“Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi”. Sono trascorsi quaranta giorni dopo la Pasqua e con la Solennità dell’Ascensione si conclude la permanenza visibile di Dio fra gli uomini. Il racconto degli Atti degli Apostoli parla curiosamente di una nube che sottrae Gesù alla vista dei discepoli. Quante nubi sottraggono quotidianamente ai nostri occhi la visione di Dio, anche in questo tempo di incertezza e di precarietà sembra che qualcosa o meglio qualcuno ci voglia privare di questa visione rassicurante e pacifica. Nella scrittura la nube è il simbolo della presenza stessa di Dio e il racconto dell’Ascensione è l’espressione più profonda e intelligente della fede che Dio chiede a ciascuno di noi. Dietro ad ogni avvenimento, per quanto negativo e drammatico, dietro ad ogni vicenda umana per quanto incomprensibile, si nasconde sempre la possibilità di vedere e di sperimentare la presenza di Dio. Se è profondamente vero che Dio non vuole il male dei suoi figli e non punisce sadicamente il peccato degli uomini per estorcere conversioni che non sarebbero frutto di scelte libere, risulta altrettanto vero che Dio è sempre presente anche dietro le vicende più dolorose della storia per porsi come rimedio ad esse. L’Ascensione di Gesù ci chiede di imparare a vedere il Signore in un modo nuovo, non più con le categorie relazionali proprie dell’agire terreno ma con lo sguardo lungimirante della fede che sa riconoscerlo dietro ogni avvenimento. Oggi si conclude il periodo delle apparizioni di Gesù dopo la Risurrezione. Nell’occasione, Gesù non compie fisicamente un viaggio verso una zona lontana del cosmo, ma entra nella piena comunione con Dio. Anche se non è più fisicamente visibile, Gesù rimane comunque presente nel mondo in modo nuovo, grazie al potere di Dio che supera le limitazioni della spazialità. Il Vangelo di Matteo ci mostra curiosamente un duplice e ambiguo comportamento dei discepoli i quali, nonostante l’avvenimento della Risurrezione e oggi dell’Ascensione, rimangono increduli: “Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono”. Prostrarsi e dubitare sono atteggiamenti contraddittori che nella fede non possono andare insieme, eppure i discepoli si prostrano e dubitano. In questo atteggiamento paradigmatico ci siamo anche noi, se da una parte ci prostriamo per indicare la nostra fede in Dio dall’altra spesso dubitiamo a causa dell’agire incomprensibile di Dio. Il rimedio unico proposto dal Signore risiede nell’obbedienza a eseguire fedelmente i suoi comandi; “andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato” e nella certezza che Egli è presente e accompagna personalmente ciascun discepolo nel cammino della vita; “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Con la sua Ascensione il Signore risorto attira il nostro sguardo al cielo, per mostrarci che la meta del nostro cammino è il Padre e ci ricorda il compito a noi affidato di portare a tutti l’annuncio del Vangelo.