Inizia oggi, con la Domenica delle Palme, la settimana Santa, nella quale si ricordano gli ultimi giorni della vita terrena di Gesù. L’odierna liturgia si concentra sul racconto della Passione del Signore secondo l’esperienza dell’evangelista Matteo. L’intera famiglia umana, stretta dalla morsa di una pandemia che sembra non finire, è provata da grande angoscia e la coscienza di molti sembra interpellare ancora una volta l’intervento di Dio che sembra assente, distratto, tardivo e perfino impotente davanti a tanto dolore. Dell’intero racconto della Passione fanno particolarmente riflettere queste parole: “Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio scendi dalla croce”. Un punto di vista apparentemente legittimo, corretto nel suo insieme, se egli è Dio può fare tutto, può anche scendere dalla Croce salvare se stesso e gli altri, tuttavia il problema come direbbero i grandi maestri della scolastica medioevale è un altro:
“se Egli può e non lo fa è perché non vuole”.
Nella comprensione di questa economia divina si nasconde il senso più profondo del mistero Pasquale. Se è vero che la Domenica delle Palme celebra l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme, il racconto della Passione sembra smentire ogni trionfalismo fino a privare la persona di Gesù di ogni sorta di regalità e perfino di dignità. L’inizio della Settimana Santa chiede all’uomo l’inizio di una conversione profonda, senza la quale ogni possibilità di conoscere Dio rimane preclusa inesorabilmente. Oggi ci è chiesto di ripensare il modo con cui pensiamo Dio. Egli oggi si rivela a noi come un Dio che non vuole fare il dio a modo nostro ma lo vuole fare a modo suo. A chiunque lo aspetta regnante su un trono d’oro rivela come suo trono il legno della Croce, come sua corona una corona di spine e come veste regale la sua nuda umanità. Il noto filosofo Friedrich Nietzsche riguardo alla passione di Cristo affermava: “Questo è un Dio che non vuole fare il dio, umano, troppo umano”. In parte egli aveva ragione e la Domenica delle Palme che oggi celebriamo ci rende testimonianza di questo rifiuto di Dio e della necessità di convertire il nostro pensiero per cercare di ricomprendere Dio alla luce di ciò che egli ci rivela. Dio si rivela all’uomo attraverso la sua Parola ed è sempre lui che si rivela a noi, non siamo noi che possiamo rivelare Dio a noi stessi, altrimenti avrebbe ragione Nietzsche quando afferma che la religione è una semplice proiezione del bisogno di sicurezza dell’uomo. Dio non è tutto questo, nel racconto della Passione egli si rivela innanzitutto pienamente uomo senza per questo rinunciare ad essere pienamente Dio. Questo del resto è l’insegnamento della Chiesa solennemente confermato dai Concili ecumenici: “Integro nelle sue proprietà, integro nelle nostre; perfetto nella Divinità ed Egli stesso perfetto nell’umanità; tutto Dio fatto uomo, e tutto l’uomo sussistente in Dio”. Dio sceglie, per un mistero insondabile e indiscutibile, di fare dell’umanità il suo trono, di rinunciare ad una regalità potente per assumere una regalità umile e onnipotente che viene incontro ad ogni uomo di ogni tempo per portare su di se il peccato del mondo e per annullare la sentenza di morte che il peccato ci fa meritare. “Questo era il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli”. Prima di cantare l’inno messianico “Osanna al Figlio di Davide” e di agitare le nostre palme verso Gesù, riflettiamo bene e ricordiamo che oggi “viene a noi il nostro Re, umile cavalca un asino figlio di asina” e introduce ciascuno di noi ad un trionfo certo e definitivo, diverso da quello che probabilmente ci aspettiamo, ma che ha come epilogo la vittoria sul male e sulla morte. Fidiamoci di lui.