In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Questo brano è in diretta continuità con quello che abbiamo ricevuto domenica scorsa: dopo la parabola dei due figli, arriva questa dei vignaioli omicidi. Da domenica scorsa è iniziata dunque una raffica di dure contestazioni a cui Gesù sottopone mediante il linguaggio parabolico gli intellettuali e i religiosi a lui ostili, nei quali coglie quell’intenzione omicida che nella parabola odierna è espressa chiaramente.
C’è una sorta di crescendo: domenica scorsa a costoro Gesù aveva anteposto nel Regno “pubblicani e prostitute”, perché loro al Battista avevano creduto, mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo no; oggi Gesù rincara la dose, e li dichiara non solo superati, bensì privati del Regno, perché infruttuosi e assassini. Domenica prossima andrà ancora oltre: non solo superati e privati del Regno, ma addirittura gettati fuori, nelle tenebre infernali (cfr. Mt 22, 1-14).
Non dobbiamo però dimenticare che dietro ogni invettiva del Signore, in filigrana, c’è un appello speranzoso alla conversione, rivolto proprio ai suoi nemici: è a loro che Cristo chiede di giudicare l’operato dei vignaioli, perché si rendano conto dell’iniquità del proprio comportamento e, contattato il male che è in loro, possano pentirsi e cambiare vita, come quando il profeta Natan aveva raccontato al re Davide la parabola dell’uomo e della pecorella, per far comprendere al re che era lui il traditore e l’assassino (cfr. 2 Samuele 12, 1ss.).
Ma qui, niente: “Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.” (Mt 21, 45-46).
Nessuna conversione, nessun ravvedimento. Nell’incedere dei nemici di Gesù vediamo la più completa idiozia all’opera: l’idiota è la persona incapace di uscire dalla propria scatola cranica; incapace di ascolto e di risposta, va avanti come un rullo compressore, pieno e convito di sé, delle proprie solide e stolide sicurezze.
Costoro hanno dimostrato che quanto Gesù diceva era vero: non si sono voluti pentire, non hanno voluto cambiare. Abilissimi nel giudicare l’ingiusto comportamento altrui, dirottano verso l’esterno quella lucidità che avrebbero dovuto avere con se stessi: una strategia infallibile per finire all’inferno…
…e non è forse la tentazione che stiamo avendo anche io e te, mentre leggiamo questo brano, e vi applichiamo volti e atteggiamenti altrui anziché i nostri?