Inizia un nuovo anno liturgico, tramite il tempo forte dell’Avvento siamo invitati a rivolgere la nostra attenzione verso le ultime realtà, riflettere intorno al destino della creazione e della vita di ciascuno di noi. Lo scopo di un’esistenza, può essere meglio compreso, solo nel momento in cui si ha presente il fine verso cui siamo incamminati. Vi è un potenziale rischio: avere lo sguardo basso, immerso nel vivere quotidiano, senza rendersi conto di quale sia il traguardo della vita. Qualcun altro invece, può essere ben consapevole che il nostro essere creature ha un termine, però non vuole pensarci, quasi a esorcizzare il momento. Il tempo dell’Avvento, soprattutto nella prima parte, ci dona delle indicazioni molto preziose, aiutandoci a comprendere che la nostra esistenza acquista sapore se consapevole di ciò che accadrà: è in base al fine che si prendono le misure del vivere. Questo tempo, che non va ridotto a una mera preparazione al Natale, ci insegna che la vita umana non ha una fine, bensì un fine, uno scopo: il mio incontro con Cristo luce del mondo. La corona d’avvento mi ricorda proprio questo aspetto, l’esistenza umana non va verso la morte intesa come oscurità, annullamento, ma verso la luce che è Cristo. Il fine si caratterizza come un ad-ventus: un appuntamento tra l’uomo e Gesù, infatti, mentre noi camminiamo incontro a Cristo, Lui a sua volta procede verso di noi. “E vide che era cosa buona e giusta” ci ricorda il libro della Genesi, e se così è, anch’io come creatura possiedo un senso che nasce dal Cristo che mi attende, mi salverà, mi condurrà con Lui. Andare incontro al “fine” non significa che stiamo camminando verso un futuro che accadrà, quest’ultimo non è scritto da nessuna parte, non siamo dei destinati, il Vangelo piuttosto desidera che ciascuno di noi si mobiliti su cosa fare, perché possiamo giungere ben preparati all’incontro con il Signore. Il tema predominante del Vangelo di oggi e dell’Avvento è il vegliare: la religione non è un oppio, non è una realtà in grado di chiuderti gli occhi e anestetizzarti dalla concretezza della vita, al contrario sostenendo che l’esistenza è un cammino, ti chiede di darle uno scopo: se sei ben conscio di dove stai andando, non perder tempo con il distrarti guardando il paesaggio. Vegliare: c’è un oltre che attendo, c’è un di più imparagonabile rispetto alle bellezze che nell’immediato l’occhio può osservare. Vegliare: la mia vita non trova il suo senso profondo, la motivazione del cammino in quello che è mortale come me, ma il fine è in Lui che mi sta venendo incontro, è l’eternità che viene per avvolgermi e farmi divenire luce. Stai attento a non inciampare. Il giorno dell’incontro non ci è dato saperlo perché ciascuno di noi non si culli sul tempo mancante o non entri nel panico quando esso si avvicina, vivi bene: ogni giorno può essere il giorno, tieni sempre aperti gli occhi. La tua fede assume sapore non in base al ruolo o alla classe sociale che hai acquistato su questa terra o sulle categorie umane che determinano il realizzarsi. Due persone possono svolgere il medesimo lavoro, avere lo stesso modello di vita, si determina però una differenza: vi è chi ama e chi invece “prende”, chi lavora per edificare il bene comune e chi invece si impadronisce delle cose, procurando sofferenza per il prossimo. Uno sarà preso e l’altro no, chi era consapevole del “fine” è accolto nell’eternità sperata, chi credeva di trovare senso nelle cose del mondo si dissolverà con esse.