In questa XIII domenica del tempo ordinario il Vangelo ci chiama ad una profonda riflessione teologica sul mistero del Verbo di Dio. L’episodio evangelico narra che Gesù, prima di ascendere al cielo, prende la ferma decisione di andare verso Gerusalemme. Luca usa il verbo greco ἐστήρισεν per indicare che la ferma decisione di Gesù è da considerarsi come una scelta libera, voluta e sovrana, senza alcun condizionamento. Tuttavia, per il fatto che Gesù decide di andare verso Gerusalemme, il popolo rifiuta di riceverlo; “ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme”. Un’affermazione importante perché rivela un rischio elevato anche per noi e per i nostri tempi, cioè quello di accettare Dio a condizione che non ci mostri la sofferenza. Il rischio di accogliere Gesù senza il mistero della sua passione e senza la croce è sempre alle porte. Effettivamente la croce viene sempre più estromessa dalla vita di tutti i giorni e falsamente interpretata come una brutta avventura o come un affare puramente politico. La croce come espiazione, la croce come “forma” del perdono e della salvezza non si adatta ad un certo schema del pensiero moderno. I discepoli mostrano il loro sdegno e propongono un’azione di forza per convertire il modo di pensare delle persone che hanno davanti ma ottengono in cambio solamente il rimprovero di Gesù, segno evidente che la comprensione del mistero della croce non può essere imposta, ma deve essere accettata e vissuta liberamente attraverso il sostegno della grazia. Anche il generoso slancio dei tre personaggi che offrono la loro sequela a Gesù è paradigma della vita di molti cristiani. Non basta il desiderio generoso di seguire il Signore, occorre essere consapevoli che seguire Gesù significa rinunciare ad ogni sicurezza di questo mondo, ad ogni mondanità, avere come priorità il “regno” e non voltarsi indietro. In altre parole, occorre sapere che lo sposo a cui promettiamo fedeltà e sequela non ha come meta una tranquilla e beata oasi, ma il Golgota, preludio e passaggio necessario per la Gerusalemme celeste, dove non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate.