In questa IV Domenica del tempo ordinario la Chiesa ci invita a meditare sul primo capitolo del Vangelo di Marco, dove si descrive l’episodio di Gesù che insegna di sabato nella Sinagoga di Cafarnao. Nel raccontare l’episodio Marco non si sofferma sui contenuti dell’insegnamento di Gesù, piuttosto sembra concentrato a far emergere un fatto alquanto strano. Gesù, egli afferma, insegna come uno che ha autorità, e non come gli scribi a cui è implicitamente contestato il fatto di non averne alcuna. Coloro, gli scribi, che sono di fatto i responsabili della trasmissione della fede di Israele non hanno autorità. Un paradosso clamoroso, ma ancora più paradossale è il fatto che ad accorgersi di questo insegnamento sterile e privo di autorevolezza è proprio il popolo: “erano stupiti del suo insegnamento: egli, infatti, insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi”. Il tema del “sensus fidei fidelium” è sempre stato nella teologia della Chiesa un punto di partenza per lo sviluppo dell’evangelizzazione. Papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium afferma che in tutti i battezzati, dal primo all’ultimo, opera la forza santificatrice dello Spirito che spinge ad evangelizzare. Il Popolo di Dio, egli ricorda, è santo in ragione di questa unzione che lo rende infallibile. Questo significa che quando crede non si sbaglia, anche se non trova parole per esprimere la sua fede. Dio dota la totalità dei fedeli di un istinto della fede – il sensus fidei – che li aiuta a discernere ciò che viene realmente da Dio. Il Vangelo di oggi è un richiamo forte e chiaro a considerare come la vera ed autentica evangelizzazione non si può attuare senza il popolo. Il senso comune dei fedeli è capace di riconoscere l’autenticità del messaggio e la sua autorevolezza, proprio come è avvenuto nella sinagoga di Cafarnao. Il Vangelo di Marco va ben oltre e individua un’altra realtà, oltre al popolo, capace di riconoscere immediatamente l’autorità di Gesù, si tratta dello “spirito impuro” che manifesta la sua ribellione all’insegnamento di Cristo, il quale viene additato come la causa della sua rovina. La narrazione evangelica mette in relazione l’insegnamento di Gesù, la sua autorità, con l’obbedienza. L’insegnamento è autorevole quando è accompagnato dalle opere che lo confermano come tale. Una delle differenze più evidenti tra l’insegnamento degli scribi e quello di Gesù è riconducibile al fatto che gli uni si limitano a parlare mentre Gesù insegna mettendo in pratica ciò che rivela. La sua parola è viva e operante, vince il male e rende l’uomo libero. Ecco allora che lo stupore iniziale del popolo diventa timore: “tutti furono presi da timore”. Il timore di Dio è il segno più eloquente di un insegnamento efficace, dato con autorità, capace di scaldare il cuore delle persone e di ottenere l’obbedienza alla fede, in virtù del potere che Gesù ha di sottomettere a se tutte le cose.