“Pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito”. La liturgia di questa VI Domenica di Pasqua si concentra sulla figura dello Spirito Santo. Giovanni fa iniziare il Vangelo di oggi con la domanda di Gesù al Padre che chiede di inviare un altro Paràclito. Con questa solenne richiesta sono sveltati due importanti aspetti della vita di fede, il primo rivela che lo Spirito Santo ha come scopo principale quello di proseguire l’opera di Cristo, rendendola sempre attuale e presente nella storia. Il secondo aspetto rivela l’identità stessa di Cristo. Gesù infatti non chiede al Padre di inviare il Paràclito, ma un altro Paràclito. La parola greca paràcletos è il termine con cui nel Vangelo di Giovanni indica appunto lo Spirito Santo. Si tratta in origine di un termine proveniente dal linguaggio giuridico: il verbo παρακαλέω significa letteralmente “chiamare vicino“, ed il participio passato ha come equivalente latino l’ad-vocatus, cioè “avvocato“, inteso come “difensore” o “soccorritore“. Nel chiedere un altro Paràclito Gesù rivela sé stesso come difensore e soccorritore dell’umanità la cui opera deve ora continuare anche dopo la sua morte e Risurrezione ad opera dello Spirito Santo che il Padre manderà, “lo Spirito di Verità che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce”. Secondo quanto riportato da Giovanni affinché lo Spirito Santo possa operare con frutto la sua missione occorre che il mondo lo “veda” e lo “riconosca”, ecco perché Gesù riferendosi ai suoi discepoli afferma che loro lo “conoscono” e lo “vedono”. “Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi” e ancora, “il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete”. Conoscere e vedere lo Spirito Santo è dunque possibile nella misura in cui noi lo cerchiamo dentro di noi, a partire dalla nostra storia, dal nostro vissuto quotidiano, perché egli abita in noi, abita la nostra storia umana e la guida facendosi concretamente e sensibilmente “difensore” e “soccorritore”, questa esperienza di conoscenza concreta e tangibile che siamo tutti chiamati a realizzare passa anche attraverso il vedere, il saper dunque riconoscere la presenza di Dio, presenza che abita pienamente e corporalmente in Gesù di Nazareth. Ecco perché egli afferma: “il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete”. Là dove il mondo perde il senso di Dio e lo smarrisce, il cristiano sa di poterlo incontrare o meglio vedere. Ogni volta che guardiamo a Cristo vediamo Dio e la sua opera di soccorso e di difesa della nostra vita prosegue attraverso l’agire dello Spirito Santo che è Signore e dispensa continuamente la vita. Ecco allora la conclusione, che riprende l’inizio del discorso: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui”. Amare, osservare i comandamenti è la condizione affinché Gesù si manifesti. Questo è ciò che dovremmo conoscere nell’ebbrezza dello Spirito e nella comunione con Cristo in ogni Eucaristia che viviamo e celebriamo.