La liturgia di questa prima domenica di quaresima ci introduce immediatamente nella tematica pasquale, e considerata in modo particolare dal punto di vista del Battesimo, a cui il tempo della quaresima preparava, agl’inizi del cristianesimo. Ma anche oggi per tutta la comunità cristiana, questo itinerario originario si ripropone in un modo carico di senso: come tragitto attraverso il quale riaffondare le radici della propria esistenza nell’ “inizio” battesimale, interiorizzare il proprio Battesimo, farlo scendere a livello di “cuore”. Cuore umano, cuore di figlio.
In questa prima tappa situata nel deserto, nella solitudine che richiama quella del primo Adamo, , l’esperienza battesimale si configura come plasmazione della libertà dell’uomo Gesù – Figlio di Dio-, che prende le distanze da ogni seduzione di una filialità spuria, avidamente aggrappata a privilegi e tesori gelosi. Figlio di Dio è Gesù, e il Battesimo lo ha appena rivelato uomo-alleanza, uomo-pace, uomo nudo nella bellezza della sua povertà ed esposto alla relazione, libero da ogni connivenza col male. Attraverso il deserto della prova il tempo si fa “pieno”, e l’Evangelo può irrompere nel mondo: come – nel racconto di Luca – avverrà subito dopo nella sinagoga di Nazareth (Lc 4,14ss)
Ultima anta del “polittico degli inizi” secondo il racconto di Luca (annunciazione, visitazione, nascita, presentazione, prima Pasqua a Gerusalemme, battesimo, genealogia), la prova del deserto è evento inclusivo a delineare il profilo del Figlio di Dio nella nostra carne. Significativamente, Luca inserisce -immediatamente prima- la genealogia di Gesù, elaborata con un disegno singolare (diverso da Matteo), che mette in evidenza l’umanità di Gesù, risalente ad Adamo, e si conclude sul misterioso salto della sua figliolanza divina: “Gesù, … figlio di Adamo, figlio di Dio”. Luca, in risalita, va oltre i patriarchi, e ricollega l’origine di Gesù – oltre Abramo – al progenitore dell’umanità; e questo ha un profondo senso.
La sua missione di Servo del Signore trasmessagli all’uscita dalle acque, Gesù la inaugurerà nella sinagoga di Nazareth (Lc 4,14ss.). Si tratta ora di maturare in cuore la direzione secondo la quale orientare il suo ministero. C’è ancora un lungo cammino da percorrere prima che il fuoco che Gesù è venuto portare arda e il battesimo giunga a pieno compimento (Lc 12,49-50). Prima tappa è la prova: ed è lo Spirito santo, il medesimo Spirito che lo ha ricolmato al Giordano, che lo guida a entrare nella prova. Nel deserto: ove la suggestione è più subdola e la lotta è più scoperta.
La prova connota intrinsecamente il mistero dell’umanità del Figlio. Dall’esperienza battesimale che lo identifica nella sua appartenenza all’umanità segnata dal peccato – e simultaneamente appartenenza alla predilezione del Padre –, passa perciò allo scontro con il potere che domina il mondo e tenta di creare divisione nei legami più sacri. Gesù, nuovo Adamo, affronta colui che fin da principio (Gn 3) ha cercato di separare l’uomo da Dio, di tagliare il legame vitale tra i due e di dividerlo in se stesso.
“Se sei figlio di Dio”: da qui fino alla croce la vita di Gesù è tutta un esser messo alla prova sull’unicità indissolubile e la gratuità amorosa e generativa del suo legame con Dio. In Divisore non capisce, invidia, vuol tagliare quel legame.
La quaresima ci riconduce così, a questa radice di ogni esperienza pasquale: ritrovare il legame, gratuito e saldo, che ci unisce a Dio – per tutti e a nome di tutti. E questo ritrovamento necessariamente passa attraverso la prova del deserto, attraverso il passaggio dalla fame, dalla tentazione di approfittare di Dio, di farsi idoli. La lotta quotidiana contro il potere del male – che cerca di gettare tra gli umani divisioni, incomprensioni, contrapposizioni, solitudini angosciose – è parte costitutiva della vita battesimale. Quaranta giorni sono il segno che, a partire da quell’inizio, la prova si protrae, non è mai finita. Ma nel deserto degli inizi ha ricevuto la sua forma originaria: il legame con il Padre.
“… quando furono terminati i 40 giorni, ebbe fame”. Nella prima prova si rivela l’umanità di Gesù, la percezione sofferta del limite. Gesù rimane figlio affidato al Padre anche nella situazione estrema, la mancanza. Invece il seduttore insinua: “Se sei figlio,… approfitta”: supera il limite della tua precarietà approfittando della exousia che viene dal tuo legame con Dio. Il sofisma del Divisore è sottile, e può assumere mille forme. Giovanni Battista aveva affermato (Lc 3,8b) che Dio può trasformare le pietre della strada in figli di Abramo, dunque Gesù, se è figlio di Dio, potrebbe trasformarle in pani per sfamare se stesso. Ma Gesù combatte questo sofisma attraverso la Scrittura, utilizzandola rettamente. Non cede Gesù alla logica del seduttore, neppure quando – nella seconda tentazione – elabora una ridicola proposta di scambio di favori, per un potere mondano tristemente schiavizzante; o quando si presenta sotto la evanescente figura di esaltazione religiosa. Ad accomunare le tre tentazioni è – come in principio – la sfida a oltrepassare autonomamente il limite della condizione umana. Il limite così efficacemente simboleggiato nelle ceneri del mercoledì di inizio quaresima.
Gesù oppone la parola scritturistica, generatrice di verità filiale, alla parola deviata che gli viene insinuata dal Divisore. Obbedendo alla Scrittura, egli si affida pienamente alla volontà del Padre. Ed ecco, subito il deserto fiorirà nell’annuncio stupendo in sinagoga: “Oggi per voi si compie questa Scrittura” (Lc 4,21). La scrittura, che il Divisore cita strumentalizzandola, diventa nella sua logica schiavitù a idoli. Nel Figlio, povertà che splende di fiducia, essa è nutrimento sostanziale.
Il deserto della quaresima, quest’anno rappresentato al vivo dagli orrori degli scenari di guerra, ci sollecita a ritrovare la grazia dell’inizio battesimale della vita: l’ascolto delle Scritture lette alla luce della pasqua di Gesù – figlio di Adamo, Figlio di Dio.
Riscopriamo il tempo di grazia della quaresima, anche sollecitati del messaggio dei vescovi italiani che dicono: è anzitutto tempo di ascolto. Sì, certo “ascolto delle voci” dell’umano, ma anzitutto ascolto della Voce, che trasmette la Parola di Dio che ci apre a intendere – guidati dallo Spirito – le molte e contrastanti voci che solcano quest’ora della storia, tormentata, e promettente: tempo della prova, per la rigenerante fedeltà all’ “Abbà, Padre!”. Solo l’uomo povero, è erede del mondo.
*osb, monaca di Viboldone