserto. In cosa poteva consistere, allora, la tentazione di Gesù e cosa sarebbe stato il cedimento alla stessa da parte di Lui? “In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame”. Colpisce che sia lo Spirito a condurre Gesù nel luogo della prova, qualcosa che conferisce alla stessa un valore importante per provare e consolidare la “vocazione” di Gesù. Essendo, infatti, figlio dell’uomo oltre che Figlio di Dio, anche Gesù doveva giocare la sua libertà nel dire “sì” a Dio e aderire alla missione che il Padre gli affidava. La libertà è esercizio di fede per Gesù come lo fu per Mosè che, a sua volta, restò quaranta giorni e quaranta notti “prostrato a terra” perché il popolo, che si era corrotto e aveva abbandonato il Dio del Sinai, potesse sfuggire alla Sua ira (cf Dt 9,25). Dunque anche i giorni di digiuno di Gesù sono da Lui vissuti per condividere la prova di un popolo di peccatori (=tutta la Chiesa) e pregare per loro perché possano essere perdonati e a Lui ricondotti. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: “Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane”. Ma egli rispose: “Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Gesù patisce la fame come l’avevano patita gli israeliti migranti nel deserto ma invece di mormorare, come fecero loro, risponde alla tentazione con un verso della legge (cf. Dt 8,3) dove Dio spiega che la vita umana si nutre di parola, di amicizia, di alleanza con Dio e non solo dell’avarizia di un pane materiale e non spezzato. A un diavolo che voleva indurlo a mostrare la sua identità di un Dio di potere sulla fame e sul pane, Gesù risponderà proponendosi come un Dio fatto uomo che condividendo la fame moltiplica il pane per tutti gli affamati del mondo. Che facendosi giuntura d’Amore tra l’umano e il divino si fa Pane di vita eterna per tutti i figli di Adamo. Ma se il deserto è il luogo della tentazione del corpo, il Tempio è quello della tentazione dell’anima, la più ambigua, la più pericolosa, la più blasfema: Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”. Il diavolo cantilla il Salterio, conosce la vertigine che può dare il trovarsi sul pinnacolo del Tempio, il delirio di onnipotenza, il rischio di sostituirsi a Dio! Gesù non cade nella sua trappola perché conosce la Parola e segue la scia della sua luce: Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”. Che il Signore doni anche a noi, peccatori, di resistere all’insidia che porta con sé ogni tentazione.