L’episodio dei discepoli di Emmaus è al centro della liturgia di questa terza Domenica di Pasqua e rappresenta certamente l’itinerario ideale di ogni uomo chiamato alla conoscenza di Dio attraverso un percorso di sequela fatto “insieme” e mai da soli. Luca parla genericamente di due di loro, essi non fanno parte dei dodici Apostoli, tuttavia ci viene detto che riconoscono Gesù al momento dello spezzare il pane. Ora, noi sappiamo che solo gli Apostoli avevano visto Gesù compiere questo gesto nell’ultima cena, perché dunque questi due semplici discepoli l’hanno riconosciuto nello spezzare il pane? Il testo narra che due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Emmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Il cammino dei due discepoli inizia da lontano ma il luogo dove dovrà terminare è sempre e comunque Gerusalemme. Con loro cammina Gesù il quale, con la Sua Parola, sembra essere preoccupato di accompagnare i due uomini proprio verso Gerusalemme dove ad attenderli ci sono gli Undici. Il ritorno nella città sembra avere come scopo l’incontro con la comunità ed è possibile solo dopo aver partecipato al gesto dello spezzare il pane, gesto che rimanda chiaramente all’Eucaristia. “Senza indugio fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro e narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane”. Il Signore attraverso una premurosa vicinanza a ciascuno di noi, vicinanza spesso non compresa o non riconosciuta, ci porta pazientemente nel cuore della nuova Gerusalemme, ovvero nel mistero della comunione con la Sua vita divina, lo fa stabilendo una Nuova Alleanza, una nuova e definitiva unione con lui attraverso il dono totale di sé nell’Eucaristia. Solo dopo aver accompagnato l’uomo a questa profonda comunione egli ci introduce nel mistero della comunità ecclesiale, nella sua famiglia, dove egli è sempre presente e può essere riconosciuto. L’evento di Emmaus ci ricorda ancora una volta che è l’Eucaristia che fa la Chiesa e non il contrario. Tutte le volte che l’uomo prova a comprendere il mistero della Chiesa attraverso una via diversa da quella indicata da Gesù ai discepoli di Emmaus si espone al grande rischio del fallimento e dell’incomprensione. L’Eucaristia ci apre gli occhi, ci fa riconoscere per un dono peculiare della grazia la presenza di Gesù e ha come conseguenza naturale la partecipazione alla vita della comunità che ci garantisce questa presenza attraverso lo spezzare il pane. Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunciamo la tua morte, Signore, nell’attesa della tua venuta, attesa che non vogliamo vivere soli ma insieme alla tua famiglia, la Chiesa, dove tutti, dopo averti riconosciuto possiamo proclamare con fede; “davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone”.