Pregare, andare e annunciare sono le caratteristiche della missione che Gesù affida ai suoi discepoli. La preghiera è l’atteggiamento primo, quello su cui si fonda la missione. I discepoli devono essere consapevoli che “senza di lui non possono fare nulla”. La preghiera è presentata come la necessità costante di fare riferimento a lui. C’è poi la necessità di non fermarsi, di porsi sempre in cammino, di lasciarsi condurre continuamente e senza resistenze dalla forza dello Spirito, la cui voce i discepoli sentono, ma non sanno di dove viene e dove li porterà. In ultimo è chiesto di annunciare, di dire al mondo ciò che essi hanno visto, veduto, udito. Papa Francesco a tale proposito osserva: “Nell’inviare i settantadue discepoli, Gesù dà loro istruzioni precise, che esprimono le caratteristiche della missione. La prima: pregate; la seconda: andate; e poi: non portate borsa né sacca; dite: “Pace a questa casa”; guarite i malati e dite loro: “è vicino a voi il Regno di Dio”. Essere discepolo significa uscire, muoversi, persino rischiare pur di annunciare una parola di salvezza. La stabilità, lo stare fermi, il trincerarsi è pericoloso. È la paralisi, la falsa sicurezza, l’illusione di sentirsi a posto. Andare è sperimentare la paura di non essere all’altezza, con tutte le sue forme di insicurezza, compresa la precarietà e la povertà. Questo andare, però, è sempre soggetto alla provvidenza di Dio, a tal punto che si sperimenta sulla propria pelle la sua grazia. Si sperimenta che, nonostante i ripetuti sbagli, andare, con il tempo, rende liberi. Il Vangelo di oggi, inoltre ci presenta un avvertimento: il missionario, il predicatore, dov’è accolto cerchi di restare. Perché questa precisazione? Perché sono i poveri che accolgono più facilmente, mentre i ricchi accolgono chi hanno conosciuto, dunque il rischio per un missionario è quello di iniziare tra i poveri e finire tra i ricchi, soprattutto se si mostra ricco di doni e qualità. Può anche darsi che il missionario abbia un certo successo, che il suo ministero gli procuri possibilità e attenzioni da parte di molti, tra i quali quelli che contano. Il missionario inviato a tutti, proprio a tutti, incontra tutti, ma deve vigilare per non finire per essere solidale e amico di chi conta, ma lontano dai poveri e dai semplici. La parte finale del Vangelo di oggi ci ricorda ancora una volta che la vera speranza dei discepoli non va riposta nella riuscita della missione ma nella comunione di vita con il Signore, dal quale nessuno di loro potrà mai essere separato. Nessun fallimento, nessuna persecuzione, neppure la morte potrà separare gli inviati dall’amore di Cristo.